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Fra Algeria e Marocco non mettere Israele
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Foto: Unsplash.com
E sono quattro. Dopo Emirati Arabi Uniti, Bahrein e Sudan é stata la volta del Marocco ad aprire relazioni diplomatiche con Israele. Lo ha annunciato il Presidente USA uscente, Donald Trump, l’artefice principale di queste operazioni di conversione diplomatica in atto in alcuni Paesi arabi mediorientali (2), africani (1) e, ora, mediterranei (1). Per completezza di informazione sottolineiamo che da tempo Egitto (1980) e Giordania (1994) intrattengono normali relazioni bilaterali con Israele.
Tutto questo indebolisce la Lega araba, già perennemente divisa al suo interno, rimescola gli equilibri di potere nel Maghreb, esporta tutte le rivalità e conflitti del Medio Oriente verso il Mediterraneo, e irrita soprattutto Paesi come l’Algeria che, fortemente, boicottano lo Stato ebraico e vietano ogni contatto commerciale o turistico.
Infatti la normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra Marocco e Israele ha provocato immediate reazioni. Durante un incontro con la stampa, il primo ministro algerino Abdelaziz Djerad ha affermato che "l'Algeria è stata colpita da un clima di instabilità regionale". “Quando diciamo ai cittadini che ci sono operazioni all'estero finalizzate all’ instabilità del nostro Paese, ecco la prova, quando vediamo che siamo circondati da pericoli e guerre. C'è la volontà di portare l'entità israeliana e sionista ai nostri confini ”, ha detto, invitando i cittadini all'unità per superare la crisi multiforme che il Paese sta attraversando. "Dobbiamo risolvere i nostri problemi interni tra noi e restare solidali per trovare la migliore via d'uscita da questa crisi", ha aggiunto Djerad.
Compattare il Paese contro un nemico comune esterno é una tattica spesso usata, soprattutto per mascherare lacerazioni interne.
Fa riflettere e rimarca l’aria che si respira oggi in Algeria quanto scritto dal sito francofono Algeria Patrotique, che ha sintetizzato la crescente preoccupazione per "un nemico che si sta avvicinando all'Algeria: Israele si è dunque stabilito definitivamente nel Maghreb.E nulla dice che la Mauritania non seguirà l'esempio del Marocco, nelle settimane o nei mesi a venire ". E continua: "L'Algeria si ritroverà così incuneata tra un vicino a ovest che da’ a Tel Aviv l'opportunità di formalizzare la sua presenza in Nord Africa , una Libia a est frammentata e preda di potenze straniere e un Sahel a sud stretto tra i gruppi terroristici e l'esercito francese.”
Secondo Pierre Razoux, Direttore della ricerca presso l'istituto FMES, Fondazione mediterranea per studi strategici e autore di "Tsahal: nuova storia dell'esercito israeliano", al contrario,” il Marocco non può che rallegrarsi del salto diplomatico compiuto che gli consente di aprirsi a nuove opportunità e nuovi orizzonti’.
Ma ha fatto presente che, anche se questa normalizzazione con Israele “consentirà al Marocco di essere ancora più vicino agli Stati Uniti, di beneficiare di una certa forma di assistenza tecnica e militare, anche in termini di erogazione di armamenti di Israele, farà peggiorare ancora di più le relazioni con l'Algeria, e forse spingerà le autorità militari algerine ad avvicinarsi all'Iran”.
Abbandonando il consueto status di Paese non allineato che lo ha sempre contraddistinto.
Da parte tunisina, finora non c’é stata alcuna reazione ufficiale. Solo una parte dei partiti politici e diversi membri della società civile hanno espresso la loro indignazione. "Il re del Marocco si unisce alla carovana del tradimento arabo", ha criticato Issam Chebbi, responsabile del partito socio-liberale Al-Joumhouri. In un post su Facebook, l'ex Presidente tunisino Moncef Marzouki ha condannato "la normalizzazione del regime marocchino con Israele poiché la sua politica di insediamento è in aumento, violando tutti i diritti dei Palestinesi". Sebbene sia vero che la Tunisia non ha reagito ufficialmente finora, "l'opinione pubblica è una variabile molto importante nell'approvazione o nell'ostilità che la Tunisia mostrerà verso il Marocco", ha dichiarato Kader Abderrahim, direttore della ricerca presso l'Istituto per la prospettiva e la sicurezza in Europa (IPSE), in un'intervista a L'Orient-Le Jour.
