Israele-Palestina: gli accordi di Ginevra sulla via della pace

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Quattrocento delegati, tra israeliani e palestinesi, hanno parteciperanno ieri alla firma dell'Iniziativa di Ginevra, l'Accordo di pace non ufficiale per il Medio Oriente firmato alla presenza del ministro degli esteri svizzero Micheline Calmy-Rey e di molte personalità internazionali, tra cui l'ex presidente americano Jimmy Carter e il polacco Lech Walesa. I negoziati hanno coinvolto un consistente numero di importanti personaggi guidati da Yossi Beilin, già ministro nel governo laburista israeliano, e Yasser Abed Rabbo, fino a tempi recenti ministro degli affari di gabinetto dell'autorità palestinese e uno dei maggiori rappresentanti nei passati colloqui ufficiali.

Secondo vari commentatori, gli Accordi di Ginevra rappresentano fino ad oggi il documento più avanzato sul quale si è trovato un accordo tra politici palestinesi e israeliani di alto livello.

L'Accordo "per uno status permanente" intende infatti "porre fine a un'era di conflitti e dare inizio a una nuova era basata sulla pace, la cooperazione e delle buone relazioni di vicinato tra le parti" attraverso il riconoscimento repicroco delle parti: "Lo Stato di Israele riconoscerà lo Stato palestinese. Lo Stato palestinese riconoscerà immediatamente lo Stato di Israele" - si legge nell'Accordo. L'iniziativa prevede che Israele ceda la maggior parte delle zone della Cisgiordania occupate, mentre per le restanti dovrà dare in cambio pari porzioni di territorio nella zona del Neghev. Inoltre, si afferma che la sovranità su Gerusalemme sia condivisa e si chiede ai palestinesi di rinunciare al diritto al ritorno dei 3,8 milioni di profughi. Rimane inoltre controversa l'intezione dell'Accordo di "sostituire e rimpiazzare tutte le precedenti risoluzioni dell'Onu sul conflitto in Palestina comprese quelle riguardanti i rifugiati e tutti i precedenti accordi" e di "sostituire anche tutti i precedenti accordi". Il premier israeliano Ariel Sharon ha infatti più volte dichiarato che l'unico percorso riconosciuto dal suo governo è quello della "Road map" elaborata dal quartetto di Madrid (Usa, Ue, Onu e Russia).

Nonostante le critiche del governo israeliano e le ambigue reazioni palestinesi, l'Accordo firmato ieri a Ginevra sembra comunque sortire i primi risultati positivi: USA e UE intendono riavviare i negoziati israelo-palestinesi e i firmatari dell'Accordo saranno probabilmente a Washington nei prossimi giorni per incontrare il segretario di Stato Usa Colin Powell. Ma già si sono fatte sentire le rimostranze del governo israeliano anche a questa iniziativa statunitense: il vice di Sharon, il ministro Ehud Olmert che spesso annuncia le posizioni del Premier israeliano, ha commentato ai giornalli isrealiani che Powell "sta commettendo un errore" e che "l'iniziativa non è utile al processo di pace".

Positivo, invece, il commento del direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente (Cipmo) Janiki Cingoli che in un'intervista sottolinea che "gli Accordi di Ginevra sono un punto di arrivo che potrebbe agevolare il cammino sulla strada della pace". Cingoli individua due linee di intervento sulle quali insistere: quella "ufficiale" della Road map, e quella "ufficiosa" e "non rappresentativa della linea del governo Sharon" degli Accordi di Ginevra. "La Road Map - dice - costituisce un percorso, gli Accordi di Ginevra sono un punto di arrivo. E Israele non potrà non tenere in conto il loro riconoscimento da parte della comunità internazionale". [GB]

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