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La finca di Casimiro
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Foto: Unsplash.com
Il 10% dei campi a Cuba sono di proprietà di piccoli agricoltori, il 90% è statale. Con la rivoluzione del 1959 si è cancellato il latifondo ed ora è impossibile ricrearlo, il sistema misto pubblico/privato introdotto negli anni '90 per rispondere al “Periodo Especial” ha aperto alla possibilità, limitata, della proprietà. Quel 10% di agricoltori oggi produce il 90% del cibo che si trova sull'isola, uno iato terribile che racconta gli errori dell'industria, alimentare e non, cubana che assieme al bloqueo segnano il presente dell'isola. A Taguasco, nel centro del paese, nella provincia di Sancti Spíritus c'è la Finca del Medio, un progetto di permacultura, studiato a livello internazionale ma non a livello locale. Il progetto è stato creato da Casimiro, il 12 giugno del 1993, decidendo di andare nel campo dove viveva suo nonno e così lasciare la città, mamma e papà, attivisti del partito comunista.
Un progetto che negli anni è cambiato e che ora si declina attorno all'idea dell'indipendenza alimentare e produttiva: tutto il cibo che si consuma nella finca è prodotto nella finca e anche l'energia elettrica, grazie a pannelli solari, qui viene prodotta. Negli anni è stato scavato anche un pozzo da dove arriva acqua potabile. Un mondo diverso dal resto di Cuba dove l'acqua potabile non esiste e la corrente manca per tante ore al giorno. Permacultura, indipendenza alimentare e autonomia energetica sono elementi che si sono sommati negli anni e che sono il frutto dell'esperienza e degli incontri che la vita ha regalato a Casimiro. Lui non ama uscire dalla sua finca e preferisce che lo si vada a trovare, così ha fatto Slow Food, così han fatto tante persone da tutto il mondo che poi hanno anche convinto Casimiro a viaggiare, ad andare in Europa o in altre parti del Latino America, ma lui preferisce rimanere con la sua famiglia nei 12 ettari di terreno dove coltiva pomodori, yucca, malanga, zucchine, e alleva mucche e galline. Incontriamo Casimiro un pomeriggio di gennaio, lo incontro assieme ad un gruppo di ascoltatori e ascoltatrici di Radio Popolare che accompagno in uno dei viaggi organizzati da Viaggi e Miraggi.
Quando gli chiedo come vede lui la situazione a Cuba, con il suo vocione profondo ma dolce dice “dalla finca sembra quasi che non ci siano problemi. Abbiamo più di 20 kilowatt di corrente generati da fonti di energie rinnovabile e sembra che tutto sia sereno. Tuttavia una serie di fattori indicano che stiamo vivendo un periodo molto difficile sotto tutti i punti di vista, l'elettricità, gli approvvigionamenti, l'alimentazione, tutto. Noi abbiamo una proposta”. Qual'è la proposta per l'Isola di Casimiro? “250.000 nuovi agricoltori selezionati fra i più preparati e i più capaci, ciascuno con la propria finca di modeste dimensioni. Così facendo si risolverebbe il problema dell'alimentazione e si creerebbe una nuova cultura, un ambiente sociale sano, in un'isola caratterizzata da un clima terribilmente avverso e da un suolo diverso da qualsiasi altro posto in cui si coltiva la terra”. Per Casimiro “questa crisi è peggiore” di quella degli anni '90 “perché la situazione è peggiore. Gli agricoltori sono vecchi, la terra si è deteriorata, è difficile reperire mano d'opera. Però esiste oggi una cultura più grande, quella di internet, dei social e dell'apprendimento. La crisi degli anni '90 per me fu una grande opportunità perché mi ha portato qui, mi ha fatto riflettere e ho scoperto cose che non sapevo di me stesso e abbiamo trasformato tutto questo in uno stile di vita che risponda alle nostre necessità, come se stessimo costruendo un treno che viaggia contro il vento e le maree”.
L'indipendenza è l'idea che ha portato Casimiro nel nulla, fuori dalle città, nella campagna della zona meno popolata di Cuba, perchè “avere la libertà di decidere cosa fare è un qualcosa insito in me, nella mia genetica diciamo, ed è stata la base da cui siamo partiti. Qui abbiamo costruzioni e prova di ciclone, abbiamo scavato pozzi profondi per combattere la siccità, abbiamo costruito un mulino a vento e un ariete idraulico, abbiamo messo una cisterna per raccogliere l'acqua se mancava. Abbiamo studiato e imparato per conservare il meglio gli alimenti. Tutte queste creazioni sono mosse dalla passione nel creare qualcosa da trasmettere”. Casimiro ha cercato, racconta, di farsi ascoltare dal governo, di portare la sua proposta alla “rivoluzione” e così migliorare la vita su Cuba. Non ha avuto risposte positive e così ha sempre più radicalizzato l'idea che sia necessaria la proprietà privata per responsabilizzare chi lavora il campo, perchè, dice, “chi può lavorare con passione la terra per poche migliaia di pesos al mese?”.
Per Casimiro la responsabilizzazione passa dall'essere proprietari del campo. Dice “siamo in grado di processare tutto, la nostra farina di yucca rende il pesce più saporito ed è più salutare rispetto a quella di grano e ne abbiamo a volontà. Con un sacco da 45 kg facciamo 20 kg di farina e la facciamo essiccare in un solo giorno. Abbiamo trasformato ogni problema in una risorsa, una nuova cultura e in un contributo per la famiglia e per l'attività”. Parlando della rivoluzione del 1959 ricorda “La terra sarebbe stata di chi la lavorava. Così era all'inizio. La terra deve appartenere alla famiglia. Solo così si è in grado di fare progetti e amare la propria terra. La vita nei campi è difficile e dura, bisogna essere portati. Devi essere certo che col tempo la finca sarà di tua proprietà. È ciò che ci ha portato a voler vivere così per tutta la vita. Siamo qui da 32 anni e tra altri 32 tutto sarà esattamente allo stesso modo. È un ciclo continuo. I piccoli agricoltori cubani non devono neanche un centesimo a nessuna banca. Se la mia proposta fosse ascoltata si verrebbe a creare una notevole popolazione agricola in un'isola dove si difende l'idea secondo cui la terra è di tutti e dove non devono esistere grandi singole proprietà. È la soluzione ideale ed è necessario difenderla”.






