Meloni all’ONU

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Foto: Unsplash.com

Pochi giorni fa Giorgia Meloni era New York. E lo scorso 23 settembre è intervenuta all’Assemblea Generale dell’ONU nel solco tracciato in decenni di discorsi di rappresentanti italiani alle Nazioni Unite, ovvero professando la fede del Paese nel multilateralismo

Questa 79° sessione dell’Assemblea Generale è stata ribattezzata il “Vertice del Futuro” perché è stata preceduta dall’adozione del cosiddetto “Patto per il futuro”, che comprende un “Patto digitale globale” e una “Dichiarazione sulle generazioni future”. Si tratta di un’architettura a copertura di un’ampia gamma di questioni (tra cui pace e sicurezza,sviluppo sostenibilecambiamento climaticocooperazione digitalediritti umanigeneregiovani e generazioni future, trasformazione della governance globale), frutto di un processo inclusivo durato anni, con una dichiarazione finale di fede da parte degli Stati verso il diritto internazionale e i suoi attori, in primis l’Organizzazione delle Nazioni Unite.

Fuffa e poca sostanza considerando gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 ancora in atto? Di certo sono anni che è palese l’inadeguatezza della composizione del Consiglio di Sicurezza; il convinto sostegno all’ONU passa, quindi, anche dalla riforma della sua governance, in particolare del Consiglio di Sicurezza che “non [può] prescindere dai principi di uguaglianza, democrazia e rappresentatività”, ha dichiarato Meloni. La presidente del Consiglio fa riferimento, pur non dicendolo direttamente, alla proposta statunitense di riforma che prevede l’assegnazione di due seggi permanenti in Consiglio di Sicurezza ai Paesi africani e di un seggio a rotazione per le piccole nazioni insulari in via di sviluppo (le cosiddette SIDS, Small Island Developing States). Tuttavia questa riforma, nel rispetto della rappresentatività e della democrazia, avrebbe delle ripercussioni per l’Italia, con una riduzione del suo margine di influenza in materia di sicurezza globale, specialmente in un contesto di crescente competizione tra le medie potenze. Recita Meloni all’Assemblea: “Una riforma ha senso se realizzata per tutti e non solo per alcuni. Non siamo interessati a creare nuove gerarchie e non crediamo che esistano nazioni di classe A e nazioni di classe BCi sono semplicemente nazioni, con le loro caratteristiche. Ci sono semplicemente Nazioni, con la loro storia, le loro specificità e i loro cittadini, che hanno tutti gli stessi diritti, perché gli individui nascono liberi e uguali”. La “dignità e i diritti” di ogni essere umano citati dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani risultano un ottimo assist al riferimento al Piano Mattei attivato dall’Italia per l’Africa” (n.d.a. Da notare, non CON l’Africa, ma PER l’Africa), un piano di investimenti pensato per cooperare con le Nazioni africane attraverso un approccio né paternalistico, né caritatevole, né predatorio, ma basato sul rispetto e sul diritto di ciascuno di competere in condizioni di parità”. E qui si arriva a un passaggio di interesse, anche se già più volte detto da parte dei membri del governo: lo sviluppo del continente africano è atto a “garantire finalmente un diritto finora negato a troppi giovani: quello di non dover emigrare” (n.d.a. Questo manca nell’elenco dei diritti della Dichiarazione Universale).

La presidente del Consiglio italiano è, dunque, consapevole che è un dovere per gli africani (e non solo) emigrare per tante di quelle ragioni che sono alla base del Piano Mattei formulato dal governo. Perché allora, ci si potrebbe domandare, costruire poi a livello regionale e nazionale un sistema che punisce chi emigra (vedasi i vari accordi con Libia, Tunisia, Turchia, Albania che ben poco hanno a che fare con la parità tra nazioni e l’uguaglianza in dignità e diritti di tutti gli individui)?

Il futuro è al centro del dibattito in Assemblea. Al futuro guarda anche Meloni quando parla di controllo dell’Intelligenza artificiale, tema posto al centro dell’agenda della presidenza italiana del G7 (n.d.a. Si ricordi la citata avversione per le Nazioni di serie A e di serie B). E, probabilmente, fulcro dei colloqui avuti a margine dell’intervento in Assemblea Generale con Elon Musk, che ha consegnato alla premier il Global Citizen Award dell'Atlantic Council, e con Sundar PichaiGreg BrownSam Altman, rispettivamente i Ceo di Google-Alphabet, Motorola, Open Ai, per discutere rischi e potenzialità dell’intelligenza artificiale ma anche i piani di investimento delle tre società in Italia.

“Non dobbiamo mai dimenticare che le decisioni che prendiamo oggi daranno forma al mondo in cui i nostri figli vivranno domani”, ricorda Meloni. Un mondo che parte da ciascuno Stato e da ciascun individuo. Gli stessi già citati migranti, ad esempio, e anche i cosiddetti italiani di seconda generazione, esclusi dal prender parte pienamente nel mondo per l’assenza proprio della cittadinanza. Ecco che allora il distacco tra la popolazione e la politica talvolta diventa ancora più stridente: nelle stesse ore in cui Meloni parlava a New York, in Italia in poche ore, grazie al rilancio di influencer quali Zerocalcare e Ghali e in contemporanea di tutti i media, veniva raggiunto il quorum del referendum popolare per consentire che sia concessa la cittadinanza al cittadino straniero legalmente residente nel territorio della Repubblica da almeno 5 anni (abrogando la norma che nel 1992 ha aumentato il periodo in 10 anni). In Italia le persone in possesso di questi requisiti che potrebbero beneficiare direttamente o indirettamente (figli minori conviventi) dell’intervento proposto sono circa 2,5 milioni. Un bel numero di persone che attende di prendere parte attiva nel suo futuro di cittadino italiano con un’iniziativa concreta e semplice. Non solo fatta di parole.

Miriam Rossi

Miriam Rossi (Viterbo, 1981). Dottoressa di ricerca in Storia delle Relazioni e delle Organizzazioni Internazionali, è esperta di diritti umani, ONU e politica internazionale. Dopo 10 anni nel mondo della ricerca e altrettanti nel settore della cooperazione internazionale (e aver imparato a fare formazione, progettazione e comunicazione), attualmente opera all'interno dell'Università degli studi di Trento per il più ampio trasferimento della conoscenza e del sapere scientifico.

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