Lo "sviluppo" di Ly Thi Thanh

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Il luogo è “Fa' la cosa giusta!” presso la contraddizione di cemento, scale mobili e luci accese de la Fiera di Milano. Un suk marocchino che pullula di attori, microproduttori, voci, giovani in carne ed ossa, sogni, fallimenti e realtà per “consumare meno e meglio”. Tentare di “depilarci” e cioè liberarci dall’assioma “+ consumo + pil + occupazione”.

Lo stand di Acra (Ass. Cooperazione Rurale Africa e America) risalta per i colori. Ha un micro giardino con alcune cassette di legno: insalata, pomodorini, verdure. Un originale micro progetto per le famiglie senegalesi che non possono permettersi un orto in città. Ad innaffiarlo c’è Ly. Cognome. Thi Thanh. Nome. 31 anni. Nata nel Vietnam del Sud a Ho Chi Minh city ex Saigon. Pallida ed esile fuori; tranquilla e cortese dentro. Come tutti i vietnamiti (a suo dire). Immigrata di “prima generazione”. Il padre, cinese, faceva l’operaio. Oggi non c’è più. La madre, vietnamita, gestisce una gelateria a Capriolo tra il bresciano ed il bergamasco, la Milano Venezia ed il Lago d’Iseo.

Thi Thanh, con un diploma in ragioneria ed una laurea in economia politica alla Bocconi, le da una mano. L’ufficio commerciale della Oakley Luxottica, per il quale prestava servizio, ha chiuso i battenti. Crisi. E Thi Thanh, messi da parte i marketing plan è passata al “gelato al limone”. Parla con tutti i turisti in quanto poliglotta. Tutti i vietnamiti doc. lo sono. Hanno subìto l’occupazione cinese, francese, giapponese, yankee e si sono mescolati con metà mondo. Non ha smesso di sognare: vuole fare un’esperienza di cooperazione internazionale in Kenya. Oltre che con Acra (Italia) Thi Thanh (Vietnam) fa volontariato per Help Nepal il paese incastrato tra Cina ed India ove ha visitato il parco nazionale Chitwan. Ivi regna il silenzio. S’impara a sentire odori, ascoltare suoni, scorgere animali tra la vegetazione. Il tempo si muove ad una lentezza predatoria. Somiglia, per le sue “bellezze naturali imponenti” a Cao Bang un luogo vietnamita dalle imponenti cascate al confine con la Cina immortalato nei vari “apocalypse now”.

- “Quando l’ultima volta a Ho Chi Minh city?” – “ Lo scorso anno. È un ritorno a casa. Ci si sente a proprio agio”. Eppure l’ex Saigon è una delle città più inquinate al mondo; il fumo dei motorini che trasportando di tutto si mescola con l’incenso che fuoriesce dai templi, dalle pagode, da Notre Dame. Le ragazze per strada indossano una mascherina e guanti lunghissimi, alcune il cappello a cono. Non si proteggono dallo smog ma dal sole; paura d’abbronzarsi. Ecco perché Thi Thanh è pallida. L’ex Saigon è un brulicare di cunicoli sotterranei. Stretti e lunghissimi. Son loro ad aver vinto la guerra. Qualsiasi occidentale soffrirebbe di claustrofobia. Paura come trappola. Ecco perché Thi Thanh è esile.

- “Cosa ti manca?” – “I colori della frutta tropicale., il cocco aperto a colpi di machete in strada. La gente pranza con poco riso e poco più.” Ecco perché Thi Thanh è magra. –“Poi mi mancano gli zii, i cugini, gli amici”. Le famiglie di trent’anni fa erano numerose: Dagli anni ’80 vige l’obbligo di massimo due figli. “Ogni ritorno in patria mi aiuta a riaggiornare la mappa, vedere la famiglia. Moltiplicarsi. Internet aiuta ad accorciare le distanze. Ci scambiamo scritti, foto, video.” Thi Thanh è più della “you tube” generation che della neonata “face book”.

Durante l’intervista la Fiera spinge la folla verso lo stand di Acra. Le volontarie accolgono, rispondono, illustrano, si danno da fare. Thi Thanh no. Ha una calma che è propria di chi proviene dal paese ove i risciò scivolano sull’asfalto e le piroghe sul fiume Mekong. Ove la violenza straniera di Francia, Cina e Usa vince tutte le battaglie ma non la guerra.

-“All’Università ho trascorso gli anni più belli sia in termini di amicizie che di apertura mentale. Purtroppo avevo già 28 anni quando ho scoperto l’opportunità del SCV Servizio Civile Volontario. Avrei chiesto certamente di fare servizio in Kenya o in Senegal. Magari in un progetto di conservazione ambientale. Purtroppo sono capitata in un periodo non favorevole. La cooperazione allo sviluppo italiana sta chiudendo tutte le opportunità.”

- “Cosa le piace di più di "Fa la cosa giusta!"?”

- “La fiera nel padiglione accanto”

- “Scusi?”

- “La fiera accanto riguarda la scuola. Se questa fiera riuscisse ad integrarsi con l’altra sarebbe un valore aggiunto per ridisegnare lo sviluppo”. Il mio paese è quello che più investe in formazione e ricerca in estremo oriente. È la modalità per rispondere alla crisi. I miei coetanei, se hanno un’opportunità in loco rimangono e non fuggono. D’altronde anche lì, nonostante monsoni e tsunami, vi sono le stagioni.”

Fabio Pipinato

 

L’artiglio del Dragone

Il Vietnam è l’ultima tigre asiatica. Non sembra avere una propria concezione di sviluppo. Anzi. Persegue con tenacia il credo keynesiano “+ consumo + pil + occupazione”. La media è circa 3.000 dollari statunitensi ma il governo mira a trasformare il paese in una nazione industrializzata entro il 2020. Ciò sembra accentuare le disparità nella popolazione, motivate sulla base delle diversità di credo, di genere e di appartenenza etnica. Investendo secondario e terziario si ampia il divario fra zone urbane in crescita e zone rurali abbandonate. Non ci crede più nessuno. Quindi, povertà. Ogni anno milioni di persone migrano dalle campagne in cerca di migliori condizioni di vita. La maggior parte di loro, però, non riesce ad ottenere un impiego stabile e non può quindi accedere nemmeno ai servizi sociali di base (acqua, sanità, istruzione, ecc.). Gonfieranno le periferie.

Lo sviluppo di Thi Thanh persegue la valorizzazione storica, addirittura mitologica, turistica, ambientale. –“La vera miniera del Vietnam sono i suoi paesaggi mai eguali. Come in Italia.” Si va da Ha Noi, la capitale della Repubblica socialista, ribattezzata come la "Città del Dragone che si leva in volo", con le ali che dalle rive del Fiume Rosso proteggono i cento templi e le pagode sino alla Baia di Halong. Qui “il dragone discende al mare": 1.500 kmq con più di tremila isole, isolotti, scogli e faraglioni calcarei che emergono dalle acque verde smeraldo.”

Dalla caotica, insopportabile capitale in vetrocemento e baracche alla vecchia città imperiale di Hue. Tra il Vietnam del sud ed il Vietnam del Nord. Contesa nella guerra fredda tra rambo e viet cong. Dopo anni di distruzione e decenni di abbandono, recentemente si valorizzò “gli ultimi templi” e nel 1993 la città imperiale, immersa nella giungla che la fa da padrona, è entrata nell’elenco dei siti protetti dall’UNESCO come "patrimonio mondiale dell'umanità" (www.gtvonline.org). Eccolo l’altro sviluppo. Una delle “cose giuste” da fare. [F.P.]

 

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