“Il 15 per cento per il 15 per cento”: una scommessa? No, un impegno politico!

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Foto: L. Ramigni

Al Global Disability Summit di Berlino (2-3 aprile 2025), la cooperazione internazionale si è interrogata sul futuro delle sue azioni e su una visione condivisa per la costruzione di una cultura globale più inclusiva. 

Ai lavori del terzo summit internazionale sulla disabilità, insieme a 4.500 partecipanti provenienti da 100 Paesi, c’era anche una piccola delegazione espressione della relazione di cooperazione tra l’Italia e il Kenya composta da Luca Ramigni, responsabile del settore cooperazione di Fondazione Fontana e Kinyua Wachira, direttore de L'Arche Kenya. Assente il core-member Francis Maiki, persona con disabilità, che avrebbe dovuto essere presente, ma non ha potuto seguire il collega a causa del diniego del visto da parte dell’Ambasciata tedesca. 

L’Arche Kenya è un partner di Inclusion International, una delle 14 grandi reti mondiali facenti parte dell'International Disability Alliance (IDA),  organizzazione ordinatrice del Global Disability Summit (GDS) che mira a coinvolgere, a tutte le scale geografiche, attori che condividono lo stesso obiettivo e la stessa visione per lo sviluppo inclusivo della disabilità attraverso le relazioni di cooperazione internazionale. 

Evento straordinario questo summit! Dal 2017, anno di nascita, ne sono stati organizzati solo due. Il primo è stato ospitato a Londra nel 2018 dal Dipartimento per lo sviluppo internazionale del Regno Unito (ora Foreign, Commonwealth and Development Office, FCDO) e dal governo del Kenya, attirando circa 1.200 delegati. Il secondo, invece, è stato realizzato nel 2022 virtualmente ad Oslo a causa della pandemia globale di COVID-19, ospitato dalla Norvegia e dal Ghana. Quest’anno sono i governi di Germania e di Giordania a farsi carico dell’evento. 

La doppia paternità riflette il senso e la modalità attraverso la quale prende forma un complesso sistema di advocacy che passa attraverso la cooperazione tra stati, società civile, settore privato, comunità dei donatori e organizzazioni di persone con disabilità. Come sostengono Wachira e Ramigni, ritrovarsi insieme e discutere di pratiche inclusive “è certamente un’occasione per condividere ciò che si sta facendo, ma ancor più scoprire che non si è soli e che insieme si può avere un peso politico maggiore. Dimostra la forte volontà delle persone con disabilità e delle loro organizzazioni di contribuire al dibattito politico globale e di non essere semplici spettatori. La richiesta di essere inclusi nelle decisioni, 'without us you can’t’ (senza di noi non puoi) è stato ribadito più e più volte”. 

É attraverso l’azione continua degli stakeholder dello sviluppo che l’idea di disabilità inclusiva può mettere radici sempre più in profondità coinvolgendo il movimento per i diritti delle persone con disabilità e dei suoi sostenitori. Questa azione si traduce nel rafforzamento della cooperazione internazionale, nel miglioramento dell’elaborazione di politiche inclusive per le persone con disabilità, nella promozione dello sviluppo inclusivo e l’attuazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (UNCRPD) che nel 2026 celebrerà il ventesimo anniversario. 

Lo sforzo al quale si punta non è solo quello di farsi carico o prendersi cura della disabilità, ma soprattutto di mettere al centro le persone con disabilità, renderle protagoniste del processo decisionale che le riguarda, delle pressioni, delle lotte per i diritti umani che mirano ad eliminare ogni forma di discriminazione permettendo a tutti e tutte di partecipare adeguatamente alla vita sociale, culturale, politica ed economica. É quanto auspicato anche dall’Agenda 2030 e dall’obiettivo di sostenibilità 10. 

Il principio che sta alla base di questo movimento per l’inclusione democratica è “Niente su di noi, senza di noi”. Nihil de nobis, sine nobis, un motto utilizzato per comunicare l'idea che non ci debba essere politica stabilita senza la piena e diretta partecipazione dei membri di un gruppo o dei gruppi interessati da tale politica. Nello specifico significa che non ci possono essere politiche sulla disabilità prese senza la partecipazione delle persone con disabilità le quali desiderano non essere considerate un problema da risolvere, ma una risorsa per trasformare se stesse e gli altri.

Tra le questioni discusse durante il summit, è emersa con forza la mancanza di informazioni precise sulla situazione delle persone con disabilità nei diversi paesi e la difficoltà di raccogliere i dati che rappresentano un elemento chiave nell’azione di pressione politica e di raccolta fondi. Includere, infatti, non significa solo prendere in considerazione, ma attivare occasioni di partecipazione attiva nei luoghi dove vengono prese le decisioni, vale per i minori con disabilità, per le donne, ecc., che hanno qualcosa da dire sulle grandi questioni come la questione ambientale (terremoti, carestie, inondazioni…) o i conflitti per attuare strategie inclusive.

