L'arcivescovo di Bamako, aiutateci a proteggere i civili

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“La crisi cominciata un anno fa è entrata da alcuni giorni in una fase particolarmente critica. Si apre un nuovo periodo di sofferenza per il popolo maliano, già messo a dura prova. Dalle organizzazioni caritatevoli internazionali, a cominciare dalla Caritas, ci auguriamo un sostegno generoso per aiutarci a dare assistenza al numero crescente di sfollati e rifugiati, curare i feriti e chi combatte al fronte”: è l’appello dell’arcivescovo di Bamako, monsignor Jean Zerbo, raccolto dalla MISNA nel sesto giorno di raid aerei francesi e nel primo di un’offensiva di terra avviata dai soldati di Parigi e di Bamako. “Il bisogno di cibo, acqua potabile, kit igienici, medicinali anti-malarici e beni di prima necessità andrà crescendo nelle prossime settimane, anche perché siamo nella stagione fredda e umida, il che complica non poco l’intervento umanitario. Poi siamo in guerra e non sappiamo quanto durerà” prosegue l’arcivescovo, che è anche presidente di Caritas Mali. Monsignor Zerbo, contattato nella capitale, auspica “l’apertura di corridoi umanitari nel più breve tempo possibile”.

Ma il presule guarda oltre la fase del conflitto e la conseguente emergenza umanitaria. “Speriamo in un esito felice che porti al respingimento fuori dal territorio maliano di forze islamiche che da un anno a questa parte hanno purtroppo alterato profondamente l’umanesimo africano e la cultura dei maliani fatta di tolleranza, dialogo e serena convivenza interreligiosa” dice l’arcivescovo di Bamako, insistendo sulla necessità di “cominciare un lavoro di educazione delle coscienze per estirpare i semi piantati dal fondamentalismo religioso e da individui che hanno strumentalizzato l’Islam”.

Dal terreno il responsabile della comunicazione di Caritas Mali, Gaston Goro, riferisce che gli interventi degli operatori sono “per il momento resi impossibili dalle difficili condizioni di sicurezza”, dovute alle operazioni militari in corso “che bloccano le strade e ci obbligano a essere prudenti”. A Mopti e Bamako gli addetti della Caritas maliana hanno già prestato cure e assistenza ai feriti. Ma per le strade del paese si sono messi in viaggio migliaia di civili in fuga dagli epicentri dell’offensiva – Konna, Diabali e Douentza al centro, Gao e Timbuctù al nord – o per mettersi al riparo da futuri scontri, varcando i confini con i vicini Niger, Mauritania e Burkina Faso.

Da Niamey, Amadou Tidjani, della Croce Rossa locale, conferma che a oggi 60.000 rifugiati maliani si trovano in territorio nigerino. Ma dall’inizio dell’offensiva militare, aggiunge il responsabile, “non abbiamo ancora registrato arrivi di massa che crediamo possano verificarsi nelle prossime settimane”. Tidjani pensa in particolare ai cinque campi allestiti da tempo nelle regioni settentrionali, come Tillabéry. “Dall’inizio della crisi nel gennaio 2012 assieme al Programma alimentare mondiale distribuiamo cibo a chi è scappato in condizioni molto precarie dal nord del Mali. In tempi brevi prevediamo che la richiesta di aiuti aumenti man mano che entreranno nuovi rifugiati” dice ancora l’operatore umanitario, sottolineando che “negli ultimi tempi alcuni di loro hanno cercato di raggiungere parenti e amici che erano scappati in altri paesi della regione”.

Secondo gli ultimi bilanci forniti dall’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari dell’Onu (Ocha), i civili costretti a trovare riparo nei paesi vicini sono saliti a circa 150.000: 54.100 si trovano in Mauritania, 50.000 in Niger, 38.800 in Burkina Faso e 1500 in Algeria. Il numero degli sfollati interni si attesta sui 230.000. Per rispondere all’emergenza il Pam ha calcolato di aver bisogno di aiuti per almeno 129 milioni di dollari.

Intanto l’Associazione maliana dei diritti umani (Amdh) e la Federazione internazionale dei diritti umani (Fidh) hanno chiesto alle forze belligeranti il “pieno rispetto del diritto umanitario internazionale” e la “protezione delle popolazioni civili, la cui integrità fisica e i cui diritti vanno garantiti”. Attivisti maliani e testimoni locali hanno già denunciato gravi violazioni dei diritti umani nelle città centrali di Konna, Sévaré e Mopti, dove sarebbero in corso “vere e proprie cacce all’uomo”, “esecuzioni sommarie” e “vendette incrociate”. Da una parte, elementi dell’esercito di Bamako starebbero cercando possibili sostenitori dei gruppi armati islamici; da un’altra, i ribelli continuerebbero a esercitare pressioni e violenze sulle popolazioni delle località ancora sotto il loro controllo. Rivolgendosi alla Corte penale internazionale (Cpi) l’Amdh e la Fidh si aspettano “l’apertura immediata di un’inchiesta sui crimini di guerra commessi in Mali per essere sicuri che le operazioni in corso possano svolgersi nel pieno rispetto del diritto internazionale e che quelli che oltrepasseranno la ‘linea rossa’ siano assicurati alla giustizia”.

Da Misna.org

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