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Il business che fa bene alla comunità
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Foto: Habitech
Coniugare l’interesse economico ad un impatto positivo sulla società pare essere un’ambizione realizzabile.
Nel 2016 l’Italia ha introdotto la forma giuridica delle società benefit (SB), un modello di business che persegue, oltre al fine di lucro, una o più finalità di beneficio comune. Le finalità di beneficio comune sono obiettivi non economici legati alla trasparenza, alla sostenibilità e alla responsabilità sociale. Le società che aderiscono a questo modo di fare impresa si impegnano formalmente ad assumere comportamenti responsabili e trasparenti nei confronti di soci e azionisti e una vasta platea di stakeholders (portatori di interesse) come la comunità, il territorio e l’ambiente, gli enti e le associazioni.
Recentemente è stata pubblicata la Ricerca Nazionale sulle Società Benefit 2025 condotta dalla società Nativa e altri partner di ricerca. Secondo la ricerca, a fine 2024 sarebbero 4.593 le società benefit in Italia, che impiegano più di 217.000 addetti. Il valore della produzione si attesta sui 62 miliardi di euro, il 2,2% della produzione totale. Dall’analisi dei bilanci del periodo 2021-2023, la ricerca rivela un gruppo di aziende dinamiche con una crescita di fatturato mediamente superiore rispetto alle non-benefit. Il dato si spiegherebbe anche grazie agli investimenti delle SB su leve strategiche come innovazione, internazionalizzazione e sostenibilità.
Queste società sono attive nei settori più vari, infatti possono svolgere qualsiasi attività economica. A livello geografico sono presenti maggiormente al nord, soprattutto in Lombardia. La concentrazione geografica sarebbe dovuta all’effetto traino delle grandi imprese diventate SB e un’attitudine culturale orientata all’innovazione. Il 2021 è stato l’anno in cui si è visto un aumento repentino degli addetti, causato appunto dall’ingresso nel mondo benefit di diverse grandi società.
Per capire meglio il funzionamento di questo modello di business abbiamo incontrato la vicedirettrice generale di Habitech, la dottoressa Martina Dell’Antonio. Le abbiamo chiesto di raccontarci la loro esperienza e spiegarci cosa comporti concretamente questa scelta.
«Diventare società benefit è una scelta molto forte per un imprenditore. Significa modificare lo statuto societario, integrando alla propria attività economica gli obiettivi di beneficio comune. Le attività e i loro impatti vanno poi monitorati e dev’essere nominato un valutatore d’impatto all’interno dell’azienda che se ne occupi.» Le SB devono dichiarare nell’oggetto sociale le finalità di beneficio comune generali e specifiche, impegnarsi a monitorare e rendicontare annualmente gli impatti con una relazione di impatto da depositare in Camera di commercio assieme al bilancio e nominare un referente aziendale apposito. Tutti i tipi di società possono utilizzare la forma giuridica della società benefit.
«Habitech è nata nel 2006 come Distretto tecnologico trentino dalla volontà della Provincia di Trento. Siamo una società no profit completamente privata, di tipo consortile. Abbiamo 121 soci, di cui 11 pubblici e il resto privati. Siamo nati per fare sostenibilità e il nostro core business è quello di accompagnare le imprese nella certificazione degli edifici secondo protocolli internazionali (LEED, BREEAM, WELL…). Siamo partiti dal Trentino ma, ad oggi, abbiamo soci un po’ in tutta Italia.»
Proprio Martina Dell’Antonio è la responsabile di impatto di Habitech. «Siamo diventati società benefit nel 2020, ma già nel 2014 eravamo diventati la quinta B Corp nata in Italia, la prima nel Triveneto.»
Le chiediamo allora quale sia la differenza tra essere una B Corp ed essere una società benefit: «Essere B Corp significa ottenere una certificazione rilasciata da un ente terzo, la B Lab. È una certificazione che fa una fotografia generale e approfondita della società. Per ottenerla bisogna sottoporsi al BIA (Benefit Impact Assessment), rispondendo a circa 200 domande specifiche su diverse aree di impatto: governance, lavoratori, comunità, ambiente e clienti. Qualora si ottenga un punteggio superiore alla soglia minima, parte l’iter di certificazione che deve essere rinnovato ogni tre anni. La certificazione ha un costo che dipende dal fatturato. Si tratta di una certificazione comunque riconosciuta, soprattutto in alcuni settori.»
«Invece – prosegue la dott.ssa Dell’Antonio – siamo diventati società benefit un po’ dopo rispetto alla certificazione B Corp. C’è da dire che, essendo già B Corp, eravamo obbligati a diventare anche società benefit: l’obbligo non sussiste se il percorso è inverso, da SB a B Corp. Tuttavia abbiamo atteso il 2020 per maturare noi stessi il significato dell’essere società benefit. Volevamo riuscire a capire come dare valore al nostro modo di essere società benefit, scegliendo determinati obiettivi in linea con la nostra mission.»
Quando Habitech ha deciso di diventare SB ha quindi scelto di dichiarare tre obiettivi di beneficio comune specifici: «Abbiamo deciso di citarne solo tre perché questi obiettivi equivalgono a un impegno anche di monitoraggio effettivo e corretto. Dal 2020 redigiamo la relazione d’impatto, utilizzando proprio il BIA come strumento di misurazione. Per raggiungere i nostri obiettivi, ogni anno ci diamo dei KPI [indicatori chiave di prestazione ndr] e in base a questi valutiamo le attività svolte. Nel corso del tempo e con l’esperienza stiamo migliorando questi indicatori. Ad esempio abbiamo modificato alcuni KPI perché si sono rivelati troppo specifici e ripetitivi. Gli obiettivi invece non sono modificabili.»
