Guatemala, ex deputata Sandra Morán: “Viviamo in una quotidiana impunità”

Stampa

Sandra Morán - Foto: M. Pelliccia

Leader comunitari incarcerati con accusa di terrorismo in attesa di giudizio e nessuna giustizia per l’abuso sistematico di donne e minori. La fotografia del Guatemala è quella di un paese che ancora attende giustizia per le 41 minorenni bruciate vive nella casa di accoglienza Hogar Seguro nel 2017, dopo aver denunciato abusi e violenze perpetrati con la connivenza delle istituzioni. E quella dell’attuale criminalizzazione dei popoli indigeni, come sta succedendo ai cinque leader del movimento 48 Cantones che ora vive un momento di forte repressione, dopo l’arresto dell’autorità comunitaria e viceministro Luis Pacheco e altre cinque persone, con accusa di terrorismo. Si tratta di autorità elette per proteggere i diritti delle popolazioni indigene Maya, la cui etnia compone quasi la metà degli abitanti del paese, in questo caso dei K’iche’ dell’altopiano occidentale di Totonicapan.

“Nel paese assistiamo a una congiuntura molto dura tra la corruzione, l’impunità per i delitti contro donne e minori, la violenza contro le popolazioni indigene e i contadini perpetrata principalmente dai latifondisti. In un contesto di perpetua impunità del genocidio avvenuto negli anni 80’, ad oggi, le persone che fanno attivismo sono tutte potenzialmente in pericolo,” racconta Sandra Morán coordinatrice politica dell'Alleanza delle donne indigene per l'accesso alla giustizia (AMMI) durante un'intervista realizzata da Unimondo a Città del Guatemala, in Piazza della Costituzione, dove si trova l’altare realizzato da gruppi di donne con croci colorate per ricordare le 41 giovani uccise a Hogar Seguro. 

Sandra Morán, 65 anni, è stata la prima deputata femminista e lesbica del Guatemala, nella legislatura che si è conclusa nel 2020. Nei quattro anni di lavoro ha proposto varie leggi, tra cui quelle per il rispetto dell’identità di genere, per la prevenzione della violenza maschilista e per il contrasto ai crimini d’odio, tre temi ad oggi ancora ignorati dalle leggi del paese. Un lavoro che le è costato attacchi costanti e molestie online, in un paese fortemente repressivo per l’attivismo sociale.

”Per avere giustizia in questi casi di criminalizzazione e abusi che riguardano indigeni, donne e minori servirebbe cambiare il sistema giudiziario, togliere poteri ai giudici corrotti e alla Procuratrice Generale, Maria Consuelo Porras, lascito del passato governo di destra di Alejandro Giammattei,” continua Morán.

E sono tanti i casi di violenza che indignano il paese. Primo tra tutti il caso delle 41 minori, tra i tredici e i diciassette anni uccise a San José Pinula, nei dintorni di Città del Guatemala, nel 2017. Bruciate vive, dopo aver tentato la fuga dalla casa di accoglienza statale Hogar Seguro Virgen de la Asunción, dove erano vittime di abusi e tratta all’interno della struttura. Ad oggi sono stati chiesti 130 anni di carcere per i funzionari pubblici e i poliziotti coinvolti, ma a otto anni dal caso ancora si attende giustizia. 

Molto diffusa e in crescita la violenza contro le donne nel paese, le denunce sono 576 ogni 100.000 donne, con un aumento del 14% rispetto al 2023. I dati del 2024 rivelano che il 55,2% delle donne nelle aree urbane ha subito violenza nel corso della propria vita, mentre il 40,5% nelle aree rurali, secondo Diálogos Guatemala e l'Istituto Nazionale di Statistica. “In Guatemala, una donna su due ha dichiarato di aver subito violenza di genere nel corso della sua vita. Nel primo trimestre del 2025, gli omicidi di donne sono aumentati del 34% e più del 50% delle denunce di violenza sessuale ha coinvolto ragazze e adolescenti minorenni,” spiega Karla Lopez, ricercatrice dell’associazione Diálogos Guatemala, specializzata in temi di violenza di genere. “Nonostante l'entità del problema, solo il 9% delle donne ha il coraggio di denunciare.” 

Inoltre, la criminalizzazione delle popolazioni indigene è al centro delle preoccupazioni. Tutto nasce nel 2023, dopo i 106 giorni che hanno portato migliaia di comunità indigene Maya dall’altopiano occidentale della zona del Totonicapan verso la capitale, per proteggere la democrazia.

