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Kuwait e Arabia Saudita: atteso il diritto di voto alle donne
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Le donne di due Paesi arabi prossime al voto? Nei giorni scorsi un comunicato dell'ambasciata saudita di Londra informava della possibilità per le donne di poter votare alle elezioni municipali di ottobre. "Si pensa che sia uomini che donne potranno avere l'opportunità di votare" - recitava il comunicato riportato in un articolo del Guardian. Una possibilità ribadita anche da Saleh al-Malik, un membro del Shura Council, il Parlamento non-eletto dell'Arabia Saudita, il quale confermava che le donne potranno partecipare alle elezioni, ma che il governo sta mantenendo un "approccio cauto". Nel paese arabo le donne sono tuttora soggette a rispettare rigidi codici per quanto riguarda l'abbigliamento, non possono guidare l'auto e devono avere il permesso dei familiari maschi per poter viaggiare. L'anno scorso ha destato clamore la petizione firmata da 300 donne saudite che chiedevano al Principe ereditario Abdullah Bin Abdulaziz Al Saud, primo ministro e di fatto reggente del paese, di veder riconosciuti i loro diritti legali e civili.
Intervista alla dottotessa Selwa al-Hazzaa sulla condizione della donna in Arabia Saudita
(da CsMonitor, in inglese)
Novità anche in Kuwait. Il 17 maggio il governo kuwaitiano ha presentato un disegno di legge che consentirà alle donne il diritto di voto attivo e passivo - cioè di votare e di presentarsi come candidate alle elezioni parlamentari. "Ci eravamo già illuse nel 1999, e fino a quando il Parlamento non approverà la legge è inutile entusiasmarsi" - afferma in un'intervista a Peace Reporter Loluwa al-Mulla, presidente della Società Culturale e Sociale delle Donne del Kuwait. La proposta del governo è ora all'esame dell'emito Jaber al Ahmad al Sabah, massima autorità del Paese, il quale a sua volta la passerà all'Assemblea nazionale, organo legislativo composto da 50 deputati che esprime 65 voti in quanto i 15 ministri del Governo votano due volte.
È da oltre 40 anni che le donne del Kuwait lottano per il suffragio, costantemente osteggiate dagli integralisti islamici e dai politici di sesso maschile. Nel 1999 fu presentato all'Assemblea nazionale un decreto emanato dall'emiro per consentire alle donne di votare, ma fu contrastato da un'alleanza di islamici e conservatori e non fu approvato per due voti.
Il governo del primo ministro Sheikh Sabah al Ahmad al Sabah, fratello dell'emiro, ha promesso di attuare una serie di riforme politiche ed economiche in Kuwait, paese ricchissimo di petrolio e alleato degli Usa. Soddisfazione per la proposta di legge sul voto alle donne è stata espressa, tra gli altri, dall'attivista per i diritti femminili, Fatima al Abdali, secondo la quale "l'opposizione a questo progetto costituisce un grave danno all'immagine del Kuwait a livello internazionale" - riferiva nei giorni scorsi l'agenzia di stampa Misna.
Dodici anni fa la coalizione internazionale guidata dagli Usa guidava un attacco contro l'Iraq promettendo la democrazia e l'indipendenza del Kuwait. Oggi, ironia della sorte, l'argomento dei gruppi che si oppongono alla riforma, oltre al rispetto della tradizione islamica, è proprio quello dell'indipendenza della politica del Paese. "Molti accusano infatti lo sceicco Jabir al-Ahmad al-Jabir al-Sabah di farsi dettare i testi e i tempi delle leggi da Washington di cui è alleato fidato da tempo" - conclude Peace Reporter. [GB]