Londra, la Chiesa anglicana dice no ai combustibili fossili

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Basta con gli investimenti nel settore dei combustibili fossili: la Chiesa d'Inghilterra ha optato per una misura drastica ecologica e morale. A rivelarlo è stato il Financial Times e subito sono corse voci sull’operazione di una vendita che sarebbe dell’ordine di 12 milioni di sterline (circa 22 milioni di dollari).

La preoccupazione è legata alle conseguenze del cambiamento climatico che colpiscono le popolazioni più deboli e vulnerabili del pianeta. Le emissioni di Co2, causate dalla combustione di petrolio e suoi derivati, sono in continua crescita: avere interessi economici in quel settore è segno di complicità irresponsabile, dicono gli anglicani, meglio ritirarsi. È una responsabilità morale proteggere il mondo dei poveri dall'impatto del riscaldamento globale e le risorse fossili non fanno parte dell’ordine del giorno di un futuro sostenibile.

«Il cambiamento climatico è la più grande sfida morale dei nostri giorni per le persone di ogni credo religioso: occorre coerenza tra fede e vita quotidiana», ha detto Nick Holtam, vescovo di Salisbury e convinto difensore dell’ambiente (autore di un appello dello scorso marzo dove invitava a «gesti coraggiosi e profetici»). La Chiesa anglicana, che possiede un portafoglio di investimenti del valore di oltre 9 miliardi di sterline (16 miliardi di dollari), non investirà più in società che ottengano oltre il 10% dei profitti da estrazione di carbone, gas e petrolio.

La scelta di Londra, azionista di importanti compagnie come Shell o Bp, non è affatto isolata: anche gli eredi dei Rockefeller, la Stanford University in California e il Consiglio mondiale delle Chiese (e la Fondazione Bill e Melinda Gates è sempre più pressata) hanno già detto che ridurranno o taglieranno del tutto gli investimenti in combustibili fossili, sotto la pressione di un’opinione pubblica sempre più propensa a limitare l’uso di fonti energetiche responsabili del cambiamento climatico 
La mossa va letta in prospettiva del prossimo vertice Onu di Parigi sul cambiamento climatico (dicembre 2015): su questo tema la Chiesa anglicana si colloca tra coloro che premono per un accordo internazionale volto a ridurre drasticamente le emissioni di carbonio.

Senza dimenticare casa propria: di qui gli appelli ai suoi membri di disinvestire quando si tratta di compagnie petrolifere o affiliate. Secondo Edward Mason, responsabile del settore finanziario, è urgente una transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio con scelte energetiche pulite dove ciascuno è chiamato a fare la propria parte. Richard Burridge, vicepresidente del gruppo di consulenza investimenti etici, aggiunge: «La Chiesa ha la responsabilità morale di parlare e agire sia per una salvaguardia dell'ambiente che per la promozione di una giustizia per i poveri del mondo che sono i più vulnerabili ai cambiamenti climatici. In questa responsabilità non rientra solo il lavoro all’interno per ridurre la nostra impronta di carbonio, ma anche interrogarci su come il denaro della Chiesa sia investito e come ci impegniamo nei confronti delle aziende su questo tema di vitale importanza». 

Il gesto è stato fatto proprio dall’intera comunione anglicana mondiale che proprio nei giorni scorsi aveva applaudito alla dichiarazione vaticana a conclusione del simposio sulla responsabilità morale del cambiamento climatico promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze (dove era intervenuto anche il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon). «I nostri fratelli e sorelle cattolici hanno anche messo in chiaro che il cambiamento climatico impone il fardello più pesante sui più poveri, e meno responsabili del degrado, in un modo che è semplicemente immorale - ha commentato il 1° maggio il rev Holtam - ogni persona di fede comprende che il mondo è un dono di Dio, non il nostro giocattolo».

L'arcivescovo di Città del Capo, Thabo Makgoba, ospitando un gruppo di vescovi nel mese di febbraio, aveva dichiarato che «agire per la mitigazione del cambiamento climatico è profondamente radicato nella fede cristiana».

Forse l'enciclica di papa Francesco ha accelerato un po’ le cose. Secondo un recente sondaggio di Cafod, l’organizzazione inglese legata a Caritas Internationalis, sette cattolici su dieci prenderanno sul serio la responsabilità morale indicata dal Pontefice e gli anglicani non saranno da meno.

Da Vaticaninsider.lastampa

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