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Lampedusa: 73 migranti lasciati morire in mare, condanna dell'Onu e delle Ong
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"E’ come se stesse prevalendo la paura di aiutare sul dovere di soccorrere chi è in difficoltà in mare. Come se fosse passato il messaggio che chi arriva via mare sia una sorta di vuoto a perdere. Così Laura Boldrini, portavoce in Italia dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati (Acnur/Unhcr) ha commentato la vicenda dei cinque migranti eritrei che giunti Lampedusa hanno raccontato la tragica traversata costata la vita a 73 dei loro compagni. "È allarmante che per oltre venti giorni queste persone abbiano vagato nel Mediterraneo senza che nessuna imbarcazione le abbia soccorse" - ha aggiunto la rappresentante dell'Unhcr.
"Se è andata veramente così siamo scioccati; sembra ormai che la legge del mare, con la priorità al salvataggio delle persone in pericolo, non sia più rispettata" - ha aggiunto Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati (Cir). "Se pensiamo che la striscia di mare tra Lampedusa e la Libia è totalmente vigilata, giorno e notte, anche con le motovedette donate dall’Italia alla Libia, ci chiediamo come sia possibile che un gommone di 12 metri possa stare lì per tanto tempo senza che nessuno se ne sia reso conto. "Il fatto - aggiunge - richiede un'investigazione, anche perchè ci risulta che i maltesi avrebbero avvertito le autorità italiane". Il Direttore del Cir spiega poi che "dopo il primo respingimento di migranti dello scorso maggio, il numero di sbarchi è drasticamente diminuito, ma l'Italia ha detto a metà luglio alla Commissione europea che non avrebbe più fatto respingimenti e ciò non è vero perché ci risulta che nella prima parte di agosto ne siano stati fatti altri. Ce l'hanno comunicato i migranti stessi respinti in Libia, dove siamo presenti in un centro per immigrati" - ha concluso Hein.
Secondo i primi racconti dei cinque sopravvissuti - un minore, tre uomini e una donna di nazionalità eritrea - l'imbarcazione salpata il 28 luglio scorso da Tripoli con a bordo 78 persone per lo più eritree e in minima parte etiopi sarebbe stata alla deriva per più di venti giorni, "Abbiamo, incrociato almeno dieci imbarcazioni, ma solamente un pescatore si è fermato per darci cibo e acqua. Eravamo partiti in 78, siamo arrivati in cinque. Gli altri sono morti e abbiamo gettato i corpi in mare" - ha raccontato il ragazzo eritreo ai mediatori dell’organizzazione Save the Children. Dopo sei giorni di viaggio però erano terminati cibo, acqua, benzina e i cellulari erano ormai scarichi. L'imbarcazione ha proseguito dunque spinta dal vento e priva di rotta. Le persone hanno cominciato a morire e man mano che morivano venivano gettate in mare. Nel corso del drammatico viaggio sarebbero state almeno dieci le imbarcazioni incrociate a cui è stato richiesto aiuto, ma inutilmente. Solo nei giorni scorsi - lunedì o martedì - i superstiti hanno incrociato un pescatore che ha dato loro acqua e cibo. Il suo racconto viene ritenuto attendibile dalle organizzazioni umanitarie, mentre il Viminale esprime dubbi e perplessità. In serata le autorità maltesi hanno precisato di avere avvistato nei giorni scorsi sette cadaveri, ma di non averli recuperati perchè in acque libiche.
Save the Children Italia ha espresso una dura la condanna per l’indifferenza e l’omissione di soccorso nei confronti dei migranti alla deriva nel Mediterraneo. "E’ inaccettabile l’indifferenza crescente nei confronti dei migranti, anche in situazione di evidente gravità. E’ fondamentale che principi quale quello del soccorso a migranti che rischiano la vita, in mare, tornino ad essere rispettati" - ha commentato Carlotta Bellini di Save the Children Italia. "E’ altrettanto importante che l’Italia e l’Unione Europea adottinodelle adeguate ed efficaci politiche di gestione dei flussi migratori misti, ossia composti da persone con bisogni di protezione differenti. Solo con queste politiche è possibile prevenire queste tragedie" - ha aggiunto Valerio chiedendo di garantire protezione ai migranti adulti e minori in arrivo via mare, in particolare a coloro che scappano da situazioni di pericolo e necessità.
Le associazioni di Fortess Europe spiegano di aver ricevuto già la scorsa settimana da parte dei parenti richieste di accertamento sulla sorte dell'imbarcazione. "Lo scorso 14 agosto abbiamo ricevuto una email da Malta in cui ci chiedevano se sapevamo niente di un gommone con 80-85 eritrei a bordo, tra cui 25 donne, che avrebbe dovuto lasciare le coste libiche intorno al 29 luglio. Da vari Paesi d'Europa i familiari dei passeggeri chiedevano notizie sulla loro sorte, inquieti. Abbiamo risposto di no, che non c'era stato nessuno sbarco di quelle dimensioni e che probabilmente erano stati respinti anche se non ci risultava una notizia di un simile respingimento. Escludevamo infatti che dopo 15 giorni l'imbarcazione potesse essere ancora alla deriva". "Non è possibile passare inosservati con tutto il traffico di pescherecci e mezzi di pattugliamento che c'è nel Canale di Sicilia con il mare buono. Abbiamo sbagliato" - conclude Fortess Europe. [GB]