Iraq: la violenza genera violenza. Via i militari dall'Iraq

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L'orribile attentato alla moschea di Najaf, nel quale hanno perso la vita tante persone inermi, conferma purtroppo la previsione che la guerra all'Iraq non avrebbe portato "pace, democrazia e benessere", ma ulteriore violenza e sofferenza. A tre mesi dall'occupazione, oltre a continuare a restare senza lavoro, e, spesso, senz'acqua e senza elettricità la gente dell'Iraq vive in una situazione di grave e generale insicurezza ed assiste oggi a segnali che possono essere di incipiente guerra civile.

In assenza di un processo politico condiviso dagli iracheni si fa strada la violenza che può impedire un movimento pacifico e di massa per l'autodeterminazione che veda protagonista la gente. A tutte le vittime di questa situazione va la nostra solidarietà, dalle vittime degli attentati, a quelle della delinquenza, a coloro che continuano a morire di fame e malattia.

E' necessario innanzitutto che gli eserciti lascino il paese e che si avvii un processo di autodeterminazione che potrà essere garantito dall'Onu nella misura in cui sia guidato dalle forze politiche irachene. L'Italia deve fare la sua parte innazitutto ritirando i soldati prima che divengano bersagli in una guerra che il popolo italiano non ha voluto.

Un ponte per..., insieme alle organizazioni del "Tavolo di solidarietà con le popolazioni dell'Iraq" è impegnata oggi a Baghdad e a Bassora per ridare acqua alla gente in una situazione di sempre maggior pericolo per i propri volontari. Continueremo il nostro compito a finaco della popolazione augurandoci che l'escalation di violenza non ci costringa a lasciare il paese.

Un Ponte per invita a firmare la petizione del "Tavolo di solidarietà con le popolazioi dell'Iraq" per il ritiro dei soldati italiani dall'Iraq su www.tavoloiraq.org/petizione.asp

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