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Italia: il Damac per salvaguardare l’Adriatico
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Mentre alcuni sindaci protestano per il completamento della Fano Grosseto dormendo in tenda il presente articolo che riceviamo dalle Marche vuol ricordare Leonardo Polonara, dirigente della regione morto ad inizio estate. Egli era da anni immerso nell’elaborazione di uno studio che passava attraverso la tutela del mare nostrum – l’Adriatico – e la rivoluzione di un approccio alla gestione delle grandi infrastrutture. Il D.a.m.a.c.* (Difesa ambientale del mare Adriatico) è stato portato avanti dal novembre del 2004, sotto la guida di Polonara, per le Marche, e dall’assessore alla pianificazione territoriale della contea di Zara, Nives Kozulic. Con la volontà di perseguire l’obiettivo strategico dello sviluppo sostenibile del sistema terracqueo dell’Adriatico centrale, attraverso la gestione integrata del patrimonio biologico, naturalistico, paesaggistico, sociale ed economico, in partnership con i Paesi transfrontalieri.
Fra i tanti punti attorno ai quali si articola il Damac, quello di maggiore interesse – e sicuramente il più temerario – riguarda quattro interventi chiave nell’area italo-balcanica: 1) riduzione del traffico di navi petroliere (e dunque pericolose); 2) istituzione di corridoi longitudinali delle rotte di separazione; 3) ridistribuzione del traffico su gomma sulle due sponde dell’adriatico; 4) potenziamento della mobilità ferroviaria.
1. Una grande quantità del petrolio che per via navale, transita fra Italia ed ex Jugoslavia per giungere al centro di snodo di Trieste, non viene poi distribuito all’interno di questi due mercati ma prosegue verso nord. Il progetto dunque, consiglia di potenziare ed eventualmente costruire nuovi oleodotti che colleghino direttamente alla rete europea – dove veramente viene smistata la materia prima - le centrali di estrazione del Mar Nero e del Mar Caspio (via Romania, Serbia, Slovenia e Trieste), abbattendo la quantità di petrolio in viaggio sulle nostre acque. E contrastando, di conseguenza, il fenomeno degli scoli illegali di liquidi di sentina in mare aperto e i rischi di collisione fra mezzi e disastro ambientale.
2. Per quanto riguarda invece quelle petroliere che continuerebbero a solcare i nostri mari, il Damac intende istituire corridoi longitudinali quali rotte di separazione. Degli schemi di divisione del traffico che servirebbero per la manovra di avvicinamento e uscita dai porti o da acque ristrette, aumentando la sicurezza e impedendo ogni possibilità di collusione navale.
3. La terza questione è una delle più salienti e punta diritta ad uno degli storici problemi italiani: lo smisurato trasporto su gomma. La costruzione dell’autostrada croata negli anni scorsi, ha già avuto i suoi effetti benefici sull’A14 ed altre arterie. Ma non essendo collegati fra loro il Montenegro, l’Albania e tutta l’area del massiccio delle Alpi albanesi, il sud slavo resta escluso dall’allaccio alla rete continentale. Di qui la necessità di realizzare l’autostrada Igoumenitsa-Valona-Tirana-Bar-Dubrovnik, al fine di permettere lo sviluppo economico dei paesi sopracitati e di collegare pienamente ai corridoi europei la sponda balcanica.
4. Infine, su entrambi i versanti va potenziata la mobilità ferroviaria. Uno scambio veloce delle merci fra i Quadranti Orientali e Occidentali del Mediterraneo, sarebbe implementato investendo nel tratto Durres-Veria o Ploce-Sarajevo, ma soprattutto nello strategico raddoppio della tratta Ancona-Orte-Civitavecchia, attualmente una delle più pericolose di tutta la rete nazionale per via del binario unico. Quest’ultimo intervento permetterebbe di decongestionare parte del traffico di merci e persone dirette verso occidente (Spagna e Portogallo) o viceversa, sottraendolo dall’alto e medio Adriatico.
Parlare del Damac non è solamente l’occasione di puntare i riflettori sull’impegno di alcuni in favore di una salvaguardia totale – habitat e popolazioni - della regione adriatica. Serve anche a denunciare l’ipocrisia che spesso la politica nasconde dietro tali iniziative. Infatti è facilmente ipotizzabile – come sapevano e sanno i coordinatori del progetto – che tutto ciò rimarrà sulla carta. Non solo perché ci troviamo di fronte ad un piano estremamente idealistico e quindi difficile da realizzare.
Di sicuro, la giunta regionale delle Marche, nel 2004, al momento di finanziare e sostenere l’iniziativa, era perfettamente consapevole degli interessi geopolitici più grandi di essa, che gravitano intorno al mondo del petrolio e dei trasporti. Ed era consapevole, visto il ceto socio-economico di cui fa le veci, di non poter alzare un dito di fronte agli scogli futuri.
Ne era consapevole anche Leonardo Polonara, il quale, nonostante tutto, ha svolto il proprio dovere fino alla fine dei suoi giorni, incurante – ma cosciente – del muro di gomma sul quale il Damac si sarebbe schiantato.
Zeno Leoni
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