Ma questo prodotto è davvero equo?

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Ma questo prodotto è realmente equo? Il dibattito non cessa. Per fortuna! Le multinazionali possono fare commercio equo e solidale? "Il rischio - dice Giorgio Dal Fiume, presidente di Altromercato - è che il marchio sia strumentalizzato e che il messaggio perda chiarezza". Per ovviare a questo pericolo alcune organizzazioni italiane aderenti a IFAT (Federazione Mondiale del Commercio equo) di cui CtmAltromercato è parte, hanno siglato un documento comune, secondo cui è possibile certificare come equo-solidali i prodotti delle transnazionali "se e solo se" queste aziende modificano realmente le loro attività. Questo significa in sostanza porre dei criteri per la certificazione dei prodotti.

Ma ciò non basta. Di buone intenzioni e di carte di criteri sono lastricate le strade di molte imprese che talvolta utilizzano la responsabilità sociale più come "foglia di fico" e quindi più in modo caritatistico che come strumento concreto. Frans Van Der Hoff, il prete inventore del commercio equo, denuncia che "la carità è un peccato mortale". Serve solo a placare la cattiva coscienza del Nord del mondo ma non risolve nulla. Anzi toglie la dignità nei Sud del mondo.

Per tutelare il commercio equo e per indirizzare le imprese a non essere "equofurbe" CTM assieme ad AGICES sta portando all'attenzione di Camera e Senato la nuova proposta di legge in materia che mira a regolamentare l'intero settore. Del testo sono portatori l'onorevole Ermete Realacci ed il senatore Nuccio Iovene già promotori di Aies (Associazione interparlamentare equosolidale) che raccoglie diversi parlamentari di entrambi gli schieramenti.

La proposta, oltre finalmente a stabilire una definizione di commercio equo e di prezzo equo, introduce nuove definizioni e nuovi soggetti giuridici per la tutela delle organizzazioni e dei consumatori (ad esempio, la filiera integrale del commercio equo e solidale, l'Albo delle organizzazioni, il Registro della filiera integrale ed infine l'Authority del commercio equo e solidale). Prevede inoltre una serie di benefici economici di cui possono godere gli iscritti all'Albo per iniziative culturali, nel campo della cooperazione e della formazione, per infrastrutture, per la copertura di parte degli oneri sociali dei lavoratori e dei soci.

Sono quindi benvenute le multinazionali e le imprese che si sottoporranno a questo vaglio che garantisce sia il produttore che il consumatore. Introdurre più commercio equo nel mercato è solo salutare per prevenire l'omologazione dei prodotti cinesi. Insomma, fidarsi è bene, ma non fidarsi è meglio. Aspettiamo che la legge venga approvata e che le imprese facciano il proprio percorso, ma nel frattempo non rinunciamo nell'aprire nuove botteghe del mondo come quella inaugurata ieri da CTM Altromercato e Mandacarù nella centralissima Piazza Fiera a Trento. 100% equa e solidale.

di Fabio Pipinato

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