Era il momento delle elezioni generali e la mobilitazione è stata articolata dal movimento dei 48 Cantones. “Per 106 giorni abbiamo cucinato con altre associazioni, nel fine settimana, per tutte le comunità che arrivavano a piedi a Città del Guatemala, ricevendo grande sostegno e donazioni dal vicinato,” ricorda Sandra Morán. “Le comunità dormivano in tende ed ogni giorno si tenevano oltre 12 ore di tribuna aperta dedicata al confronto con i leader indigeni: è stato un momento molto potente che ha garantito l’elezione di Bernardo Arévalo. Il 14 gennaio 2024 è venuto in piazza a ringraziare di essere riuscito ad assumere la carica, secondo la decisione del popolo che lo aveva eletto, tra una moltitudine di gente. Ma la Procura Generale e il Pubblico Ministero che si opponevano all’elezione di Bernardo Arévalo, sono gli stessi che adesso stanno conducendo la persecuzione contro tutti i leader indigeni del paese.” 

E non solo, sono nel mirino anche contro i giornalisti, come José Luis Zamora fondatore del giornale “El Periodico”, in carcere dal 2022, dopo aver denunciato la corruzione del governo dell’ex presidente Alejandro Giammattei. Un caso che secondo l’attuale presidente Arévalo “rivela il peggio della crisi” del sistema giudiziario ed evidenzia le strategie di criminalizzazione perseguite dalla Procura.

E ancora impunito rimane anche il genocidio portato avanti tra il 1960 e il 1996 dal presidente Efraín Ríos Montt e la sua leadership militare per sterminare il popolo Maya. Si stima che più di 200.000 persone siano state uccise o siano scomparse. Dopo la sentenza storica del 2013, che condannava Rios Montt per genocidio, poi annullata, ad oggi rimane nell’impunità.

Un panorama oscuro che non fiacca le rivendicazioni per i diritti e la giustizia, come conclude Sandra Morán, sottolineando i passi in avanti, come la nomina della prima donna indigena, Ana López, alla guida della Segreteria Presidenziale della Donna, avvenuta lo scorso mese. “Sono in politica da quando avevo 14 anni e andrò sempre avanti” conclude Morán. “Nonostante le intimidazioni, continueremo a lottare per i diritti delle popolazioni indigene, delle donne e delle bambine con il movimento di giovani e studenti che ci danno speranza per il futuro. Le popolazioni indigene non smetteranno mai di lottare.”

Monica Pelliccia

Monica Pelliccia è giornalista freelance. È specializzata in questioni sociali e ambientali, specialmente su tematiche come la tutela della biodiversità, i diritti delle donne, le migrazioni climatiche, le popolazioni indigene e i movimenti sociali. Ha realizzato reportage, fotoreportage e video, in particolare dal Centro e Sud America, come Honduras, Guatemala, Messico, Costa Rica, Brasile, Ecuador; dalla Palestina e da diversi paesi asiatici come Cambogia, Sri Lanka e India e dall’Europa pubblicati su testate italiane e internazionali come Mongabay, The Guardian, El Pais, L’Espresso e Altreconomia.

Ultime notizie

L’E-Mobility in stallo?

15 Settembre 2025
La mobilità elettrica potrebbe scaricarsi: colpa di costi, filiere e infrastrutture. (Alessandro Graziadei)

Dossier/ Materie prime critiche (3)

14 Settembre 2025
La transizione energetica richiede un aumento vertiginoso della disponibilità di minerali critici come litio e rame. (Rita Cantalino)

La scheggia impazzita di Israele

12 Settembre 2025
Tel Aviv colpisce, implacabile, quando e come gli pare, nella certezza dell’impunità interna e internazionale. (Raffaele Crocco)

Eternit e panini kebab

10 Settembre 2025
Un pellegrinaggio sui campi da rugby italiani, con lo scopo di condividere e raccontare le capacità riabilitative, propedeutiche e inclusive della palla ovale. (Matthias Canapini)

I sommersi!

08 Settembre 2025
Entro il 2100 il livello marino sulle coste italiane potrebbe aumentare di circa un metro. (Alessandro Graziadei)

Video

Serbia, arriva a Bruxelles la maratona di protesta di studenti per crollo alla stazione di Novi Sad