Giorgio Vacchiano: «Aiutiamo le foreste ad aiutarci»

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Foto: Unsplash.com

Qual è la soluzione per il ricercatore che nel 2018 è stato nominato dalla rivista Nature tra gli 11 migliori scienziati emergenti nel mondo che «stanno lasciando il segno nella scienza»? Giorgio Vacchiano punta sull’aumento della loro resistenza e resilienza, vediamo come!

Le foreste, uno scrigno di biodiversità in pericolo

Le foreste occupano una superficie complessiva di 4,06 miliardi di ettari, pari a circa il 31% delle terre emerse (Global Forest Resources Assessment 2020: Main report, Fao, Rome 2020, linke svolgono inestimabili benefici ecologici, economici e sociali. Ciò nonostante, la deforestazione su scala globale continua a essere un problema allarmante, acuito da un sempre più evidente cambiamento climatico.

Aumento costante delle temperature, intensificazione di eventi estremi come siccità e incendi, alterazione della struttura e della composizione delle specie, indebolimento del potenziale di assorbimento di CO2 degli alberi, sradicamenti da vento e attacchi di insetti e parassiti. Questi i principali fattori di stress che stanno sconvolgendo gli ecosistemi più biodiversi della Terra secondo il nuovo report dell’Intergovernamental Panel on Climate Change (Ipcc), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici.

Oltre 420 milioni di ettari di foreste sono stati persi a causa della deforestazione dal 1990 al 2020 e più del 90% di questa perdita ha avuto luogo in aree tropicali, minacciando la biodiversità, i servizi ambientali, i mezzi di sussistenza delle comunità forestali e la resilienza degli alberi agli shock climatici. (Tropical Forests, IPCC WGII Sixth Assessment Report, 2021, link)

La silenziosa lezione degli alberi

Nella sua silenziosa lezione degli alberi, Vacchiano spiega quali azioni possiamo compiere per salvaguardarli e implementare la resilienza forestale, tema centrale del suo ultimo libro La resilienza del bosco.

Parallelamente ci conduce in un viaggio meraviglioso attraverso le foreste di tutto il mondo per spiegare la loro importanza nel mitigare la crisi climatica sul pianeta.

C’è hyperio, l’albero più alto del mondo, pando, un boschetto di pioppo tremolo che è l’organismo vivente più grande. Il ficus bengalensis indiano, che ha la chioma più espansa, e poi matusalemme, l’albero più vecchio.

Il futuro di questi alberi, e di tutti gli ecosistemi terrestri, è in grave pericolo. E noi, come cittadini della Terra, abbiamo di fronte una scelta fondamentale: continuare a emettere gas serra e aumentare il riscaldamento globale di ben 4 gradi, o raggiungere davvero la neutralità climatica entro il 2050 tramite la produzione di emissioni negative. Per fare questo però dobbiamo collaborare con il nostro miglior alleato: la natura. 

Una – e di certo non l’unica – delle soluzioni che possiamo adottare, afferma Vacchiano, èpiantare nuovi alberi. Estendere la superficie delle foreste può aumentare la quantità di anidride carbonica assorbita. Spazio per farlo ce n’è: uno studio pubblicato su Science ha dimostrato che a livello globale sarebbe disponibile circa un miliardo di ettari per realizzare un’opera di riforestazione, escludendo le zone agricole e urbanizzate.

L’obiettivo non è solo piantare alberi, ma farli crescere. Per questo è importante che tali opere di riqualificazione territoriale coinvolgano Ong e comunità locali. Ogni albero ha la sua funzione all’interno di un ecosistema. È necessario quindi scegliere l’albero giusto, per il posto giusto e per il giusto scopo. 

Tuttavia c’è da dire che, anche se riuscissimo a realizzare questa ambiziosa impresa di riforestazione globale, assorbiremmo solo un quarto delle emissioni di anidride carbonica già presenti nell’atmosfera. Ecco quindi che piantare alberi, senza prendere ulteriori provvedimenti, non è sufficiente...

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