Giovane, istruito e… contadino

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Capita sovente che Unimondo racconti di esperienze agricole, molte volte legate alla filosofia della decrescita, altre al recupero delle tradizioni e dei saperi antichi, altre ancora alla crisi e alla necessità, insieme alla voglia, di reinventarsi una vita alla luce delle gravi lacune del mondo del lavoro che le nuove generazioni devono e dovranno presumibilmente affrontare. Sembra che quelle tendenze di cui ci facciamo voce e parole trovino una conferma. Ne propone un’analisi interessante Slow Food, riprendendo uno studio dello scorso novembre di SWG (Il mondo dei giovani e l’agricoltura). A partire dall’identikit del “nuovo contadino”, protagonista del ritorno all’agricoltura che potrebbe guidare la ripresa del Paese: uomo, tra i 25 e i 30 anni, originario della città (per lo più del centro-sud e delle isole), istruito ad alti livelli (facoltà di scienze agrarie, forestali e alimentari, ma non solo), generalmente in coppia, senza figli.

Giovani che contribuiscono a rendere positivo e in costante crescita il trend delle aziende “multifunzionali”, cioè non necessariamente impegnate in attività esclusivamente agricole, ma anche all’agricoltura collegate (ristorazione, letteratura di cucina, macchinari agricoli, ricerca tecnologica e comunicazione). Giovani italiani che sono ancora distanti (5%) dalla media europea per quanto riguarda lo spirito di imprenditorialità agricola (8% delle aziende) ma sulla buona strada per mettersi in pari, soprattutto considerate le caratteristiche di più dell’80% delle aziende italiane: piccole dimensioni, fatturato inferiore ai 50 mila euro annui, spesso a conduzione diretta.

Una tendenza che nasce da tre ragioni principali, oltre a quella, come si diceva, legata alla possibilità di un futuro lavorativo più concreto e realizzabile: l’opportunità di cimentarsi in modalità imprenditoriali innovative; la volontà di stare a contatto con la natura e affrontare sfide alimentari sempre più stimolanti; l’occasione di sperimentare innovazioni tecnologiche senza tradire tradizioni di sostenibilità e biodiversità. Un approccio che punta decisamente alla valorizzazione del territorio e delle sue eccellenze, con un occhio attento allo sviluppo economico.

Una tensione verso il rinnovamento dunque, non solo generazionale ma anche tecnico, senza perdere di vista l’alveo da cui la tradizione agricola e contadina italiana trae ispirazione, ma dentro il quale corre il rischio di adagiarsi, perpetuando una visione statica e, se vogliamo, immobilista, del lavoro (a cominciare dai sentimenti contrastanti dell’amato-odiato posto fisso). Un passaggio a quanto pare necessario e, come ricorda Gabriella Bruzzone (Slow Food), un trend che ha tratto forza e riconoscimento anche dall’esperienza milanese di Expo. A quanto pare l’esposizione alimentare mondiale ha dato agli italiani nuove conferme sulla loro natura agricola, dando loro modo di rispecchiarsi in ruoli essenziali della filiera alimentare, della scelta biologica, dell’equilibrio ecologico.

Tutto, si potrebbe dire, all’insegna delle nuove possibilità, non solo quelle offerte direttamente dalla terra ma anche quelle connesse ad attività di ospitalità e accoglienza. L’agriturismo rimane infatti un punto fermo nell’imprenditorialità giovanile: valorizzazione del turismo enogastronomico, riduzione dell’impatto ambientale, recupero delle relazioni e della dimensione familiare nella propria attività professionale. Rimane solo da chiedersi quando le politiche industriali cavalcheranno in qualche modo quest’opportunità, favorendo un futuro vantaggioso e competitivo ai giovani che hanno già deciso di raccogliere questa sfida e dando credito a quelli che presto vorranno fare altrettanto. 

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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