La nuova frontiera dei diritti umani

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Cosa c'entrano i "diritti riproduttivi" con i diritti umani? Molto, anzi moltissimo, nonostante il termine - bisogna ammetterlo - non sia tra i più amichevoli. Se a una donna viene negato l'accesso ai servizi di pianificazione familiare, se le vengono fornite informazioni parziali al fine di condizionare le sue scelte o, peggio ancora, se muore durante il parto per mancanza di personale qualificato o strutture adeguate, non ci troviamo forse in presenza di palesi violazioni dei più fondamentali diritti umani?

Molti degli articoli contenuti nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, entrata in vigore nel 1948, affermano la necessità di promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, senza distinzioni di razza, sesso, lingua o religione. Eppure oggi, alla soglia del 2000, si continuano a fare discriminazioni in base al sesso. Ecco dunque emergere la vera novità contenuta nel rapporto pubblicato quest'anno dal Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione: concepire la salute sessuale e riproduttiva come un fondamentale diritto umano. Ipotesi non del tutto azzardata se si considerano solo alcuni dei dati messi in evidenza dallo stesso rapporto: una donna ogni minuto muore per problemi connessi alla gravidanza; circa 200.000 morti materne sono il risultato della mancanza o del fallimento de servizi anticoncezionali; almeno 75 milioni di gravidanze ogni anno sono indesiderate; 70.000 donne muoiono ogni anno in seguito a un aborto poco sicuro mentre 1 milione di persone muore a causa di infezioni dell'apparato genitale.
Sono dati allarmanti che però mettono bene in evidenza il collegamento esistente tra diritti riproduttivi e diritti umani in senso pìù ampio: il diritto alla sopravvivenza e alla vita; alla libertà e alla sicurezza della persona; a un livello di salute più alto possibile; alla pianificazione familiare; a sposarsi e a formare una famiglia, a usufruire dei benefici del progresso scientifico e all'istruzione. Ma come monitorare i progressi dei singoli Stati in questo campo e soprattutto come stimolare dei cambiamenti duraturi? La Dichiarazione universale, le successive Convenzioni (sui diritti civili e politici; sui diritti economici, sociali e culturali; sulle donne; e sui diritti dell'infanzia) e il susseguirsi di alcune grosse conferenze internazionali come quella sui diritti umani di Vienna e quella su popolazione e sviluppo del Cairo, offrono la possibilità di fare periodicamente una valutazione globale, di proporre strumenti e metodologie di monitoraggio e di premere sui governi affinché si intraprendano azioni concrete. Due esempi recenti di modifiche importanti a livello legislativo sono il Sud Africa e la Colombia che hanno inserito all'interno delle proprie costituzioni il concetto di diritti riproduttivi.

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