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Israele: il ritiro e la reazione al sondaggio
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Israele ha deciso di tendere la mano al premier palestinese Abu Ala, intento a dar vita al suo nuovo governo allargato, allentando il blocco militare attorno alle città della Cisgiordania, eccezion fatta per Nablus e Jenin, mentre si moltiplicano le voci di contatti segreti e con la mediazione dell'Egitto per arrivare a una tregua concordata. Fonti della sicurezza hanno riferito che il ministro della Difesa israeliano Shaul Mofaz ha anche deciso di rimuovere una ventina degli oltre cento avamposti collocati nei territori occupati della Cisgiordania. Lo smantellamento degli avamposti - previsto dalla Road map, il progetto di pace del quartetto Usa-Ue-Onu-Russia mai decollato - è stato preannunciato da Mofaz a una settimana dalla clamorosa presa di posizione del capo di stato maggiore, generale Moshe Yaalon, che aveva denunciato il rischio di una "esplosione" nei Territori, se Israele non avesse alleviato le condizioni di vita della popolazione palestinese.
Sul quotidiano Haaretz viene pubblicata la reazione ufficiale da Gerusalemme rispetto al sondaggio d'opinione promosso dalla Commissione europea. Secondo Sharansky, ministro per Gerusalemme e gli affari della diaspora, "bisogna essere europei razzisti per trovare qualcosa di sbagliato nel comportamento di un piccolo stato ebreo che, sotto l'attacco del terrorismo e accerchiato dai nemici, difende i suoi cittadini". I funzionari vedono una connessione diretta fra il drammatico aumento dell'antisemitismo e la frequenza delle immagini di soldati israeliani che sparano contro bambini palestinesi. Le immagini di coloni che mettono su avamposti piantati nel cuore del territorio palestinese enfatizza fra i non ebrei l'identità ebraica degli occupanti.
A fine ottobre, parlando davanti alla commissione Scienza e tecnologia della Knesset (il parlamento israeliano), il ministro per le finanze Benyamin Nethaniahu ha detto che l'economia israeliana sta "retrocedendo" ed è ben lontana dai tassi di crescita degli anni '90. Secondo l'ex primo ministro, la causa di questo declino economico, il più severo dalla fondazione dello stato, è dovuta all'anomala crescita delle spese per il welfare, per il peso delle tasse sulle aziende e per la burocrazia. Secondo alcuni studi, il deficit israeliano, che il governo stima attorno al 4 per cento, potrebbe invece arrivare al 6 per cento entro l'anno prossimo. Nonostante gli aiuti finanziari degli Usa. Perfino il Fondo monetario internazionale, accusa la mancanza di sicurezza e pace come il principale fattore di crisi dell'economia israeliana.
Altre fonti: Clorofilla, Italy Indymedia