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La decrescita? Una festa
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“So mejo de lo sciampagna/ li vini de 'ste vigne/ ce fanno la cuccagna/ dar tempo de Noè./ Li prati a tutto spiano/ so' frutte, vigne e grano/ s'annamo a mette lì/ Nannì, Nannì”.
È canticchiando con un sorriso in bocca qualche strofa di questo ben noto stornello romano che apriamo questo articolo. A Grottaferrata, alla Cooperativa Agricoltura Capodarco di Via del Grottino, si è tenuta domenica scorsa, 12 maggio, la seconda edizione della Festa della Decrescita Felice dei Castelli Romani, un gruppo di pittoreschi paesini sui Colli Albani poco fuori Roma. Una giornata con un calendario di appuntamenti golosi, vegetariani, a km zero e biologici, che ha proposto a centinaia di persone corsi, musica, teatro e molto altro.
E non è certo mancata l’attenzione ai dettagli in questa domenica di primavera, nella convinzione che, se è possibile ridurre l’impronta ecologica di una festa così grande, è certamente molto probabile che lo si possa fare anche ogni giorno nelle nostre case, in linea con un sentimento condiviso di riciclo, riutilizzo, autoproduzione: stoviglie riutilizzabili, caffè equo-solidale, assenza di rifiuti, tecniche naturali per il risparmio energetico. Sì, perché decrescita non è affatto recessione, impoverimento, degrado. Decrescita è una scelta consapevole e perseguita con coraggio, e se a volte ci sembra che sia la crisi globale a spingerci verso questa soluzione forzata “d’emergenza”, in realtà siamo convinti che non sia così e che decrescita significhi al contrario desarrollo, sviluppo.
In un universo bombardato dai media e dai proclami politici inneggianti alla crescita e al PIL, risulta difficile non cedere alla tentazione di pensare che la decrescita sia una deriva, un ritorno al passato in direzione ostinata e contraria a quel progresso infinito che ci è proposto come l’unica strada possibile per un’evoluzione esponenziale. In realtà, qui, di esponenziale c’è solo un cieco e ottuso rigetto di una semplice quanto evidente considerazione: consumare all’infinito risorse finite è matematicamente impossibile. Non serve nemmeno tirare in ballo la morale, la solidarietà, l’etica. Ci basta la matematica stavolta.
Julio Garcia Camarero, autorevole voce della decrescita spagnola, ha suggerito un’immagine particolarmente efficace della nostra società, definendola “un bruco che, completato lo stadio della crescita quantitativa, è tenuto a mutare la sua crescita in qualitativa per poter esplodere in una farfalla multicolore”. Potremmo allora probabilmente dire che quella del 12 maggio è stata proprio così, una festa all’insegna di una crescita culturale, spirituale, equilibrata, condivisa, rispettosa del pianeta, lenta e, appunto, qualitativa.
Una giornata che è cominciata presto, all’insegna del “fallo-da-te”: la colazione è stata preparata grazie alla rocket stove, una stufa auto costruita in grado di produrre fiamma per ore solo grazie all’uso di rametti, segatura e altri scarti. Le attività proposte però sono state molte, dai laboratori di panificazione con lievito madre, a quelli di cucina, di agricoltura sinergica e urbana, di saponificazione e cosmesi naturale. Il tutto animato dalla provocazione teatrale di Sandro Turella e dai ritmi coinvolgenti della Jumping Garlic Orkestra e degli Irish Spinners.
E allora sapete cosa? L’indicatore FIL (Felicità Interna Lorda), che ad alcuni sembra soltanto un’ammiccante ironia del PIL, domenica ha ottenuto un punto in più.
“… se sente 'no stornello/ risponde un ritornello/ che coro vie' a senti'/ Nannì, Nannì”.
Anna Molinari
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