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Medioriente: Sharon sotto accusa per Gaza e Rafah
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Rinviata di una settimana la decisione sul piano di ritiro unilaterale da Gaza dopo otto ore di intenso dibattito al governo di Ariel Sharon. Le persistenti divisioni del governo israeliani vedono 10 ministri pronti ad appoggiare il piano di Sharon, mentre i restanti dodici - capeggiati appunto dal ex-premier Benjamin Netanyahu - si sarebbero dichiarati contrari all'ipotesi di disimpegno dai territori palestinesi. Secondo alcuni analisti si profilerebbe addirittura una spaccatura nel Likud, il partito di destra di Sharon, i cui iscritti nelle scorse settimane avevano bocciato il progetto del primo ministro. Unanimità sembra invece esserci sulla necessità di nuovi "omicidi mirati" per eliminare i leader dei movimenti estremisti palestinesi: mentre i ministri discutevano, l'esercito ha eliminato due capi di Hamas e un altro militante appartenente al movimento.
I cooperanti italiani delle associazioni ed organizzazioni non governative presenti nei Territori Occupati palestinesi nell'ambito di progetti umanitari di emergenza e sviluppo denunciano i crimini di guerra che l'esercito israeliano ha commesso contro la popolazione palestinese e in particolare quella della citta' di Rafah (Striscia di Gaza). La cosidetta "Operazione Arcobaleno", avviata dall'esercito israeliano il 13 maggio scorso, ha prodotto in solo 4 giorni più di quaranta morti e trecento feriti; le case distrutte a Rafah nel mese di maggio, in molti casi con le famiglie palestinesi al loro interno, sono state 155, di cui 45 nella sola ultima operazione, lasciando 1.960 senzatetto. Tra le richieste dei cooperanti italiani c'è il garantire il flusso degli aiuti umanitari ed il soccorso medico alla popolazione civile oltre che non ostacolare la presenza di osservatori internazionali a tutela della popolazione palestinese.
La Corte suprema di Israele ha ordinato all'esercito di salvaguardare "le vite e la dignità" dei cittadini palestinesi durante le operazioni militari. La sentenza dell'Alta Corte è stata emessa proprio in risposta all'istanza presentata da quattro organizzazioni per i diritti umani in seguito alle violente incursioni israeliane nel campo profughi di Rafah. La Corte Suprema ha decretato che durante le incursioni l'esercito deve garantire ai civili cibo, acqua, medicine e deve prendere "tutte le misure necessarie" per garantire l'incolumità della gente, spesso vittima innocente. Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno espresso soddisfazione, auspicando che in futuro l'esercito di Israele prenda in considerazione le linee-guida della suprema magistratura. "Per Rafah ormai è troppo tardi" ha commentato Yoav Loeff, portavoce dell'Associazione per i diritti umani in Israele, uno dei gruppi rivoltosi all'Alta Corte, sottolineando che l'importante decisione "che definisce esattamente i compiti degli ufficiali prima e durante le operazioni militari".
Il GIPP, l'organizzazione di base per la Protezione Internazionale del popolo palestinese, lancia un appello dopo la distruzione di case a Rafah che riprende le posizioni di Mustafa Barghouti. Tra i punti espressi nel loro "Invito all'azione", in discussione c'è la scelta di porre sanzioni contro Israele che in questi decenni sono gia state poste all'Iraq con la contrarietà della società civile e al Sudafrica per le politiche sull'apartheid. Proprio il leader politico palestinese Marwan Barghouti è stato recentemente giudicato colpevole dell'omicidio di cinque civili israeliani. La maggior parte delle accuse sono però cadute durante le udienze del processo, tuttavia per cinque di questi omicidi, tutti accaduti nel 2002, è stato indicato e condannato come il mandante, e per questo condannato. Barghouti ha accusato la corte che lo stava giudicando di essere manovrata ed "istruita" nel processo a suo carico dai servizi segreti dello Shin Beit, dichiarandosi, per questo, prigioniero politico. La sentenza finale è attesa per il prossimo 6 giugno e le voci che circolano negli ambienti politici e forensi israeliani indicano il massimo della pena per il politico palestinese: l'ergastolo.[AT]
Altre fonti: Grassroots International Protection for the Palestinian People, The Association for Civil Rights in Israel