Italia, la “terza via” necessaria: il ritorno della politica

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“Lei è un vecchio inacidito e in malafede indegno di occupare la più alta carica dello Stato. Lei vuole zittire milioni di italiani come ha zittito la Procura di Palermo che aveva trovato le prove delle sue malefatte. Lei ha il pallino di zittire i cittadini che manifestano per la libertà (le ricordo che ha sulla coscienza migliaia di ungheresi trucidati dai russi con il suo consenso morale e politico). Lei per scalzare Berlusconi ha comperato prima Mario Monti con la carica di senatore a vita, facendolo pagare a noi fin che campa. Fallita la missione ci ha riprovato comperando un pezzo della dirigenza Pdl, quello più debole, compromesso e ricattabile. Ha taciuto sulle nefandezze della magistratura, ha venduto il Paese a Stati esteri, Germania in primis. Noi non ci faremo intimidire dalle sue minacce. Lei è un golpista, perché usa il suo potere al servizio della vecchia causa comunista oggi rivista e corretta in salsa lettiana.” Così il direttore de “Il Giornale” Alessandro Sallusti. Per inciso l’ineffabile giornalista ce l’aveva con Napolitano, reo di non avere concesso la grazia a Berlusconi. Per aver tollerato “l’omicidio politico” di Silvio, il Capo dello Stato è un “golpista”. Siamo al ridicolo: si parla di comunisti proprio quando arriva Putin, l’amico di Berlusconi, quando il PD sta per incoronare Segretario Matteo Renzi, quando abbiamo il Governo più democristiano da vent’anni a questa parte.

I toni di Sallusti sono indegni. E cancellano qualsiasi possibilità di legittima critica verso il Presidente Napolitano con cui è sempre lecito dissentire su ogni cosa, basta utilizzare i toni consoni e le argomentazioni adatte. Ma quando si esce da qualsiasi dialettica civile, giungiamo sull’orlo della violenza. Violenza verbale che, prima o poi, diventa istituzionale e quindi reale, concreta.

Unimondo parla poco di politica italiana perché prima vuole guardare al mondo piuttosto che al nostro ombelico. A volte tuttavia è necessario fermarsi ad osservare la situazione del nostro paese, magari cercando di astrarci dal contesto in cui siamo immersi. In qualsiasi democrazia che si rispetti, chi grida al colpo di Stato dovrebbe essere preso molto sul serio. Chi lancia questi allarmi o è un dissidente oppure è egli stesso un eversore. In realtà le parole non hanno più senso, quando c’è di mezzo Berlusconi. Che ha ridotto l’Italia ai margini di qualsiasi democrazia che si rispetti. L’ha resa uno zimbello per mezzo mondo.

Oggi il Senatore Berlusconi, condannato per frode fiscale, dovrebbe decadere. Ha chiamato i suoi a manifestare in piazza. Anche quest’appello è ridicolo, eppure molti, troppi, ci cascano ancora. Così l’evocazione della “prova di forza” diventa pericolosa. Vedremo, vedremo se gli italiani hanno un sussulto.

Sarà l’ultimo atto del Berlusconi politico? Non ci crediamo, perché rimane intatto il suo potere mediatico perché può arrivare una Marina qualsiasi per ricominciare il ciclo. Anche se veramente Berlusconi uscisse di scena, rimarrebbe il berlusconismo che ha contagiato molta parte dell’Italia. Pure la sinistra, pure lo sguaiato distruttivismo di Grillo. È un modo di fare politica basato sull’apparenza. Sulle ricette facili, alla fine inapplicabili. Renzi promette di stravolgere tutto, di cambiare, all’insegna di un laburismo alla Tony Blair – un modello non così raccomandabile.

Eppure avremo davvero bisogno di una “terza via”. Quella fra il populismo di destra e di sinistra, e il tecnicismo di un Mario Monti e di un Enrico Letta, così simile a quel centralismo burocratico che ha fatto allontanare i cittadini dall’Europa. Anche questo modello sta fallendo.

La terza via è il ritorno della politica, da troppo tempo assente in Italia. Il ventennio berlusconiano – con le parentesi troppo brevi di Prodi – ha significato la sospensione della politica. Ritornare a un  progetto condiviso di futuro capace di guardare al mondo. Di stare a proprio agio in Europa. Di dare speranza agli italiani, soprattutto i più giovani.

L’Italia è oggi il paese in cui non si può cambiare nulla. Il declino sembra inarrestabile perché sono le regole di fondo ad essere inadeguate. Ma non, si badi bene, la Costituzione: sono la legge elettorale, le norme sul lavoro, l’amministrazione della giustizia e, diciamolo, una tassazione diseguale ed esasperata che dovrebbero cambiare. Chi avrà la forza per farlo?

Chi cerca di proporre modelli alternativi, dalla pace all’ambiente, rischia di finire ai margini di qualsiasi discussione politica. Forse, ma non ci crediamo, il tramonto di Berlusconi può aprire una fase nuova. A destra non vediamo grandi novità. Grillo non è un personaggio di cui fidarsi. Rimane ancora una volta il PD e il centro sinistra. La svolta vera sarebbe una politica capace di ascoltare il paese, la società civile, le mille reti dell’associazionismo. Che per ora rimane in disparte.

Piergiorgio Cattani

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