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Migranti respinti: un coro di proteste per una prassi illegale e inumana
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Sono sempre più numerose le proteste delle organizzazioni umanitarie e delle associazioni contro la pratica dei respingimenti di immigrati verso la Libia messa recentemente in atto dal Governo italiano. Alle proteste dell'Unchr e del Tavolo Asilo espresse nei giorni scorsi, si sono aggiunte ieri quella del Commissario per i Diritti umani del Consiglio d'Europa, Thomas Hammarberg che ha chiesto alla comunità internazionale di "fermare l'iniziativa unilaterale dell'Italia". "L'Italia dovrebbe fermare i respingimenti automatici, per garantire che gli immigrati possano chiedere ed eventualmente ottenere asilo politico"- ha dichiarato il Commissario. "In Libia non c'è garanzia di asilo, ecco perché l'Italia non dovrebbe respingerli" - ha puntualizzato Hammarberg, il quale ha chiesto un sostegno europeo ai paesi come l'Italia che sono meta degli sbarchi. "Per evitare che i Paesi prendano iniziative unilaterali come ha fatto l'Italia con i respingimenti, deve esserci un intervento di Bruxelles" - ha spiegato Hammarberg.
Con un nuovo appello Amnesty International ha richiamato il Governo italiano al rispetto della Convenzione di Ginevra. "È più che mai urgente che l'Italia si rimetta in linea con il diritto internazionale sui diritti umani, a partire dal rispetto del principio di non refoulement (non respingimento) contenuto nella Convenzione di Ginevra del 1951, che vieta di rinviare "in qualsiasi modo" gli esseri umani verso territori in cui sarebbero a rischio di persecuzione" - afferma il comunicato della sezione italiana di Amnesty. "Prendere una decisione prima che una qualsiasi procedura di accertamento dello status individuale abbia luogo è una prassi che mette a rischio i richiedenti asilo e si pone in netto contrasto con questo principio. Le centinaia di persone ricondotte in Libia dall'Italia vanno incontro a una sorte incerta e le poche informazioni disponibili sulla loro identità, età e condizioni di salute non fanno che accrescere l'allarme".
Le associazioni della Tavola della pace e del Coordinamento nazionale degli Enti locali per la pace hanno lanciato un appello "contro i respingimenti illegali e inumani che sta effettuando il Governo italiano". "La decisione del Governo italiano di respingere i disperati che fuggono dalla guerra, dalle torture, dalla fame e dalla miseria ci fa male, ci offende e ci ferisce" - scrivono in una nota. "Come italiani, proviamo vergogna. Nessun governo si può permettere di venire meno ai doveri di solidarietà, di accoglienza e di difesa dei diritti umani che sono iscritti nella nostra carta Costituzionale e nel diritto internazionale dei diritti umani". "Questi fatti ci offendono e ci feriscono. Così come ci sentiamo offesi e feriti da tutte quelle leggi, quei provvedimenti, quelle dichiarazioni, quelle parole velenose che stanno alimentando nel nostro paese un clima di violenza, discriminazioni, intolleranza, insofferenza, razzismo, divisione e insicurezza" - prosegue l'appello che la Tavola della pace chiede di firmare e diffondere.
Numerose anche le prese di posizione delle associazioni cattoliche. L'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII si associa alle critiche espresse dalla Cei e giudica "immorale" la decisione del Ministero dell’Interno di respingere gli immigrati in Libia. "Sono provvedimenti immorali che ci feriscono e verso i quali, come cittadini italiani, proviamo vergogna e indignazione" - dichiara Giovanni Paolo Ramonda, responsabile generale dell’Associazione. "Non solo sono illegittimi in quanto violano la disciplina nazionale, europea ed internazionale sulla possibilità di richiesta di asilo politico nel caso di individui bisognosi di protezione come rilevato dall’Onu e dal Consiglio d’Europa, ma offendono l’etica di un intero paese, che in questo modo rinchiude in veri e propri lager esseri umani disperati che scappano dalla guerra, dalle torture, dalla fame e dalla miseria". L'associazione sta valutando la possibilità di adire le vie legali idonee per contrastare le misure di respingimento.
Anche il presidente di Libera, don Luigi Ciotti ha preso posizione richiamando che "solo da noi una vicenda umana che riguarda il destino di migliaia di persone ma anche il nostro - perché solo insieme alle persone straniere possiamo pensare di avere un futuro, una nuova ricchezza culturale e un nuovo sviluppo economico - pare scivolare in una china d'inciviltà e di disumanità. Gli episodi di razzismo, le tensioni xenofobe, avallati da dichiarazioni irresponsabili che periodicamente alzano il tiro, erigono muri materiali e culturali, lo confermano". Con tante altre realtà del mondo cattolico e associazionistico che già nei giorni scorsi hanno fatto sentire la loro protesta, don Ciotti si augura che alla vigilia del voto di fiducia sul "pacchetto sicurezza" - in base al quale sarebbe introdotto quel "reato di clandestinità" - ci sia "un forte e corale 'no' contro una norma discriminatoria che viola il principio dell'universalità dei diritti umani, sociali e civili, e rischia di far scivolare ancor più il nostro Paese verso un passato dal quale speravamo di esserci allontanati una volta per tutte". [GB]