Iran: “un accordo storico e scomodo”. Intervista ad Alberto Negri

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In occasione del foro di dialogo italo-russo abbiamo intervistato il giornalista de Il Sole 24 ore per sapere cosa pensa dell’accordo sul nucleare iraniano raggiunto a Ginevra ad inizio settimana e sulle conseguenze che questo avrà in ambito di geopolitica regionale.

Quali saranno le prime conseguenze effettive dell’accordo siglato a Ginevra?

Innanzitutto bisogna vedere quali saranno le prime vittime di questo accordo, i palestinesi ad esempio. Israele ha infatti già deciso di dare il via a 900 insediamenti come forma di ritorsione. Questo è un gesto che ci dimostra come gli effetti dell’accordo vadano valutati nel lungo termine, aspettando prima di tutto che siano trascorsi i primi 6 mesi (accordi ad interim) ed osservando in questo lasso di tempo come si comporterà Teheran. L’Iran e gli Stati Uniti rispetteranno i termini dell’accordo? In caso positivo allora sì che potremmo realmente vedere quello scramble for middle east di cui peraltro facevo già prima cenno durante i lavori del Foro.

Io credo che le conseguenze potrebbero già manifestarsi all’interno del quadrante afghano, nel 2014, con il ritiro parziale delle truppe della Nato: sappiamo bene come sia forte l’influenza iraniana in quella regione. Ed ovviamente anche in Siria dove, considerando questa normalizzazione iraniana, potrebbe essere più facile per la Russia inserire Teheran all’interno delle future negoziazioni e conferenze internazionali. Per non parlare, ovviamente, del Libano. Chiaramente questo nuovo equilibrio preoccupa non poco Israele ed Arabia Saudita, due realtà che ben hanno compreso come il ruolo che si prospetta per l’Iran finirà con il danneggiare la loro attuale posizione.

Quante possibilità ci sono che le tensioni presenti all’interno degli scenari che lei ha appena menzionato (Afghanistan, Siria, Libano) facciano fallire l’accordo appena raggiunto?

Ci sono naturalmente delle possibilità, anche assolutamente imprevedibili. Chi poteva prevedere che alla vigilia del negoziato di Ginevra potesse esserci un attentato presso l’ambasciata iraniana di Beirut? Possiamo tuttavia affermare che gli ostacoli maggiori all’implementazione dell’accordo si trovano sul fronte interno e sono rappresentati - per gli Stati Uniti - dalla presenza della lobby israeliana all’interno del congresso e - per l’Iran - da quelle discussioni che si possono creare fra il governo di Rohani e l’ala dura delle guardie rivoluzionarie, dei conservatori, che sono del tutto contrari al “compromesso storico” con l’Occidente...

Ed Israele ed Arabia Saudita cosa faranno?

Immagino che quella israeliana sia una situazione decisamente più complicata essendoci i negoziati palestinesi in atto e considerando che, nonostante tutto, i rapporti fra Israele e gli stati Uniti non verranno mai sciolti e resteranno sempre molto forti. Certo anche l’Arabia Saudita avrà i suoi problemi, considerando che si troverà a brevissimo giro a decidere in merito alla successione del monarca e considerando la forte presenza di minoranze sciite nella regione del Golfo. Possiamo dunque immaginare quanti problemi potrebbe causare alle petromonarchie un ritorno a pieno titolo dell’Iran all’interno della comunità internazionale. Una prima cartina di tornasole per l’Arabia Saudita potrebbe essere la Siria....

L’attentato di Beirut va dunque letto in quest’ottica?

Ritengo quello di Beirut un attentato strettamente connesso alle dinamiche della Siria, alla profonda contrapposizione fra sunniti e sciiti che ormai si è travasata in Libano, che non dimentichiamolo è stato per anni campo di battaglia di una lunghissima guerra civile che ha coinvolto moltissimi altri attori, come cristiani e palestinesi, e dove ormai oggi il confronto fra sunniti e sciiti ha raggiunto toni esasperati.

Lei ha più volte menzionato i palestinesi. Sembra proprio che dal 2011 in avanti la “questione palestinese” sia scivolata in fondo alle agende delle diplomazie internazionali e che il recente accordo sul nucleare finisca addirittura con il danneggiare la loro posizione.

Certamente Israele troverà qualche appiglio da questa ultima situazione per portare avanti le proprie politiche e, del resto, abbiamo appena citato i nuovi 900 insediamenti che verranno costruiti. Quanto alla questione palestinese in generale, Kerry e tutta la diplomazia statunitense hanno puntato molto sulla quadra di questo negoziato. Un negoziato che apre scenari inediti.

Che influenza avrà l’Iran su Hamas, quali saranno le conseguenze all’interno del campo palestinese in Siria (ricordiamo i fatti di Yarmuk dove fazioni palestinesi si sono scontrate fra filo-Assad e sostenitori della ribellione) e quale sarà inoltre la posizione dei 400 mila profughi palestinesi in Libano. L’impressione generale è che, qualora non venga risolta nell’ambito del negoziato bilaterale da Israele e Stati Uniti, la questione palestinese tornerà in qualche modo ad internazionalizzarsi.

Marco Di Donato

Fonte: osservatorioiraq.it         

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