I Balcani divisi sulla guerra in Iraq

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Prima dell'importante referendum sull'entrata nell'UE e nella NATO, poi risultato un plebiscito a favore dell'entrata in queste due istituzioni, il premier sloveno Anton Rop aveva chiarito che il proprio paese non appoggiava gli USA ed anzi si rammaricava dell'inizio della guerra. Su questa posizione anche la Croazia che ha per questo ricevuto un duro monito da Washington. Di tutt'altro parere i governi di altri Paesi. L'Albania è compatta a favore della guerra, la Macedonia ha inviato addirittura qualche soldato. Il Governo macedone è stato per questo criticato dai propri media che si sono chiesti come sia possibile occuparsi della "sicurezza internazionale" se non si è in grado di risolvere le crisi che periodicamente il Paese si trova ad affrontare al suo interno tra comunità slavo-macedone ed albanese-macedone.
In Bulgaria solo il 2% della popolazione sarebbe a favore di una guerra al di fuori dell'ONU. A quattro anni dai raid della NATO, in una Serbia annichilita dall'omicidio del primo ministro Djindjic il ritorno del suono delle sirene, seppur solo dai tanti televisori accesi che trasmettono in diretta dall'Iraq, ha riportato incubi che si credevano sepolti. Intanto un gruppo di intellettuali della regione ha promosso un appello contro la guerra. "Sappiamo che la violenza alimenta solo nuova violenza … sappiamo che si può essere contemporaneamente contro i dittatori e contro l'uso illegale della forza per sconfiggerli".

Fonte: Osservatorio sui Balcani

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