L’odore delle emozioni

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Foto: Unsplash.com

Più che l’intrigante titolo di un romanzo di narrativa o magari il nome elegante di un profumo dalle note nostalgiche, l’“odore delle emozioni” potrebbe essere l’incipit di una ricerca scientifica. Ops, ma lo è davvero… o quasi! Uno studio curioso, pubblicato sulla rivista «Journal of Affective Disorder», si presenta con queste parole: “Fiutando una soluzione. Come gli odori corporei generati dalle emozioni possono migliorare la terapia mindfulness per l’ansia sociale”. Gli autori sono i ricercatori del Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova, in collaborazione con l'Università di Pisa e il Karolinska Institutet di Stoccolma

Cominciamo però dal fondo, e cioè dall’ansia sociale. Cos’è esattamente? Si tratta di uno stato emotivo definito dall’elevata – e a volte estrema – paura di situazioni sociali, come per esempio parlare in pubblico o rivolgere la parola a degli sconosciuti, contesti cioè dove la persona teme di essere derisa, giudicata o valutata negativamente dagli altri. Da questo stato iniziale di disagio, deriva uno spettro di situazioni molto ampio e diversificato, e alcune di queste possono essere condizionate o modulate proprio dagli “odori sociali”. Con questi non si intendono le ascelle schiaffateci in faccia in autobus affollati durante la canicola estiva, né altri effluvi che possiamo odorare in palestra o nei bagni pubblici, anche se sì, gli odori sociali hanno a che fare con il sudore.

Si tratta di “segnali olfattivi” da esso veicolati che, quando percepiti da un altro individuo diverso da noi, possono generare o influenzare una risposta emotiva “in consonanza” con chi quel segnale lo ha emesso. La prima autrice della ricerca, Cinzia Cecchetto, con il team di colleghi che ha contribuito allo studio, ha coinvolto 48 ragazze con sintomi di ansia sociale, divise in vari gruppi e sottoposte a segnali olfattivi emozionali di felicità, paura, o neutri, come ad esempio la semplice aria, rilevando i sintomi ansiosi prima, durante e dopo l’esperimento e abbinando la somministrazione di questi stimoli olfattivi a pratiche di respirazione, meditazione, e rilassamento. 

Lo scopo è di capire le conseguenze che tali componenti olfattivi sociali possano avere se utilizzati insieme a trattamenti psicologici: l’obiettivo è infatti quello di individuare le “responsabilità” dei singoli odori e poi separarli al fine di ottenerne di affini e sintetici, da usare a livello clinico – afferma Claudio Gentile, docente di Psicologia e referente dello studio. Che parte da un assunto condiviso, ovvero che i cosiddetti BOs (Human body odors) siano un efficace strumento di comunicazione sociale che spinge chi li fiuta a replicare almeno in parte lo stato emotivo di chi li emette: si tratta infatti di segnali di comunicazione che partono dai singoli individui verso la collettività che li circonda, generando a volte, a causa delle molecole chimiche emesse, una situazione di “contagio” che vale sia per le emozioni positive che per quelle negative, modificando le espressioni facciali, lo stato di vigilanza e la capacità di ricerca visiva.

Sono però studi finora effettuati sempre a partire da persone in stato di benessere psicologico e non ancora testate su individui con disagi relativi alla salute mentale. Ecco perché la prospettiva di questo studio potrebbe aprire delle strade di ricerca e riflessione soprattutto per quelle occasioni dove le relazioni sociali sono impari, ovvero lì dove generano in alcuni reazioni episodiche o croniche di ansia.

Una strada che procede parallela e affiancata a quella della mindfulness o della CBT (Terapia cognitivo-comportamentale), aumentandone potenzialmente i benefici relativi alla capacità di osservazione, accettazione, non giudizio nel momento presente. E quindi in grado di rafforzare la capacità di arginare proprio quelle propensioni ad attuare il contrario, che alimentano gli stati d’ansia. 

Al momento i risultati hanno bisogno di essere replicati ed espansi, ma la strada resta aperta per un ruolo non secondario degli odori corporei al fianco delle terapie psicologiche tradizionali. 

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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