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L’Eldorado balcanico che sogna di diventare europeo
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Foto: Unsplash.com
Nell’ultimo decennio si è diffusa l’immagine di un Eldorado balcanico dove la realizzazione economica e personale sembra essere a portata di mano. Stiamo parlando dell’Albania, una terra che fino a trent’anni fa viveva segregata a causa delle manie persecutorie del suo dittatore, Enver Hoxha. Il seguito lo conosciamo tutti: la fine dell’enverismo, la transizione, la bolla speculativa, i kalashnikov, i barconi, fino ad arrivare alla storia più recente di un Paese in rinascita, meta di investitori stranieri, studenti universitari, banche e turisti occidentali. Dal 2009 l’Albania spende le sue energie per rinnovarsi e conquistare un posto nell’Unione Europea.
Tornando indietro di qualche anno, molti ricorderanno l’intervista del 2015 all’attuale Primo ministro Edi Rama su La7. Quell’intervista rimase impressa agli spettatori perché il premier albanese invitò gli imprenditori italiani a delocalizzare le loro aziende in Albania. Ma quello che stupì maggiormente fu l’elenco dei vantaggi: tassazione decisamente conveniente (tassa sugli utili al 15%) e nessuna seccatura con i sindacati, non pervenuti. A dirla tutta, alcune formazioni sindacali esistevano, ma la loro presenza era sostanzialmente irrilevante.
Nulla è immutabile comunque. Nel 2019, in uno dei settori strategici dell’economi albanese, quello dei call center, si è costituito il primo sindacato nazionale per la tutela dei 30.000 dipendenti del settore. C’è poi la storia dei 39 minatori delle miniere di cromo di Bulqize, a 1000 metri sottoterra per 300 euro al mese. Delusi dal sindacato ufficiale che non aveva mai difeso i loro diritti, hanno fondato un sindacato indipendente, regolarmente riconosciuto, ma che ad alcuni di loro è costato il posto di lavoro. Forse aveva ragione Rama: in Albania i sindacati non sono benvenuti.
Un altro punto a favore della delocalizzazione è la facilità con cui è possibile aprire un’azienda e le leggi sul lavoro a favore delle imprese, come ha ribadito lo stesso Rama nel 2015 alla convention di Confindustria Giovani.Aggiungeremmo noi, una manodopera a basso, bassissimo costo (nel 2019 è di 10 volte inferiore alla media europea) e che il premier allora definì “ragionevole”.
Sebbene le affermazioni di Rama possano suonare insolite per il leader di un partito socialista, è indubbio che l’ex primo cittadino di Tirana svolga al meglio la funzione di promoter del Paese. D’altra parte anche media internazionali e opinionisti di spicco hanno dipinto il Paese delle aquile come il miracolo economico dell’ultimo decennio. E di miracolo economico è appropriato parlare, a patto che ci si chieda a quale prezzo. Infatti, a ben guardare, alcuni dati non sembrano troppo incoraggianti. Prendiamo ad esempio l’indice della corruzione percepita nel settore pubblico del 2019. Nella classifica di Transparency International, l’Albania si posiziona 106esima su 180 paesi, arretrando di 7 posizioni rispetto all’anno precedente.
Dal National Integrity System Assessment 2016 sull’Albania era emersa la preoccupazione relativa alla vulnerabilità dello Stato e delle sue istituzioni rispetto agli interessi privati, testimoniata dall’influenza che le imprese private esercitano sulle decisioni politiche, dal controllo di potenti attività da parte dei politici albanesi e dal collegamento della classe politica con attività illecite, nonché dalla distribuzione clientelare dei fondi pubblici.
In effetti fra i requisiti chiesti dall’Unione Europea per l’avvio dei negoziati di adesione c’era stata l’intensificazione degli sforzi albanesi nel contrasto alla corruzione, rafforzando l’indipendenza, la trasparenza e la responsabilità del potere giudiziario.
Nel 2019 un fiume di gente si è riversato nelle strade di Tirana per protestare contro i presunti voti comprati dal partito socialista alle elezioni del 2017. Il Primo Ministro però ha respinto le accuse, definendo le proteste come il simbolo di una lotta di potere. A condurre le proteste c’erano gli esponenti dell’opposizione, che non è avulsa dal sistema contro il quale protesta e che ha deciso di dimettersi in massa dal Parlamento.
Una sospensione della democrazia rappresentativa che ha fatto pensare ad un allontanamento dal sogno europeo. Invece, nonostante la situazione di precarietà politica ed istituzionale, a marzo di quest'anno è stato dato il via libera ai negoziati, dopo due anni in cui Francia e Olanda si erano opposti all’allargamento. Parigi e l’Aia hanno ottenuto che non venga stabilita una data precisa per l’inizio delle trattative.
In quel momento Tirana dovrà comunque soddisfare una serie di precondizioni come avere avviato procedimenti nei confronti dei giudici e pubblici ministeri accusati di condotta criminosa e delle persone accusate di voto di scambio. Dovrà anche dimostrare solidi risultati nella lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata a tutti i livelli (compreso il coinvolgimento di alti funzionari pubblici e di politici), progressi concreti nella riforma della pubblica amministrazione, l'attuazione della riforma della legge elettorale, ulteriori avanzamenti sulla protezione delle minoranze nazionali, l'adozione della legge sul censimento della popolazione e progressi nella procedura di registrazione delle proprietà. Intanto le parti sono riuscite a raggiungere un accordo: con una legge elettorale rinnovata, il 25 aprile 2021 si terranno le elezioni parlamentari.
La piccola Shqiperia insomma non smette di sognare in grande e l’avvio dei negoziati rappresenterà un segno di speranza. Ma la speranza sovente cozza con la realtà quotidiana di promesse non mantenute, di clientelismo e disoccupazione, perché in fondo certe dinamiche cambiano così lentamente che non sembrano cambiare mai. Ci si chiede allora se basteranno una riforma della giustizia o una legge elettorale, quando il 40% dei 285.000 (su 2.8 milioni di abitanti) che progettano di lasciare il Paese sono giovani. L’Albania di domani sarà solo un’Albania spopolata o sarà finalmente un’Albania europea?
Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.