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L’elogio alla lentezza della città di Argirocastro
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Foto: M. D'Aquilio ®
Argirocastro (Gjirokastër) è una piccola perla incastonata, anzi arroccata, sulla Mali i Gjërë (Montagna Larga) nell’Albania meridionale. Poco lontano il confine con la Grecia. Infatti, non è strano trovare la segnaletica nelle due lingue, come non è strano sentire persone parlarle entrambe.
La vita della cittadina albanese vide la luce probabilmente dopo il XII secolo, anche se l’antica fortezza potrebbe risalire al IV secolo. Il castello (Kalaja) è oggi sede di due aree museali: il museo delle armi è una collezione di oggetti bellici risalenti a tempi più o meno antichi e l’esposizione sulla resistenza alle occupazioni italiana e tedesca nella prima metà del ‘900. Dentro le mura si trova anche un aeromobile dell’aviazione americana che, si dice, sia arrivato fin qui dopo un rocambolesco atterraggio d’emergenza durante la seconda guerra mondiale.
Il castello venne utilizzato come prigione dal 1932, prima da Re Zog I e dall’occupazione italiana e poi anche dal regime comunista.
Quello che davvero non si può perdere da lassù è un panorama mozzafiato, che sa zittire tutti i rumori del traffico in fondovalle. La contemplazione del paesaggio armonioso riappacifica gli occhi e il cuore.
Sotto il maniero, il piccolo borgo di strade acciottolate e candide casette in pietra prosegue paziente nella vita monotona. Una signora anziana vende i suoi centrini e gli scialli ricamati lungo la viuzza che collega al castello. Ci saluta con un sorriso dolcemente sdentato e due piccoli occhi vispi su un viso segnato dalle stagioni. È una giornata come tante altre, ripetitiva come il rumore dello scalpello che modella la pietra bianca. Sono i colpi decisi di una mano esperta, quella di un artigiano la cui famiglia ha fatto questo mestiere da sempre. Da dietro il suo tavolo di lavoro si diverte a creare sculture ironiche, alternandole ai classici souvenir esposti in bella vista.
In un’afosa giornata di agosto, le chiacchiere in tante lingue diverse degli stranieri che affollano le bottegucce del bazar sembrano soltanto rumori di sottofondo. Se non fosse per la calura, sembrerebbe quasi di stare sott’acqua, quando le orecchie sono tappate e le urla dalla spiaggia a pochi metri non sono nient’altro che un mormorio lontano.
La piccola cittadina fu contesa per decenni e passò sotto diverse influenze. Di epoca bizantina è la chiesa di Labova e Kryqit nell’area distrettuale, a qualche chilometro dalla città. Ma è soprattutto l’epoca ottomana che ha lasciato il suo marchio con moschee sparse qua e là – quasi tutte distrutte dal regime comunista – e nell’architettura abitativa. Le caratteristiche case dotate di torretta (kule in turco) sono risalenti al XVII/XVIII secolo, fino a qualche esempio eccellente dell’inizio del XIX.
Le casette in pietra, tutte a due piani, fatte di piccole finestrelle allineate, oltre alla loro grazia ordinata, riflettono il sole estivo in modo quasi accecante, promettendo di essere un fresco riparo dalla torrida estate albanese. Nella dimora dove, nel 1908, nacque il dittatore Enver Hoxha è ospitato il museo etnografico. Argirocastro è la città natale anche di un altro albanese noto al mondo, lo scrittore e poeta Ismail Kadare. L’ottuagenario candidato al premio Nobel vive oggi a Parigi, dopo avere ottenuto asilo politico nel 1990: la sua casa natale, costruita nel 1799, è sede di un altro museo.
La grande moschea Bazaar, nel quartiere vecchio Bazaar, riuscì a scampare alla distruzione del regime comunista che perseguiva l’ateismo di stato, essendo riconosciuta come monumento culturale. Durante il regime venne usata come centro culturale e sede per gli allenamenti dei circensi: l’altezza della cupola era adeguata al volo dei trapezisti.
Ma si potrebbe dire che tutta la città vecchia è un museo “diffuso”. È sufficiente sedersi al tavolino di uno dei tanti bar, aspettando che il caffè turco si appoggi sul fondo della tazzina, per ammirare scorci suggestivi fatti di viuzze secondarie, strette e ripide, ornate da piante e fiori annaffiati con cura. Sorseggiando piano la bevanda calda, sembra quasi di respirare un’epoca diversa, in cui chat e social erano sconosciuti ai cittadini che animavano le locande. L’attesa del caffè era quindi il tempo dedicato ad intessere le relazioni sociali di un borgo vivace, ma anche l’occasione di conoscere il futuro da chi sapeva leggere i messaggi nascosti nei fondi del caffè.