Un dato interessante evidenziato dalla ricerca, oltre alla crescita del livello occupazionale del 62%, riguarda anche il costo del lavoro per addetto, che risulta superiore di circa 3.000 euro rispetto alle non-benefit. Il dato rappresenta il segno di un impegno concreto nei confronti del capitale umano e nel sostegno del potere d’acquisto dei lavoratori in risposta all’aumento dell’inflazione.
La stessa Habitech, racconta Martina Dell’Antonio, punta molto sulla valorizzazione delle persone: «Siamo una no profit, quindi gli utili che facciamo vengono completamente reinvestiti in formazione, in crescita e conciliazione vita-lavoro. Infatti siamo anche certificati Family Audit.»
Una delle finalità di beneficio comune di Habitech riguarda proprio i collaboratori: «Habitech è nata per fare sostenibilità. La sostenibilità è un concetto a tutto tondo, basato sui tre macro-pilastri di ambiente, sociale e governance. L’aspetto sociale riguarda i lavoratori, l’impatto sulla comunità e la catena di fornitura. Per noi la parte che riguarda i lavoratori è particolarmente importante perché prende in considerazione la formazione, la crescita, il welfare, la conoscenza e la condivisione della mission aziendale. Siamo particolarmente attivi nella formazione formale e pianificata. Ma diamo molta importanza anche alla formazione informale, che avviene con la partecipazione alle riunioni di staff, la condivisione, il team building, le riunioni con il CDA, la partecipazione all’assemblea. Questo perché al di là delle decisioni del board, che certamente deve crederci, è necessario un coinvolgimento delle persone. Senza coinvolgimento non si arriva da nessuna parte.»
Una delle finalità specifiche di beneficio comune di Habitech è quella di promuovere il dialogo e la co-progettazione con i Soci e gli stakeholder, per amplificare l’impatto positivo del loro operato, diffondendo la cultura della sostenibilità, la promozione e diffusione di modelli e sistemi economici sostenibili, in particolare il modello B Corp e la forma giuridica di Società Benefit. Riguardo a questo Martina Dell’Antonio spiega: «Utilizziamo il BIA come strumento di analisi da cui costruire i piani strategici di sostenibilità per i nostri soci e clienti e fornire loro degli spunti di miglioramento. Uno di questi spunti potrebbe essere proprio intraprendere un percorso per diventare società benefit.»
La dott.ssa Dell’Antonio ci spiega che, a proposito di certificazioni, il loro modus operandi è quello di testare alcuni protocolli prima su di loro, per poi poterli riproporre ai loro soci e clienti: «Dal 2020 abbiamo iniziato a fare il bilancio di sostenibilità certificato da ente terzo e poi abbiamo creato un’area specifica che se ne occupi.»
Stiamo parlando di un percorso di cambiamento di paradigma nel modo di fare impresa. La dott.ssa Dell’Antonio dice: «La sostenibilità è un concetto a tutto tondo. Quindi con i nostri soci e clienti cerchiamo di spingere verso un processo graduale di cambiamento culturale. Quando iniziano a farlo, capiscono che si può davvero avere un impatto positivo.» Per farci un esempio, la dott.ssa Dell’Antonio ci racconta il percorso intrapreso da un loro socio: «A dicembre dell’anno scorso un nostro cliente e socio ha fatto il passaggio a società benefit e adesso ci chiede di supportarlo perché intende redigere il bilancio di sostenibilità, pur non avendo obblighi normativi.» Insomma, Martina Dell’Antonio ci fa capire che diventare società benefit può essere un primo passo, ma è l’insieme dei protocolli che alla fine compongono un quadro di successo.
Ci sembra di poter concludere che essere società benefit, sebbene comporti degli obblighi formali, sia solo uno dei tasselli che dovrebbe andare a comporre un quadro più strutturato. Infatti, guardando alla norma, ci sembra di poter rilevare una possibile lacuna. A confermarcelo è la stessa Martina Dell’Antonio. La legge non prevede un organo di controllo ad hoc che valuti le relazioni d’impatto annuali. Da un lato è vero che le SB sono obbligate a sottoporre le proprie attività e gli impatti ad uno standard di valutazione esterno, come può essere il BIA di cui abbiamo parlato. Dall’altro è vero anche che sembra insufficiente demandare il controllo alla sola AGCM, autorità garante della concorrenza e del mercato. La mancanza di un organo di controllo specifico potrebbe facilitare la possibilità per le imprese di redigere relazioni d’impatto non proprio rigorose.
Maddalena D'Aquilio

Laureata in filosofia all'Università di Trento, sono un'avida lettrice e una ricercatrice di storie da ascoltare e da raccontare. Viaggiatrice indomita, sono sempre "sospesa fra voglie alternate di andare e restare" (come cantava Guccini), così appena posso metto insieme la mia piccola valigia e parto… finora ho viaggiato in Europa e in America Latina e ho vissuto a Malta, Albania e Australia, ma non vedo l'ora di scoprire nuove terre e nuove culture. Amo la diversità in tutte le sue forme. Scrivere è la mia passione e quando lo faccio vado a dormire soddisfatta. Così scrivo sempre e a proposito di tutto. Nel resto del tempo faccio workout e cerco di stare nella natura il più possibile. Odio le ingiustizie e sogno un futuro green.