L'industria fiorente delle armi

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Questi sono alcuni dei dati contenuti nella relazione che il governo ha trasmesso al parlamento, in cui è fotografato il commercio militare. In testa alla classifica dei nostri clienti, per quanto concerne i nuovi contratti troviamo la Spagna con 246 milioni, pari al 27% totale. Gran parte di tale importo è connesso alla vendita di 61 autoblindo prodotti dal consorzio Fiat-Oto Melara, per un importo pari a 218 milioni. Al secondo posto c'è il Kuwait con 83 milioni, seguono più distanziati Francia con 66 milioni, Repubblica Ceca con 49, Singapore con 46, India con 37,5, Usa con 36, Germania con 30, Arabia Saudita con 29 e Malaysia con 27. Con valori più modesti ci sono anche Venezuela con 26, Cina con 23, Turchia con 20, Grecia con 16, Polonia con 15, Algeria con 18 , Siria con 12, Taiwan con 5 e Messico con 4.

La classifica delle armi consegnate vede al primo posto la Malaysia con 42 milioni di euro, seguita da Corea del Sud con 40, Dubai con 37, Usa con 30, Regno Unito con 27, Turchia e Siria con 19, Pakistan con 17,5, Algeria con 15, Cina con 10, India con 8. Seguono con valori più contenuti Brasile, Canada e Venezuela con 6. C'è anche Israele, sia pure con importi per un milione! Anche nel 2002, le armi made in Italy sono state vendute, nonostante la legge 185 che regolamenta il settore, a paesi belligeranti o retti da regimi liberticidi: India e Pakistan sull'orlo della guerra atomica, Algeria in preda alla guerra civile che ha causato oltre centomila vittime, la Cina che occupa il Tibet da più di 50 anni ed è in stato di tensione con Taiwan, la Turchia condannata in continuazione dalle istituzioni internazionali per la violazione delle libertà fondamentali, la Siria che è uno dei Paesi indicati da Bush come parte dell'"Asse del male". A Damasco sono stati venduti sofisticati sistemi di puntamento per carri armati, da parte di un'azienda controllata dallo Stato: la Galileo. Washington, addirittura, ha accusato la Siria di aver dato all'Iraq armi, soprattutto visori notturni. Si pone l'esigenza di un controllo politico severo su esportazioni così delicate, che attengono ad aspetti fondamentali della nostra politica estera.

Purtroppo il governo Berlusconi non la pensa così e sta facendo approvare dal Parlamento lo stravolgimento della legge 185 che regolamenta il settore. Palazzo Chigi ha individuato le linee programmatiche per il 2003: "esercitare un efficace controllo delle movimentazioni dei materiali di armamento secondo la legge 185, cercando nel contempo di agevolare la presenza dell'industria nazionale nel mercato internazionale". Ad ogni modo, esiste un problema di conflitto d'interessi: da una parte lo Stato che tramite Finmeccanica è l'azionista di riferimento di gran parte delle industrie produttrici e dall'altra la necessità di attuare controlli rigorosi. Al riguardo la Relazione dell'esecutivo elenca anche l'elenco delle principali aziende esportatrici, in cui primeggiano aziende come Finmeccanica e Fiat.

Anche le banche svolgono un ruolo di supporto. Le autorizzazioni bancarie sono state pari a 736 milioni (+16 % ): al primo posto la spagnola Banco Bilbao Vizcaya (29,4% del totale), seguita da Bnl (18,7%), Banca di Roma (13,4%), San Paolo-Imi (11%), Intesa Bci (7,4%), Credito Italiano e Unicredit (6,8% ciascuno) e Barclays Bank Plc (4,3%).

Fonte: Banche Armate

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