Israele-Palestina: Nella nostra impotenza, questo possiamo fare

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Due giorni dopo il nostro ritorno dalla Palestina, dove ci siamo recati per seguire un progetto della comunità trentina, è di nuovo scoppiato l'inferno a Gaza. Basta un breve soggiorno in Cisgiordania, dove peraltro la situazione è più "normale", per respirare l’aria di paura e di disperazione che vi regna. La gente palestinese resiste da decenni all’occupazione, alla segregazione, all’esproprio di terre, alla mancanza di libertà e dei diritti più elementari. Il muro la stringe sempre più in una morsa.

La terra viene confiscata, rubata dagli insediamenti sempre più numerosi, dalla ragnatela di strade riservate agli israeliani, dai checkpoint che controllano anche i confini interni zone A, B, C (zone palestinesi, a controllo misto, territori ad esclusivo controllo israeliano). Non esiste la libertà di muoversi da una zona all'altra; serve un permesso rilasciato dai militari, ma anche con il permesso si può essere fermati ad uno degli infiniti checkpoint; e così si perde il lavoro, non si può andare a scuola, non si può raggiungere l'ospedale.Senza un’unità territoriale non rimane nemmeno la speranza di costituire in un futuro uno stato palestinese.

La violenza è da condannare da una parte e dall’altra. Ma certo non si può pretendere sicurezza seminando disperazione, occupando territori altrui, umiliando i palestinesi e costringendoli a vivere in condizioni di occupazione e di apartheid permanenti. E tutto questo nell’assoluta indifferenza della comunità internazionale.

Di fronte alla nuova fase di violenza a Gaza ed all’attacco militare israeliano, ci ritroviamo senza parole. In bilico tra l’esigenza di intervenire per dire la nostra rabbia e la nostra tristezza e la constatazione dell’inutilità di ogni voce. Quante manifestazioni e quante marce abbiamo fatto per la Palestina? Quanti interventi – mai pubblicati – abbiamo mandato alla stampa? Quante iniziative per far conoscere la situazione tanto complessa e intricata, quanto poco spiegata e raccontata nella sua realtà?

Una cosa è certa. Non servono le manifestazioni di parte. Agli israeliani ed ai palestinesi – come diceva Luigi Sandri nel suo testo "Gerusalemme, città santa e lacerata" – non servono degli amici che siano tanto più amici degli uni, quanto più nemici degli altri. L’unilateralismo non aiuta a risolvere alcunché. Come peraltro le manifestazioni di parte, che polarizzano solo chi si schiera contro qualcuno e qualcosa.

Proprio le manifestazioni che si sono svolte in Trentino come in Italia ed in Europa, fanno capire che l’occidente non è pronto ad affrontare seriamente la questione mediorientale. E come potrebbe, se manca un’informazione corretta ed approfondita, se tutto quanto accade subisce la deformazione delle ideologie e delle parti. Siamo convinti che si debba lavorare per, non contro. Per la pace e la giustizia, la libertà e i diritti di tutti per tutti, non contro una o l’altra parte.

Non si tratta di essere indifferenti alle differenze, di non avere un’idea precisa; si tratta di mantenere una posizione di equiprossimità, una solidarietà critica che possa aiutare gli uni e gli altri a mantenere aperto il dialogo. Qui, come là. Solo un atteggiamento di mediazione può aiutare la comunicazione. Ed allora le parole vanno ancora più soppesate e pensate. Per non contribuire, qui e là, al conflitto, per non alimentare lo scontro.

Il nostro appello è quindi questo. La guerra, l’aggressione armata non risolvono nulla, anzi potenziano le rabbie e gli estremismi, da una parte e dall’altra.Va finalmente affrontato con decisione e pacatezza il problema storico della convivenza sulla stessa terra di due popoli. Vanno riconosciute le sofferenze di entrambi i popoli e le ingiustizie, passate e presenti. Vanno riconosciuti i diritti fondamentali di ogni persona che abita Israele e la Palestina (che sta scomparendo a poco a poco dalle cartine geografiche).

Poco noi possiamo fare. Ma almeno questo lo dobbiamo fare. Informarci, sapere cosa accade veramente, ribadire il diritto di tutti ad una vita dignitosa ed in pace. Mantenere rapporti di amicizia con entrambe le parti, ma allo stesso tempo denunciare con forza le ingiustizie, la sopraffazione, le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale.

Ma restare terzi. Nella nostra impotenza, questo possiamo fare.

Associazione "Pace per Gerusalemme – Il Trentino e la Palestina onlus"

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