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Grittani: «Autonomia differenziata? Ideologia separatista»
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Foto: Unsplash.com
«L’autonomia differenziata ha ancora un forte carattere razzista in Italia, ha ancora una forte spinta a marcare le differenze: ora vi facciamo vedere noi se vi lasciamo alla canna del gas, senza una lira, se voi morti di fame riuscite ad arrivare a fine mese. Ha un senso afflittivo e non legislativo. E tutto nei confronti del Mezzogiorno». Davide Grittani è uno scrittore e giornalista pugliese. Nato a Foggia, scrive di letteratura e società e due suoi romanzi E invece io (Robin, 2016) e La rampicante (LiberAria, 2018) sono stati candidati al “Premio Strega”. Dal suo osservatorio fatto di libri, giornali, parole e curiosità, assiste con «preoccupazione» gli effetti che la legge sull’autonomia differenziata potrà avere sulle regioni del Sud. Approvata in Senato pochi giorni fa, il Disegno di legge Calderoli deve ora passare alla Camera che deciderà se attuare o meno la riforma del Titolo V della Costituzione italiana. Se diventerà legge, l’Autonomia differenziata riconoscerà alle Regioni una maggiore capacità decisionale su alcune materie che erano in capo all’amministrazione centrale. Ma sono tante le voci contrarie ad una legge che rischia di dividere ulteriormente l’Italia in due parti: il Nord dei ricchi ed il Sud dei poveri.
Grittani, che idea si è fatto sulla riforma dell’autonomia differenziata? Cosa ne pensa?
Io sono possibilista, cioè, nei limiti di una correzione del Titolo V della Costituzione italiana sono anche favorevole. Oggi c’è una grande confusione dei ruoli e delle competenze, e forse serve un chiarimento a riguardo per superare le tante fragilità rilevate. Durante la pandemia del covid, per esempio, lo Stato ha avocato a sé una serie di competenze che erano delle Regioni o non ha senso che il presidente di una Regione emani un’ordinanza che un’ora dopo viene bloccata dallo Stato. Pensiamo anche al dibattito sul limite dei 30 chilometri orari in città che è un’ordinanza tipicamente di competenza comunale, ma che lo Stato pensa di avocare col ministero dei Trasporti. C’è una fase di confusione forte che sarebbe aiutata da una maggiore nitidezza sul piano del chiarimento dei ruoli. Detto ciò, non posso non vedere, non registrare, che invece l’autonomia differenziata ha ancora un forte carattere razzista in Italia, ha ancora una forte spinta a marcare le differenze. Ha un senso afflittivo e non legislativo. E tutto nei confronti del Mezzogiorno. L’idea è dimostrare sul piano pratico come i soldi spesi al Sud siano stati spesi male, che in alcune circostanze corrisponde anche a verità, al contrario del Nord, che ha capitalizzato sempre in modo virtuoso le risorse economiche. Ma ricordo che il Mose di Venezia, per il quale sono stati spesi circa 6 miliardi di euro, è entrato in funzione 35 anni dopo la sua progettazione, quindi anche al Nord a volte le cose non sempre vanno come dovrebbero.
Cosa si potrebbe fare per colmare le differenze tra Nord e Sud Italia o per migliorare il Ddl sull’autonomia differenziata?
Se si supera l’aspetto ideologico con cui è stata concepita, il Paese potrebbe approfittarne per discutere in maniera matura e seria di autonomie, delle reali riforme che servono. Per esempio, ci sono degli eccessi sul piano delle concessioni in termini di territori a Statuto speciale, come nel caso del Trentino o della Provincia Autonoma di Trento, che è speciale per una serie di ragioni orografiche, chi chiede il mutuo per l’acquisto della casa deve restituire agli istituti di credito soltanto il montante, ma non gli interessi. Ecco, se applicassimo anche qui al Sud questa concessione forse saremmo tutti proprietari di più case. Dentro un territorio già straordinariamente agiato se tu inserisci anche questo agio è chiaro che le differenze aumentano. Ma ci sono molti margini per migliorare interventi di natura autonomista. Il meccanismo perequativo per cui i debiti della sanità pugliese, che sono enormi, vengono distribuiti su una sanità virtuosa come il Veneto o l’Emilia Romagna, è una cosa folle. E capisco che alimenti determinati ragionamenti. Ma al tempo stesso, l’idea che si possa considerare lo stesso costo di vita tra una città come Milano con quella di Foggia non ha alcun senso. Uno Stato maturo che ha davvero intenzione di accogliere una riforma di questo genere si siederebbe seriamente intorno ad un tavolo per valutare tutti gli impatti positivi e negativi, anche da un punto di vista sociologico e antropologico, che un intervento di questo tipo può generare nei territori. Invece, questa modalità scelta sembra che voglia punire una parte del Paese che si pensa abbia sprecato i soldi pubblici...