Indonesia: Ong Usa chiedono l'embargo per le brutalità in Aceh

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Centinaia di morti tra i civili e i gruppi indipendentisti, censura totale dei mezzi di informazione da parte del governo indonesiano nella lotta ai gruppi indipendentisti del Free Aceh Movement (GAM) che adesso minaccia di diffondersi nelle città.
Di fronte alle brutalità commesse dall'esercito indonesiano, una novantina di gruppi della società civile statunitense hanno lanciato un appello chiedendo l'embargo di armi verso il governo di Jakarta.

Più di un mese è passato dall'invio di ingenti forze militari indonesiane per trovare una "soluzione" al problema acehense. Per il momento le operazioni militari procedono a rilento anche se ogni giorno vi sono notizie di stragi da parte dell'esercito indonesiano in gran parte di civili.

Dopo i ripetuti appelli e moniti provenienti da ASEAN, USA e UE l'esercito indonesiano si appresterebbe a pattugliare il territorio alla ricerca dei guerriglieri soprattutto di notte. Questo per evitare l'uccisione di civili inermi: alcune fonti parlano di 170 civili uccisi dall'inizio dell'azione.

Nell'ultimo mese inoltre sono state bruciate 500 scuole e,
nella regione di Bireuen dove il GAM è tradizionalmente molto presente, l'80% degli edifici scolastici è andato in fumo e ci si interroga su quale tattica militare si possa nascondere dietro questi strategici "obiettivi militari".

Intanto continua la censura ferrea dell'esercito indonesiano sui mezzi di informazione secondo Reporters sans Frontieres alcuni giorni addietro è stato ritrovato presso Banda Aceh (la capitale della provincia) il corpo senza vita di Mohamad Jamaluddin, cameraman della televisione pubblica TVRI.

Di fronte alle ripetute violazioni dei diritti umani e alle brutalità dell'esercito indonesiano commesse anche nei confronti dei civili e alle armi impiegate nei combattimenti, una novantina di organizzazioni della società civile e delle chiese statunitensi hanno lanciato un appello per l'embargo di armi verso il governo di Jakarta.

Fonti: Lettera 22, Warnews, Oneworld.net, Human Right Watch

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