Il centro storico di Argirocastro è stato riconosciuto patrimonio dell’Unesco dal 2005 e da allora la componente turistica ha incentivato la crescita economica della cittadina che negli anni del comunismo era stata un polo industriale. Il bazar è costituito da una fila di botteghe artigianali dove acquistare piatti in ceramica variopinti, suppellettili in legno d’ulivo, oggetti in pietra, tappeti fatti a mano tipicamente albanesi, saponi e creme all’olio d’oliva e agrumi, tessuti ricamati con filamenti d’orati, ricami e molto altro. È un piacere per gli occhi perdersi fra mille colori che si incontrano e si confondono gli uni con gli altri, a ricordarci che questo luogo di incontri e incroci è sempre stato un ponte fra oriente e occidente, un crocevia di civiltà e culture diverse.
La gioia della quiete e dei colori non può trascurare quella dei sapori e dello stomaco. È ora di pranzo ed è obbligatorio fermarsi in un ristorantino a conduzione familiare che offre deliziose prelibatezze. Si trova al secondo piano di una delle tante casette e ci dà la possibilità di vedere effettivamente come fossero all’interno le abitazioni tanto famose: il soffitto rivestito in legno intagliato, i tappeti morbidi e il salotto dedicato all’accoglienza degli ospiti.
Nel frattempo, le mani sapienti delle donne in un cucinino aperto alla vista degli avventori si muovono svelte e in modo meccanico: chissà quanti viandanti sono passati da qui. Nonostante il sole cocente, scegliamo un tavolino sul piccolo terrazzo che dà sulla via principale, per avere una prospettiva diversa e interessante. Siamo gli unici fuori, nessuno vuole mangiare senza condizionatore con queste temperature. Fortunatamente siamo protetti da un grande ombrellone e un’arietta soave rende la calura più sopportabile.
A leggere il menù si fa presto, la casa offre poche pietanze. Questo è decisamente un punto a favore, scopriremo in seguito. La cura con cui viene cucinato ogni piatto giustifica la scelta di non offrire infiniti menù turistici. Iniziamo con un’insalata tipica (insomma, quella che in Italia chiameremmo greca), con formaggio bianco, peperoni, pomodori e gli immancabili cetrioli. Il pane albanese non ha eguali e con un po’ d’olio d’oliva della zona è l’accompagnamento perfetto. Fra le varie pietanze, ci sono i peperoni ripieni (Speca të mbushur), il formaggio bianco fritto in pastella con sesamo e miele e le qifqi, polpette di riso tipiche di Argirocastro (qui il segreto, in albanese, per preparale). Anche in Albania l’aspetto conviviale del pasto è molto importante, infatti è consuetudine disporre tutte le pietanze al centro del tavolo in modo che i commensali possano condividere il cibo.
L’escursione ad Argirocastro termina e bisogna tornare a valle, verso la parte di città nuova dove le macchine circolano lentamente a causa di traffico e lavori. L’Albiana è ovunque un cantiere aperto. Pochi giorni dopo la nostra visita, il giornale Balkan Insight ha pubblicato un articolo riguardante le preoccupazioni relative alla costruzione di una tangenziale e all’impatto che potrebbe avere sulla città storica. Nell’articolo si riporta che a luglio l’Unesco aveva chiesto la sospensione immediata della costruzione proprio per avere la possibilità e il tempo di valutarne i rischi, ma pare che i lavori stiano proseguendo comunque. L’Unesco sarebbe stato avvertito dallo Stato albanese nel gennaio del 2021, ma avrebbe anche ricevuto segnalazioni da terzi che i lavori erano iniziati già in precedenza. L’Albania non avrebbe ancora fornito spiegazioni al riguardo, anzi, a luglio il ministro della cultura albanese avrebbe negato di avere ricevuto una richiesta di sospensione dei lavori, bensì una sola richiesta di monitoraggio. Ad ogni modo, una foto del sito scattata dallo stesso giornale il 17 agosto sembrerebbe proprio confermare le preoccupazioni. D’altro canto i residenti vorrebbero risolvere il problema della mobilità, ma sembra che finora non sia stata presentata alcuna alternativa in grado di bilanciare le diverse esigenze.
Insomma, anche in questa zona l’Albania si trova a dover fare i conti con la modernizzazione repentina, le necessità economiche, le esigenze della quotidianità ma anche un patrimonio da tutelare e salvaguardare.
L’esperienza insegna che le soluzioni immediate imposte dalla modernizzazione sono spesso poco sagge e meno lungimiranti rispetto a quelle costruite lentamente, pietra dopo pietra, magari anche a scapito degli immediati e illusori profitti. E a ricordarcelo è proprio un’eterea città di pietra bianca che da secoli osserva placida il mondo cambiare dall’alto della sua montagna.
Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.