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Immigrati: sono il 6,4% della forza lavoro, Unhcr chiede di 'garantire accesso'
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Mentre la Lega Nord con un emendamento al Decreto legge "anticrisi" propone di introdurre una tassa di 50 euro per il rilascio o il rinnovo dei permessi di soggiorno agli stranieri - provvedimento definito dal Presidente della Camera, Gianfranco Fini, una norma "oggettivamente discriminatoria nei confronti dei lavoratori stranieri regolarmente presenti sul territorio nazionale" - l'Istat ha reso noto ieri che gli immigrati costituiscono il 6,4% della forza lavoro in Italia e il 15% degli stranieri (cittadini Ue e non Ue) occupati in Italia ha un lavoro indipendente.
Il volume "Gli stranieri nel mercato del lavoro", pubblicato ieri dall'Istat con dati del 2006 spiega che "l'articolazione delle posizioni autonome degli stranieri si distingue da quella degli italiani: più lavoratori in proprio che svolgono anche lavoro manuale e meno imprenditori. In particolare, gli indipendenti si concentrano nelle attività artigianali e commerciali come pure nel settore delle costruzioni". Tra gli stranieri non comunitari la posizione lavorativa autonoma prevale per i cinesi: 6 occupati su 10 sono lavoratori in proprio. Tra gli stranieri 6 occupati ogni 10 sono uomini, un'incidenza simile a quella registrata tra gli italiani. Sotto il profilo territoriale, poco meno dei due terzi dell'occupazione straniera si concentra nel Nord, un quarto nel Centro e circa il 10% nel Mezzogiorno. In particolare, in sole sei regioni del Centro-nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio) si localizza quasi l'80% del lavoro degli stranieri. In Italia, circa la metà degli occupati provengono da cinque Paesi: Albania, Romania, Ucraina, Marocco, Filippine. Infine, il 37,5% degli occupati stranieri risiede qui da 6 a 10 anni.
Per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro, i cittadini stranieri che dichiarano di aver subito un infortunio sono circa 88 mila pari al 5,4% della popolazione straniera, percentuale più alta rispetto a quella della componente italiana, pari al 3,6%. Le caratteristiche degli infortunati stranieri si discostano da quelle della popolazione italiana su più fronti - spiega l'Istat: è maggiorre la componente maschile, mentre circa tre quarti si concentrano nelle fasce di età centrali (tra i 25 e i 34 anni e tra 35 e i 44 anni). Nel secondo trimestre 2007 oltre il 70% degli stranieri sono operai o svolgono lavori non qualificati e la loro presenza nei settori manifatturieri e delle costruzioni è, in proporzione, più alta di quella italiana.
Intanto l'osservatorio Fortezza Europa segnala che almeno 1502 migranti sono morti nel 2008 cercando rifugio in Europa. Il 23% in meno rispetto al 2007, ma non in Sicilia, dove le vittime sono passate dalle 556 del 2007 alle 642 del 2008, in linea con il netto aumento degli arrivi: +80%. In un anno 216 morti nello stretto di Gibilterra, 136 alle Canarie e 181 nel mar Egeo, tra Turchia e Grecia. Oltre ai 1.235 morti del Mediterraneo, 267 vittime nel deserto, sotto i camion, nei traghetti dell'Adriatico, sotto gli spari della polizia e sui campi minati greci. Nessuno comunque è in grado di conoscere il numero di naufragi "fantasma" sfuggiti alla cronaca ma non ai pescatori del Canale di Sicilia, che continuano a pescare resti umani nelle reti, specialmente in prossimità delle coste libiche. Oltre alla Sicilia gli sbarchi aumentano anche in Grecia, sulle rotte che dalla Turchia attraversano l’Egeo. Dai 4.000 arrivi registrati nel 2006 si è passati agli oltre 10.000 del 2007 e il dato è in aumento anche per il 2008.
L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati - Unhcr ha chiesto ai Ministri degli Interni di Cipro, Grecia, Italia e Malta che si incontreranno martedì prossimo a Roma di "garantire accesso al territorio e a procedure corrette nell’esame delle loro richieste". "Durante il 2008 si stima che su oltre 67mila persone arrivate in Europa via mare, circa 36mila siano sbarcate in Italia e 2.700 a Malta, la maggior parte attraverso la Libia. Di questi, una grande maggioranza ha fatto richiesta di asilo e più della metà ha ottenuto una forma di protezione" - riporta l'Unhcr. Date le limitate possibilità di entrare nell’Unione Europea attraverso vie legali, migliaia di persone, minacciate da persecuzioni e gravi violazioni dei diritti umani nei loro paesi d’origine, non hanno altra scelta che affrontare il rischioso viaggio via mare. "Questo mette in risalto la necessità assoluta di garantire che gli accordi fra Stati e le misure di contrasto e di controllo delle aree di frontiera non chiudano l’accesso alla salvezza per coloro che cercano protezione nell’Unione Europea" - sottolinea la nota dell'Unhcr.
L’Unhcr "apprezza gli sforzi effettuati dagli stati mediterranei per salvare le persone in pericolo in mare e riconosce inoltre che tali arrivi costituiscono un rilevante onere economico per le risorse dei paesi di approdo". "Ciò nonostante ai richiedenti asilo deve essere permesso di sbarcare in un posto sicuro dove possano ricevere informazioni sui loro diritti e avere una reale opportunità di formulare una domanda di asilo che venga valutata in base ad una procedura equa. Rimandare indietro i rifugiati in paesi dove non possono ottenere un’effettiva protezione, potrebbe rappresentare una violazione degli obblighi internazionali presi dagli Stati di rispettare il principio del non-refoulement (non respingimento)" - sottolinea l'Unhcr. Analizzando i dati degli arrivi che mostrano che molti di coloro arrivati via mare nel 2008 provengono da paesi in guerra come Somalia ed Eritrea - l'Unhcr conclude ribadendo che "il Mar Mediterraneo è decisamente una "via dell’asilo" per molte persone che fuggono da violenze, guerre e persecuzioni". [GB]