Legambiente: lenzuolata a Taranto apre la campagna 'Mal'aria industriale'

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E' iniziata sabato scorso a Taranto, la città contaminata dall'Ilva, la campagna di Legambiente sull'inquinamento industriale. Migliaia di persone al quartiere Tamburi hanno esposto le lenzuola bianche dell’associazione che verranno consegnate, presumibilmente annerite, fra trenta giorni al ministro dellAmbiente, Stefania Prestigiacomo. Come riporta il dossier "Mal'aria industriale" di Legambiente (in .pdf) , l'acciaieria Ilva di Taranto da sola ha prodotto in un anno il 92% delle emissioni di diossina e il 95% degli idrocarburi policiclici aromatici (Pcb). "Agli inquinanti 'classici' che il traffico riversa nelle nostre città, nell’aria che molti respirano in alcune zone d’Italia vanno aggiunti diossine e furani, policlorobifenili, mercurio, piombo o cadmio: composti chimici, tossici e in alcuni casi cancerogeni emessi da fonti industriali" - spiega Legambiente aprendo quest’anno "Mal’Aria", la campagna delle lenzuola bianche annerite dallo smog per chiedere centri urbani più vivibili.

Alla conferenza stampa di presentazione della campagna e del dossier, organizzata nel quartiere Tamburi proprio di fronte all’Ilva, sono intervenuti Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, Michele Losappio, assessore all'ecologia della Regione Puglia, Gianni Florido, presidente della Provincia di Taranto, Ippazio Stefano, sindaco di Taranto. "All’industria italiana - ha dichiarato Vittorio Cogliati Dezza - chiediamo il coraggio e la lungimiranza necessari a fronteggiare la crisi economica e finanziaria mondiale, investendo in prodotti innovativi, attraverso l’ammodernamento e la messa in sicurezza degli impianti e la riconversione dei cicli produttivi più obsoleti, come previsto dalla normativa europea, garantendo la qualità del territorio e la vivibilità dell’ambiente circostante, elemento che può contraddistinguere il nostro Paese sui mercati internazionali".

L’Ilva, con i suoi primati nazionali sulle emissioni inquinanti in atmosfera, è finita sul tavolo degli imputati soprattutto per i due record relativi alle emissioni di diossine e furani e di idrocarburi policiclici aromatici. Nel 2007 l’Ilva ha presentato, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 59/2005 di recepimento della direttiva europea Ippc, la richiesta di Autorizzazione integrata ambientale (Aia) che dovrà essere rilasciata entro il 31 marzo 2009. "Ci auguriamo - ha aggiunto Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente - che il governo, a cominciare dal ministro dell’Ambiente, presti tutta l’attenzione che merita una brutta storia di inquinamento come quella di Taranto, per indirizzare gli investimenti dell’Ilva, in tempi certi e brevi, verso quelle tecnologie che adeguerebbero lo stabilimento ai migliori standard europei".

Tra i complessi industriali più inquinanti del Paese, come detto l’acciaieria Ilva di Taranto stravince in 10 delle 14 classifiche per inquinante stilate da Legambiente in base all’Inventario delle emissioni e loro sorgenti (Ines) di Ispra. Ma inquinanti sono anche le aree industriali di Porto Marghera e Augusta - Priolo - Melilli (Siracusa), tra le più inquinate d’Italia, rispettivamente con 4 e 6 impianti. Seguono l’impianto siderurgico di Trieste che, nonostante i limiti stringenti alle emissioni di diossina in atmosfera, continua a causare un impatto rilevante sui quartieri circostanti soprattutto con gli Ipa e le polveri sottili; la raffineria di Gela, dove Legambiente ha avanzato una proposta dettagliata per l’innovazione tecnologica dell’impianto per evitare l’incenerimento del pet-coke all’interno del sito industriale. E poi la raffineria di Falconara Marittima (Ancona), che nonostante il già importante contributo alle emissioni della zona vorrebbe costruire due centrali termoelettriche in evidente contrasto con il Piano energetico ambientale regionale; la cokeria di Cairo Montenotte (Savona), con i suoi impianti obsoleti che liberano nell’aria grandi quantità di inquinanti, fino alla raffineria di Cremona e al cementificio di Rezzato in provincia di Brescia.

"Per combattere la "Mal’aria" che grava sulle città industriali italiane occorre uno sforzo collettivo" - sostiene Legambiente. "Al governo e al parlamento chiediamo di attivarsi per colmare la lacuna della normativa vigente sulle emissioni di diossina e furani. E’ quanto mai urgente rivedere il limite di legge in termini di tossicità equivalente, limitandosi ai 17 composti di diossina e furani che mettono a repentaglio la salute umana, abbassando il valore massimo consentito a 0,4 ng per metro cubo previsto dalla normativa europea, già adottato dalla legge della Regione Puglia".

"Al ministro dell’Ambiente - prosegue l'associazione - chiediamo di scongiurare l’ipotesi di una nuova proroga ai termini previsti per la concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale agli impianti soggetti alla normativa sull’Ippc (che deve essere rilasciata entro il 31 marzo 2009) e soprattutto di farsi garante della salute della popolazione e dei lavoratori tarantini facendo in modo che lo stabilimento dell’Ilva venga riautorizzato con prescrizioni che prevedano tempi certi e serrati per l’ammodernamento dell’impianto e per la riduzione delle emissioni a partire dagli inquinanti più pericolosi per la salute, come le diossine, i furani e gli Ipa".

"Ed infine - conclude Legambiente - alle Regioni e al ministro dell’Ambiente chiediamo di pianificare una serie di misure economiche e normative per adeguare allo standard europeo e statunitense il sistema dei controlli ambientali del Paese, fondato sulle attività delle Arpa e di Ispra" [GB]

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