La parola è sempre solo alle armi. Il punto

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Immagine:  Atlanteguerre.it

Il giorno è il 520 dall’invasione russa dell’Ucraina. La domanda è: cosa ne è dell’offensiva Ucraina, lanciata per riconquistare i territori perduti? Le risposte restano vaghe, perse nel silenzio dei bollettini di guerra diventati criptici o silenti. Nella prima fase di questa guerra, ciò che accadeva sul campo di battaglia era il cuore dell’informazione, soprattutto per il presidente ucraino Zelensky. Ora la scelta è diversa. È la scelta del silenzio.

Da quanto si intuisce, dalle frammentarie informazioni che filtrano dai comandi militari e dai social, gli ucraini sarebbero all’offensiva nella zona di Zaporizhzhia, nella parte sud del Paese. Le autorità filorusse dell’area hanno riferito che “è iniziata la seconda ondata della controffensiva delle forze armate ucraine. Il nemico ha inviato il massimo delle forze per sfondare le nostre difese nella direzione Orekhov. Il 26 luglio, dopo una massiccia preparazione dell'artiglieria e attacchi aerei, gli ucraini sono andati a prendere d'assalto le nostre posizioni vicino a Robotyne". A parlare è Vladimir Rogov, dell'amministrazione militare-civile di Zaporizhzhia. Ha raccontato che le forze ucraine si sono incuneate nella prima linea di difesa russa, con combattimenti pesanti e feroci lungo tutto il fronte meridionale. "Almeno 100 veicoli corazzati sono stati usati dagli ucraini per attaccare la sezione Orekhov del fronte di Zaporizhzhia", ha scritto Rogov su Telegram. Intanto, le truppe russe sarebbero avanzate per tre chilometri in direzione di Krasolimansky, nel Lugansk. L’avanzata sarebbe opera della 15ma brigata di fucilieri motorizzata, che avrebbero resistito poi alla controffensiva ucraina.

I combattimenti continuano, quindi, pesanti, feroci. E i russi sottolineano come sia largo l’uso, da parte ucraina, di equipaggiamento e armi europee e statunitensi, come i carri armati Leopard e Bmp Bradley. E’ interessante scoprire, però, come proprio gli armamenti ricevuti dagli alleati stiano creando problemi agli uomini di Kiev. Lo rivela la rivista “Analisi Difesa”, che parla del rapporto pubblicato dall’Ispettore generale del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, relativo alle forniture militari all’Ucraina. Il documento parla di materiali “not-combat-ready”, cioè spesso non adatti a essere impiegati non battaglia, anche per mancata manutenzione. Gli esempi sono molti. Ad esempio un lotto di pezzi di artiglieria, conservati in un deposito in Kuwait e che dovevano essere inviati a Kiev. Secondo i tecnici erano in condizioni tali da “poter uccidere chi li avesse usati per sparare”. Su altri sei obici gli esperti sono intervenuti in Polonia, per risolvere malfunzionamenti nel meccanismo di sparo. Poi, su un lotto di 29 Hummer M1167, presentati come funzionanti, 26 sono poi risultati non adatti, tra batterie scariche e altri problemi. Non mancano esempi italiani: su venti obici M109L consegnati da Roma nei primi mesi del 2023, tra avarie e altri difetti, nemmeno uno sarebbe stato pronto all’uso.

Insomma, al di là delle dichiarazioni, rifornire di armi chi fa una guerra resta una scelta carica di retorica, contraddizioni e ambiguità. Comunque sia, la guerra continua e Mosca pare intenzionata a farla proseguire a lungo. La Camera Bassa del Parlamento russo ha allargato la leva militare. Ora è sino a 30 anni. Secondo gli analisti, è la mossa che precede una nuova ondata di reclutamento, per far fronte alle perdite devastanti della guerra in Ucraina. Di negoziati non parla realmente nessuno. Le cancellerie apprezzano gli sforzi vaticani per la pace, che restano senza risultati concreti. Null’altro si muove, almeno in superficie. La parola è sempre solo alle armi.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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