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In Lombardia, mais transgenico su 70 ettari
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Il mais transgenico non viene coltivato (e ora distrutto per ordine della Regione) solo in Piemonte: spunta anche nella Bassa bresciana. Per ora sarebbero circa 70 gli ettari coltivati utilizzando sementi geneticamente modificate. Ma si parla di 300 ettari sotto osservazione." Si tratta di circa una decina di "piò" bresciani nella zona di Trenzano (il paese dal quale è partito l'allarme), e di altri 220 tra Chiari, Pontoglio e Palazzolo", conferma Francesco Ferrari, presidente della Coldiretti di Brescia.
Un fatto per niente secondario: la legge italiana è infatti chiara al proposito, e vieta la coltivazione di sementi transgeniche anche se presentano tracce bassissime di ogm (l'ipotesi per i campi bresciani è dello 0.1 per cento, la percentuale trovata nelle pannocchie piemontesi era dello 0.15). Che fare? distruggere il raccolto così come ha ordinato Enzo Ghigo, governatore della Regione Piemonte? La situazione è in via di definizione. L'Asl e la vicepresidente della Regione Lombardia, nonchè assessore regionale all'Agricoltura, Viviana Beccalossi, chiedono tempo. "Posso solo dire che sta indagando l'Asl - commenta telegraficamente la Beccalossi -, quando avremo un quadro esatto della situazione decideremo il da farsi". Dal Consorzio agrario di Trenzano preferiscono non commentare ciò che sta succedendo, mentre il sindaco Vito Bracca, in questi giorni in ferie, dichiara di essere all'oscuro di tutto: "Appena rientrerò in paese approfondirò la situazione". Le coltivazioni in questione (di qualità "D12") servono alla produzione di mais da granella, per lo più di secondo raccolto (previsto per fine agosto-inizio settembre): esistono quindi margini di tempo abbastanza ampi per decidere. Intanto, ieri, una riunione della direzione generale della Sanità della Regione alla quale ha partecipato anche l'Asl di Brescia doveva decidere la linea di condotta. "Siamo in attesa di indicazioni su come muoverci - conferma Carmelo Scarcella, direttore generale dell'Asl di Brescia -.
L'Azienda sanitaria, attraverso i tecnici del Distretto 7 di Chiari, ha effettuato controlli sulle sementi, ma per ora non sono ancora state fatte indagini sul terreno". Una cosa è certa: ogni decisione sulla eventuale distruzione dei campi in questione spetterà solo alla Regione Lombardia. "La colpa non è di certo degli agricoltori - fanno sapere dalla Coldiretti di Brescia -. Loro acquistano sacchi di sementi dai consorzi e dai sementifici senza poter sapere se contengono tracce di organismi geneticamente modificati. Meglio chiarire un concetto: in Italia non esiste un mercato nero di sementi ogm, ma sementi convenzionali con tracce di interventi genetici". Come funziona la distribuzione? I consorzi acquistano le sementi dalle case produttrici, le uniche che, a rigor di logica, possono conoscere l'esistenza (e l'effettiva percentuale) di materiale modificato nei prodotti. La quasi totalità delle sementi vendute in Italia sono di importazione americana; l'80 per cento ha marchio Pioneer, poi seguono la Monsanto, la Asrow e la Dekal. E dopo i ritrovamenti di mais transgenico in Piemonte, infatti, gli avvisi di garanzia sono stati spediti dalla magistratura solo ai dirigenti delle multinazionali produttrici. Gli agricoltori bresciani non incapperebbero in nessuna eventuale noia con la giustizia.
La posizione delle associazioni di categoria è chiara: per la Coldiretti di Brescia vige la "tolleranza zero"; più morbide quelle dell'Unione agricoltori e della Cia (Confederazione italiana agricoltori). Altri pareri? Secondo l'Ais, l'Associazione delle aziende sementiere, "è riconosciuto che la purezza assoluta non è raggiungibile nei sistemi biologici, in quanto tutte le varietà sono soggette allo scambio genetico attraverso l'impollinazione incrociata". Ma è anche vero che se la percentuale di un seme ogm è "solo" dello 0.1 per cento, il polline disperso dalla pianta che lo stesso seme genera rischia di contaminare anche colture "sane" che si trovano nelle vicinanze. Proprio per questo la Commissione europea sta definendo una proposta per modificare la normativa in fatto di colture transgeniche: oltre alle coltivazioni sperimentali (già attive in Italia) l'apertura agli ogm potrebbe essere concepita per "aree agricole omogenee". Nei giorni scorsi, il ministro per le Politiche agricole Gianni Alemanno aveva dichiarato di essere certo "che i produttori italiani sceglieranno in larghissima maggioranza di non utilizzare prodotti biotech, preferendo produzioni tradizionali e di qualità". Ma sarebbero necessari anche parametri precisi sulla percentuale ogm consentita, e controlli più severi.
Fonte: Bresciaoggi