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Integrazione, coesione, senso di appartenenza
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Chi si è interessato al dibattito sull’amministrazione condivisa dei beni comuni, anche attraverso i vari articoli pubblicati da Unimondo, sa che l’ipotesi è la seguente: attraverso la collaborazione tra istituzioni pubbliche, cittadini ed enti del terzo settore si possono affrontare le sfide più complesse della democrazia. Una possibilità che valorizza la cittadinanza attiva di individui e comunità e che si basa sull’applicazione effettiva del principio di sussidiarietà orizzontale, previsto dall’art. 118 della Costituzione Italiana, detto anche di sussidiarietà sociale e che prevede che Stato, Regioni ed Enti locali debbano favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, valorizzando quelle forme di organizzazione spontanea della società civile per la gestione dei servizi da offrire alla cittadinanza.
Un principio che ha visto molte sperimentazioni. Dal 2014 ad oggi, infatti, più di 150 Comuni, grandi e piccoli, al Nord come al Sud, hanno attivato dei Patti per l’amministrazione condivisa dei beni comuni: strumenti normativi promossi dall’associazione Labsus - Laboratorio per la sussidiarietà di cui i Comuni si possono dotare per formalizzare meccanismi e pratiche di partecipazione con le rispettive cittadinanze. Le esperienze sono delle più varie: dalla cura dei sentieri montani, alla gestione del verde pubblico, alla creazione di sistemi di welfare per supportare le donne braccianti agricole e tanti altri casi.
Nel 2017-2018 Labsus fa il punto sulle varie tipologie di impatto che la gestione dei beni comuni ha avuto nella società, oltre a quello immediatamente visibile relativo alla fornitura di un servizio specifico.
In primo luogo l’amministrazione condivisa rafforza i legami di comunità, come dimostrano le varie esperienze realizzate: integrazione, coesione, senso di appartenenza sono tutti effetti “collaterali” che scaturiscono quando i cittadini prendono in mano il territorio come atto di condivisione di responsabilità con l’istituzione. Come scrive Gregorio Arena, presidente di Labsus– Laboratorio per la sussidiarietà:«Prendersi cura dei beni comuni del proprio quartiere insieme con i vicini e gli amici aiuta le persone ad uscire dalla solitudine, a sentirsi parte di una comunità, a valorizzare le competenze nascoste. Nel caso delle persone in difficoltà, partecipare alla cura dei beni comuni insieme con gli altri abitanti del quartiere è un modo per restituire loro identità e dignità, mostrando con i fatti che anche queste persone, come tutti, sono portatrici non solo di bisogni ma anche di capacità».
In base all’analisi di Labsus esiste poi un effetto “creativo” prodotto dalla cura condivisa dei beni comuni, con una crescita progressiva della partecipazione delle persone e della collettività che accompagna la trasformazione sociale. E si sottolinea ancora come tale pratica acquisti un valore politico, diventando uno dei modi con cui cittadini sempre più lontani dalla politica e dalle istituzioni fanno vivere lo spazio pubblico con la stessa attenzione che si dedica allo spazio privato. In tal senso, il presidente di Labsus rimarca: «Il lavoro di cura locale sul territorio è la precondizione per la sopravvivenza dell’intero sistema economico, sociale e politico costruito dalla civiltà umana. Occorre quindi reinserire tra i parametri economici correnti il valoreche la gratuitàdel gesto di curapossiede all’interno della società».
Infatti, le pratiche di sussidiarietà orizzontale sono in grado di riattivare ulteriori beni comuni, vale a dire le competenze nascoste, le motivazioni, le capacità individuali e relazionali, la fiducia: beni cognitivi “invisibili” che arricchiscono larelazione tra amministrazione pubblica e cittadino: «Le tantissime esperienze che in questi anni Labsus ha raccontato, le testimonianze di chi le ha vissute da protagonista, la realtà oggettiva dei beni che sono divenuti “comuni” grazie alla pratica condivisa, rivelano uno scenario tutt’altro che banale, composto dall’innesco di alleanze inedite, dall’emersione di energie latenti, dall’assunzione di responsabilità collettive. La cura condivisa dei beni comuni è una vera e propria palestra di apprendimento civico, come dimostrano le pareti di una scuola elementare che rimangono pulite più a lungo perché i bambini stessi hanno contribuito a dipingerle» racconta ancora Gregorio Arena.
Recentemente, nel mese di maggio 2018 anche il Comune di Latina ha scelto di percorrere questa strada. L’assessore alle Politiche giovanili e Partecipazione Cristina Leggio afferma: «Amministrare e vivere in una città assumendo come principio di riferimento il bene comune vuol dire avere la capacità di immaginare lo spazio cittadino, lo spazio culturale, le relazioni, l’impegno civico e politico sgomberandoli da cancelli, barriere, inciampi, ostacoli, diffidenze che ostano la possibilità di condividere. Vuol dire avere occhi aperti e curiosi, tenere presente che tutto quello che ci troviamo ad amministrare e condividere non è mio e non è tuo, ma è utile al benessere collettivo. Non occorre guardare lontano per cogliere i molteplici effetti generativi dell’amministrazione condivisa sull’affermazione di un nuovo modo di governare e di essere cittadini, sull’emotività collettiva, sulla bellezza della città».
Passa quindi da qui lo sviluppo sostenibile e la crescita armoniosa della società: con istituzioni e cittadini pronti per iniziare a scrivere nuovi racconti, un tessuto di storie, di impegno e di trasparenza per il bene di tutti. Per i beni comuni.
Lia Curcio

Sono da sempre interessata alle questioni globali, amo viaggiare e conoscere culture diverse, mi appassionano le persone e le loro storie di vita in Italia e nel mondo. Parallelamente, mi occupo di progettazione in ambito educativo, interculturale e di sviluppo umano. Credo che i media abbiano una grande responsabilità culturale nel fare informazione e per questo ho scelto Unimondo: mi piacerebbe instillare curiosità, intuizioni e domande oltre il racconto, spesso stereotipato, del mondo di oggi.