Di discussione in discussione, i due giorni berlinesi hanno portato alla pubblicazione della Dichiarazione di Amman-Berlino sull'inclusione globale delle persone con disabilità. É forse il risultato più significativo della GDS 2025 e rappresenta un’importante pietra miliare per la promozione dei diritti delle persone con disabilità in tutto il mondo. Contiene forti impegni per una cooperazione internazionale allo sviluppo e interventi umanitari inclusivi della disabilità attraverso l’impegno significativo da parte di tutti e tutte in primis le organizzazioni specializzate e la promozione di partenariati efficaci. 

Per la cooperazione internazionale allo sviluppo, la Dichiarazione significa innanzitutto impegno a garantire che tutti i programmi elaborati e realizzati siano inclusivi e accessibili alle persone con disabilità, contribuendo attivamente all'inclusione, alla piena uguaglianza e alla  non discriminazione non arrecando alcun danno. Unitamente a questo, le diverse organizzazioni si assumono la responsabilità di assicurare che almeno il 15% dei programmi attuati perseguano l’inclusione delle persone con disabilità come impegno prioritario.

15 per cento per il 15 per cento è il principale obiettivo della Dichiarazione di Amman-Berlino. Per la prima volta si stabilisce un traguardo quantificabile per l'inclusione della disabilità su scala globale. 15 per cento di progetti per il 15 per cento della popolazione mondiale, il più grande gruppo di minoranza presente sul pianeta Terra. Si punta alla concretezza per andare oltre la sensibilizzazione e gli impegni individuali, condizioni necessarie, ma non sufficienti per generare un cambiamento misurabile. L'ambizione è di raggiungere l’obiettivo entro il 2028, anno del prossimo GDS.

Su quali impegni della Dichiarazione Fondazione Fontana e L’Arche imposteranno la loro relazione di cooperazione futura? Per Wachira e Ramigni, la Dichiarazione Amman-Berlino ha incoraggiato a proseguire e migliorare la collaborazione ed il lavoro verso una società inclusiva che da 25 anni vede impegnate le due organizzazioni  a Nyahururu in Kenya e in Italia.

“La promozione e il sostegno per un’educazione inclusiva, un lavoro per tutti e una salute equa devono continuare ad essere le nostre priorità. Così come il coinvolgimento delle persone con disabilità nei processi decisionali. Queste però non si raggiungono senza una pressione politica su cui sicuramente dobbiamo e possiamo fare di più. 

Sostenendo, sviluppando e migliorando le capacità delle reti di persone con disabilità per prepararsi e assumere la leadership. Collaborando con l'ufficio di registrazione dei partiti politici per condurre un’educazione civica alle persone con disabilità in modo da stimolare e promuovere la loro partecipazione attiva alle elezioni locali e nazionali. Organizzando gruppi di discussione a livello provinciale e nazionale per persone con disabilità intellettiva. Promuovendo la formazione dei core-member (persone con disabilità che convivono affinchè siano in grado di autorappresentarsi ai dibattiti a livello nazionale e di contea”.

Il lavoro sarà svolto nel “rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte e l’indipendenza delle persone”

Sara Bin

(1976) vive in provincia di Treviso e lavora a Padova. É dottore di ricerca in geografia umana; ricercatrice e formatrice presso Fondazione Fontana onlus dove si occupa di progetti di educazione alla cittadinanza globale e di cooperazione internazionale; è docente a contratto di geografia politica ed economica; ha insegnato geografia culturale, geografia sociale e didattica della geografia. Collabora con l’Università degli Studi di Padova nell'ambito di progetti di educazione al paesaggio e di formazione degli insegnanti. Ha coordinato lo sviluppo e l'implementazione dell'Atlante on-line in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione, del'Università e della Ricerca. Dal 2014 fa parte del gruppo di redattori e redattrici di Unimondo. Ha svolto attività didattica e formativa in varie sedi universitarie, scolastiche ed educative ed attività di consulenza nell’ambito della cooperazione allo sviluppo. Tra i suoi principali ambiti di ricerca e di interesse vi sono le migrazioni, la cittadinanza globale, i progetti di sviluppo nell’Africa sub-sahariana, lo sviluppo locale e la sovranità alimentare. Ha svolto numerose missioni di ricerca e studio in Africa, in particolare in Burkina Faso, Senegal, Mali, Niger e Kenya. E' membro dell'Associazione Italiana Insegnanti di Geografia e presidente della sezione veneta

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