www.unimondo.org/Notizie/L-Arrogantropocene-e-la-siccita-229226
L’Arrogantropocene e la siccità
Notizie
Stampa

Foto: Feepik.com
Devo dire la verità: non condivido il termine “antropocene” usato da molti filosofi della scienza e scienziati per classificare questo tempo.
E’ l’ennesimo modo – credo - di mettere al centro dell’universo, di tutto, l’uomo invece della vita, intesa come natura, Pianeta, Mondo. Siamo marginali nel tempo e nello spazio in questo Pianeta, ma continuiamo a pensarlo” a nostro uso e consumo esclusivo”. E così, ci appropriamo di un’era.
A questo punto, se dobbiamo rimanere al centro, definirei piuttosto questo tempo come “Arrogantropocene”. Perché l’elemento determinante non è il fatto che esistiamo come specie. No: il fatto essenziale è che siamo arroganti.
Se la misura del tempo, in natura, è il divenire, noi viviamo fuori da questo tempo naturale. Per usare – sfruttare - meglio il Pianeta, abbiamo adattato il tempo alla nostra dimensione. Siamo ancorati al presente – che semplicemente non esiste -, con un occhio al passato – che è convenzione, ricordo – e senza alcuno sguardo al futuro.
Ciechi, quindi. Così ciechi da non capire che questa siccità terribile che ci attanaglia e che renderà complessa e difficile la nostra esistenza, per il Pianeta è un banale divenire delle cose, uno dei tanti cambiamenti creati continuamente dalla somma dei fattori esistenti, naturali o meno. Traduco: noi senz’acqua moriremo, il Pianeta no, perché troverà soluzioni. Nel suo “divenire” cambierà forme e modi, ma andrà avanti. Con altre vite, altre esistenze.
Nell’”Arrogatropocene” questa visione delle cose non è concepita o concepibile. La fine del nostro Mondo è la fine del Mondo assoluta. E siccome siamo certi di essere noi il Mondo, cioè di essere i migliori, non cerchiamo soluzioni, anzi, continuiamo a sfruttare tutto quello che ci capita a tiro.
Che il mare avanzasse era cosa nota da decenni. Lungo le coste toscane sono almeno vent’anni che l’acqua salata colonizza i pozzi, rendendo difficile l’agricoltura. La portata sempre più scarsa dei fiumi, da anni fa entrare per chilometri le maree e le previsioni dicono che entro cent’anni - appena quattro generazioni - Verona sarà un magnifico porto sull’Adriatico.
La desertificazione in atto, dovuta alla siccità, legata al rapido cambiamento climatico, interessa attualmente il 28% del terreno agricolo nazionale. I danni calcolati da Coldiretti per quanto sta accadendo sono di 2miliardi di euro, con un calo del 30% della produzione agricola. A livello mondiale, il quadro è ancora più drammatico: perdiamo un ettaro di terra coltivabile al minuto e l’8% della popolazione planetaria rischia la siccità totale.
Ancora, torniamo in Italia: sono anni che nel ricco – d’acqua – Trentino, intere comunità sopravvivono alla carenza di piogge grazie all’arrivo dell’acqua con le autobotti. Fatto normale: no, non lo è. In compenso, si sono creati decine di invasi artificiali, non per fare scorta d’acqua, ma per avere l’acqua per l’innevamento artificiale. Fare la neve per i turisti, che spesso sciano su piste deprimenti, che potrebbe trovarsi in centro a Milano, invece che in montagna, ci sembra più intelligente che averla per bere, lavarci, usarla nelle campagne. Anche qui, piccolo esempio: secondo Legambiente, per imbiancare una pista da sci di 1.600 metri di lunghezza servono fino a 20.000 metri cubi di acqua. In Trentino, la superficie sciabile è di 1.536 ettari. Di questi, 1.279 sono innevabili artificialmente.
Non fate i calcoli, potreste rimanerci male. E poi, questo tipo di conti nell’”Arrogantropocene” non si devono fare. Per noi umani, il futuro è qui e adesso e la nostra gloriosa era dura quanto un battito di ciglia. Così leggero, che il Pianeta nemmeno si accorgerà che saremo spariti.
Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009.