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Il fronte interno di Trump: economia e giustizia
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Foto: Wikipedia, Borsa di Wall Street
Dopo poco più di tre mesi dal suo insediamento, che risultati sta ottenendo Donald Trump, e in che condizioni si trovano gli Stati uniti? Nella confusione generale causata dalla sua gestione umorale della prima potenza mondiale il quadro è inquietante
di Maurizio Sacchi
Partiamo dall’economia. Il Fondo Monetario Internazionale prevede che la produzione statunitense rallenterà la sua crescita all’1,8 percento nel 2025, in calo rispetto al 2,8 dell’anno scorso. Si tratta di quasi un punto percentuale in meno rispetto alla crescita del 2,7 stimata dal Fondo Monetario Internazionale.per gli Stati Uniti a gennaio. Le previsioni del FMI chiariscono inoltre che i dazi potrebbero complicare gli sforzi per contenere l’inflazione. Il fondo ha alzato le sue previsioni di inflazione per gli Stati Uniti dal 2 percento di quest’anno a 3 punti percentuali. Anche le previsioni di crescita in Cina ed Europa sono state riviste al ribasso, ma il FMI ha suggerito che il sostegno fiscale da parte dei rispettivi governi potrebbe contribuire ad attutire l’impatto dei dazi.
Queste proiezioni sono state pubblicate martedì dal Fondo Monetario Internazionale, in seguito alla decisione di Trump di aumentare i dazi a livelli mai visti dalla Grande Depressione. Il rapporto, il World Economic Outlook, prevede che la crescita della produzione globale, ovvero del Pianeta, rallenterà al 2,8 quest’anno, dal 3,3 del 2024. Anche il Fondo Monetario Internazionale prevede che la produzione sarà più lenta il prossimo anno rispetto a quanto previsto in precedenza. L’approccio di Trump ha creato un’incertezza paralizzante per le aziende statunitensi che esportano prodotti all’estero o dipendono da input esteri per i loro prodotti, frenando la produzione proprio mentre le economie di tutto il mondo si stavano stabilizzando dopo anni di inflazione paralizzante. Cina e Canada hanno già reagito ai dazi di Trump con le proprie barriere commerciali, e l’Unione Europea si è dichiarata pronta ad aumentare le imposte se gli Stati Uniti procederanno con la loro prevista imposta del 20 percento.
Per quanto riguarda Wall street, anche la ripresa parziale di mercoledì è stata alimentata non da fatti concreti, ma da dichiarazioni improvvisate del presidente Trump e di altri funzionari, che avevano fatto trapelare voci su una possibile sospensione unilaterale, da parte degli Usa, dei dazi alla Cina, ma dopo che il Segretario al Tesoro Scott Bessent ha smentito le speculazioni anche questo sprazzo di ottimismo é destinato a svanire. In realtà, fino ad ora le dichiarazioni ottimiste della Casa bianca sono sempre state rilasciate durante i giorni di apertura delle borse, e proprio in occasione dei crolli recenti, con l’intento evidente di far rilanciare le quotazioni. e forse perfino di favorire speculatori vicini alla cerchia del Presidente, con la conseguente accusa di inside trading.
Le drastiche oscillazioni di Wall Street di questa settimana – una forte svendita lunedì, seguita da due forti rialzi giornalieri evidenziano comunque una fibrillazione degli investitori,disorientati da queste montagne russe. L’ indice S&P 500, che aveva guadagnato fino al 3 percento nelle prime contrattazioni, si è attestato su un guadagno di circa il 2%. Steve Sosnick, capo stratega di Interactive Brokers ha commentato che gli investitori sono sempre ingolositi da un rally, ovvero un brusco rialzo dei titoli, ma “ (…) la differenza nell’attuale contesto di mercato è che è guidato fondamentalmente dalle decisioni di una sola persona”. Una parte “enorme” della volatilità, ha affermato, “è strettamente il risultato di decisioni politiche, e le stiamo vedendo modificate in tempo reale”. Nonostante il rally di questa settimana, l’S&P 500 si attesta a circa il 10% in meno rispetto al livello del 20 gennaio, quando Trump è entrato in carica. “Tutta questa crisi è stata provocata da un solo uomo”, ha affermato Sosnick. Per il momento non si sono ancora registrate crisi nelle vendite delle obbligazioni a stelle e strisce, ovvero i titoli di Stato, che sono la principale fonte di finanziamento dell’apparato statale di Washington, ma se tutti questi indicatori negativi si protrarranno nel tempo, anche gli effetti di lunga durata si fanno sentire. E quanto la base elettorale di Trump sarà disposta a seguire la propaganda, invece di registrare i danni che la colpiranno é da vedere...