I giorni sono 645 e il fronte inizia a scricchiolare

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Immagine: Atlanteguerre.it

I giorni sono 645 e il fronte inizia a scricchiolare. Non quello militare, che appare immobile, in uno stallo degno delle trincee della Prima Guerra Mondiale. E’ il fronte degli alleati europei dell’Ucraina a dare segni di insofferenza. Questa lunga guerra, iniziata con l’invasione russa del febbraio 2022, sta logorando anche i Paesi della Unione Europea. Nel tritacarne ucraino finiscono miliardi di euro e alcuni Governi vogliono chiamarsene fuori. 

Il caso più evidente è quello dell’Ungheria, già messa sotto tiro per la ripresa di contatti, pur informali, con Mosca. Ora, il premier Viktor Orban dichiara che "l'adesione dell'Ucraina all'Ue non coincide con gli interessi nazionali dell'Ungheria. Si può prevedere che non ci sarà un accordo e allora andrà in frantumi l'unità europea". Una vera e propria bomba sganciata sull’Unione, in vista del vertice che il 14 e 15 dicembre dovrebbe proprio discutere dell’avvio dei negoziati per l’ammissione di Kiev all'Ue. 

Molti osservatori sostengono che Orban stia usando questa carta per costringere Bruxelles a sbloccare i 13miliardi di euro destinati all’Ungheria e congelati per il “livello dello stato di diritto ungherese”, considerato lontano dagli standard europei. Ma è vero anche che altri Paesi sono inquieti. Gli Stati del Nord Europa chiedono che venga ridotto del 20% il fondo di 66miliardi di euro proposto dalla Commissione per finanziare Kiev. La Slovacchia ha annunciato di voler interrompere le forniture militari. Ai confini fra Polonia e Ucraina continua da mesi la protesta di autotrasportatori e agricoltori polacchi contro l’immissione sul mercato interno di prodotti ucraini.

Sono segnali, che comunque iniziano a preoccupare. Non a caso, la presidente della Commissione Europea è intervenuta spiegando che in Paesi europei non possono abbandonare ora. “In questo tempo straordinario – ha in pratica detto – ciò che stiamo facendo non è sufficiente. Dobbiamo produrre di più sia per soddisfare le necessità ucraine, che per assicurare la nostra deterrenza e la nostra difesa”.

Una frase che nasce anche dalla consapevolezza che la guerra non terminerà a breve. Dalla Nato chiariscono che è improbabile che le forze armate ucraine possano cacciare gli occupanti russi entro la fine del 2024. La guerra è in una lunga fase di stallo, ma resta un vero bagno di sangue. Gli scontri si concentrano sul fianco Nord-Est e su quello Sud del fronte, ma anche Kiev qualche giorno fa è stata presa di mira da un attacco senza precedenti. In settimana, il maltempo aveva bloccato i voli. Ora, le forze armate russe sono tornate a bombardare, raddoppiando le missioni. Inoltre, gli osservatori militari dicono che i russi stanno ammassando veicoli blindati lungo la linea di combattimento. A dispetto delle tante perdite, vogliono aumentare la pressione. Una situazione che allarma il presidente ucraino, Zalensky, che dopo avere visitato i fronti Nord-Est e Sud ha chiesto di “intensificare al più presto la costruzione di nuove fortificazioni per contrastare le offensive russe”. L’obiettivo è, appunto, prepararsi a un inverno difficile dal punto di vista militare, con le truppe di Mosca prevedibilmente impegnate a riprendere l'iniziativa. Contemporaneamente, il segretario generale della Nato, Stoltenberg, annuncia che Mosca “ha accumulato una grande riserva missilistica in vista dell’inverno”.

Per la popolazione ucraina la prospettiva è un altro inverno durissimo e sotto le bombe, con energia tagliata, riscaldamento nelle case nullo e poca assistenza generale. Il duro anticipo di tutto questo lo hanno avuto in settimana, con la tempesta artica che ha colpito l’Est Europa. In Ucraina, almeno 500mila persone sono rimaste senza corrente elettrica e neve, pioggia e alluvioni hanno ucciso 10 persone e ferite altre 23.

Una situazione drammatica, apparentemente senza vie d’uscita. L’opzione negoziati resta fuori dalla finestra, praticamente impraticabile per l’assenza, nel panorama internazionale, di negoziatori credibili per le parti. Sul tavolo, resta per ora solo il braccio di ferro infinito, determinato da volontà contrapposte: da un lato gli ucraini determinati a resistere e cacciare l’invasore; dall’altro Putin, sempre convinto di poter vincere questa arcaica e assurda guerra.

Raffaele Crocco

Sono nato a Verona nel 1960. Sono l’ideatore e direttore del progetto “Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo” e sono presidente dell’Associazione 46mo Parallelo che lo amministra. Sono caposervizio e conduttore della Tgr Rai, a Trento e collaboro con la rubrica Est Ovest di RadioUno. Sono diventato giornalista a tempo pieno nel 1988. Ho lavorato per quotidiani, televisioni, settimanali, radio siti web. Sono stato inviato in zona di guerra per Trieste Oggi, Il Gazzettino, Il Corriere della Sera, Il Manifesto, Liberazione. Ho raccontato le guerre nella ex Jugoslavia, in America Centrale, nel Vicino Oriente. Ho investigato le trame nere che legavano il secessionismo padano al neonazismo negli anni’90. Ho narrato di Tangentopoli, di Social Forum Mondiali, di G7 e G8. Ho fondato riviste: il mensile Maiz nel 1997, il quotidiano on line Peacereporter con Gino Strada nel 2003, l’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, nel 2009. 

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