Marinella Correggia: un rapporto di "Medact" sulle conseguenze della guerra in Iraq

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Decine di migliaia di civili iracheni morirono sotto i bombardamenti degli Usa e dei loro alleati nella guerra del 1991. Quanto ai militari, le stime indicavano fra i 50.000 e i 120.000 morti; in tanti finirono sepolti vivi nelle trincee o uccisi da bombe al fosforo mentre si ritiravano in massa dal Kuwait.

La nuova guerra portera' un numero assai maggiore di morti e feriti, civili e militari: "Un disastro nel breve, medio e lungo periodo", secondo i calcoli del rapporto Collateral Damages the Health and Environmental Costs of War on Iraq redatto da Medact, un'organizzazione di medici britannici che fa parte dell'Ippnw, Associazione internazionale medici per la prevenzione della guerra nucleare, con affiliati in 80 paesi.

E il rapporto e' stato compilato prima delle ultime "rivelazioni" circa l'ipotesi di colpire Baghdad con 800 missili al giorno. Le stime che Medact ha portato alla distratta attenzione dell'Onu sono basate sullo studio di precedenti conflitti: la guerra del Golfo del 1991, la guerra cecena e quella jugoslava, le "operazioni" a Panama, in Somalia e in Libano. Lo scenario prevede una campagna articolata in quattro fasi: gli immancabili e massicci bombardamenti delle principali citta', quindi la presa dei campi petroliferi intorno a Bassora nel sud e nella regione curda a nord, infine l'attacco di terra a Baghdad. Il generale Peter Gration (non sappiamo se in pensione; la sua lettera e' riportata sul sito di Medact) scrive: "Lo scenario e' militarmente sensato, le stime dei relativi morti e feriti sono credibili; poiche' la posta in gioco stavolta e' il cambio del regime, occorrera' piu' tempo rispetto alla Desert Storm del 1991; nel frattempo, inoltre, sono state sviluppate armi nuove che saranno usate. Un nuovo conflitto sara' quindi piu' intenso e distruttivo".

Scenario che diventa semplicemente allucinante in caso di ricorso al nucleare. Fatta cadere su Baghdad, una bomba nucleare di taglia "Hiroshima" ucciderebbe fra sessantaseimila e trecentosessantamila persone, mentre una moderna bomba termonucleare sterminerebbe un numero di persone variabile fra alcune centinaia di migliaia e tre milioni: Medact si basa sullo studio indiano Ramana che nel 1999 cerco' di valutare l'impatto di un ipotetico attacco nucleare pakistano su Bombay. Se invece l'annunciato conflitto fosse esclusivamente convenzionale i morti varierebbero fra cinquantamila e oltre duecentosessantamila, per la maggior parte civili di Baghdad ("grazie" al combinato disposto di bombardamenti e di scontri di terra). La stima comprende anche fra cento e cinquemila morti fra gli attaccanti. I feriti totali sarebbero centinaia di migliaia. Nel caso di uso di armi chimiche e biologiche occorrerebbe aggiungere fino a dodicimila vittime.

Inoltre, l'attacco da parte Usa di installazioni che - a loro dire - contenessero sostanze chimiche, biologiche e nucleari provocherebbe rilasci dagli effetti sanitari e ambientali devastanti. Grande pericolo per l'ambiente anche il possibile sabotaggio dei pozzi petroliferi nel sud e nel nord. La guerra civile eventuale aggiungerebbe altri ventimila morti. Ma la distruzione rinnovata delle infrastrutture civili e le difficolta' di soccorrere le popolazioni provocherebbero nel dopoguerra immediato altri duecentomila morti, per epidemie e fame.

Precisa Medact: lo stato di salute degli iracheni e delle infrastrutture civili era migliore nel 1991 (la guerra e poi l'embargo hanno provocato un grave deterioramento), quindi le capacita' di resistere a una nuova emergenza sono fortemente indebolite. Del resto, stime basate su studi dell'Organizzazione mondiale della sanita' (Who) e dell'Unicef indicano che almeno cinquecentomila persone avrebbero bisogno di cure durante e dopo il conflitto, e che lo stato nutrizionale di almeno 3 milioni di iracheni precipiterebbe. Sarebbero inoltre novecentomila i rifugiati da assistere.

La conclusione - per Medact e Ippnw - e' che "il mondo ha bisogno urgente di una leadership saggia e umana, che riconosca che la sicurezza nazionale e' impossibile senza quella internazionale" e che "faccia del XXI secolo un'era di pace per il pianeta". Cominciando a risolvere pacificamente la crisi irachena.

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