Anche all’interno della classe politica marocchina c’é un malcelato imbarazzo, per una decisione che parrebbe essere stata “imposta”, dopo essere stata negoziata direttamente dal re Mohamed VI.
Non a caso Jared Kushner, genero di Donald Trump e mediatore degli accordi fra lo Stato ebraico e i Paesi arabi, ha dichiarato in un’un’intervista raiofonica che "i consigli del re del Marocco hanno contribuito a far avanzare in modo decisivo il processo di pace tra Israele e alcuni Paesi arabi ”.
In una dichiarazione ad Al Jazeera, il Capo del governo marocchino, Saad Eddine El Othmani, ha sottolineato che "i Paesi nella loro storia devono fare scelte difficili"; ribadendo subito che “ il Marocco manterrà sempre una ferma posizione di sostegno alla causa palestinese".
Da parte loro alcuni esponenti dell’ala giovanile del PJD, partito islamista moderato al potere, hanno rivendicato “ il proprio sostegno alla decisione di ristabilire i rapporti diplomatici con Israele ma non aderiscono ad alcuna normalizzazione con lo Stato ebraico.”
Un distinguo dal sapore macchiavellico che la dice lunga sullo stato d’animo diffuso per una decisione supportata “turandosi il naso”.
Dopo Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Sudan e Marocco, sembra che il processo di normalizzazione dei rapporti diplomatici con Israele, dal nome “Abraham Accord”, possa continuare anche dopo l’uscita di scena di Ronald Trump. Anche perché il processo si é sviluppato nel segno del “do ut des”: il Sudan, ad esempio, è stato rimosso dalla lista dei Paesi che finanziano il terrorismo; gli Emirati Arabi Uniti, sono stati abilitati all’acquisto di caccia di tipo F-35; il Marocco, da parte sua, ne trarrà vantaggio economico ed ha anche ottenuto il riconoscimento americano della sua sovranità sul Sahara occidentale. Secondo il New York Times, il Sultanato dell'Oman e la Tunisia sono nella lista dei Paesi che potrebbero accodarsi. Va detto che la posizione tunisina nei confronti della normalizzazione delle relazioni con Israele è, al momento, piuttosto enigmatica. Durante il suo recente viaggio a Parigi, il Capo del governo, Hichem Mechcihi, interrogato in proposito si é accontentato di rispondere: "l’argomento non è all'ordine del giorno", lasciando la porta aperta ad ogni interpretazione.
In effetti, l'accordo tra Marocco e Israele non sorprende più di tanto. I due Paesi hanno goduto di una relazione di 60 anni di collaborazione "stretta ma segreta" su questioni militari e di intelligence e migrazione di ebrei in Israele, riferiscono diversi media, tra cui il New York Times. "Israele ha sempre reso enormi servizi al regno marocchino, e anche il Marocco è stato presente quando Israele lo ha richiesto", ha detto nello stesso contesto Hasni Abidi, direttore del Center for Studies and Research on the Arab and Mediterranean World (CERMAM ) a Ginevra, citato da France Culture.
Circa 1 milione di ebrei israeliani hanno origine, almeno parziale, da famiglie provenienti dal Marocco, e cio’ li rende il terzo più numeroso gruppo, dopo gli ebrei russi e ebrei polacchi.
Sotto la guida del re Mohammed VI, Casablanca è stata arricchita con un Museo del giudaismo marocchino e Essaouira, città portuale affacciata sull’oceano Atlantico, nella regione di Marrakech, ospita un Festival annuale di musica giudeo-araba. D'altra parte, il Ministero dell'Istruzione ha recentemente integrato il ruolo degli ebrei marocchini nello sviluppo del paese nei programmi scolastici.
Primo atto tangibile della nuova condizione relazionale fra Israele e Marocco é stato un volo partito da Tel Aviv ed atterrato a Rabat, con a bordo, pare, anche il genero di Donald Trump, Jared Kushner, e un consigliere di Benjamin Netanyahu.
Secondo la tv tunisina Nessma il volo arebbe preso una rotta settentrionale che attraversa il Mar Mediterraneo e lo spazio aereo greco, poi italiano, poi spagnolo, e infine verso la capitale marocchina, a causa della chiusura dello spazio aereo di Tunisia e Algeria agli aerei israeliani.
Se il buongiorno si vede dal mattino, si preannunciano nubi minacciose all’orizzonte.
Ferruccio Bellicini

Pensionato, da una quarantina d’anni vivo nei Paesi della sponda sud del Mediterraneo: Algeria, prima, Tunisia, ora. Dirigente di una multinazionale del settore farmaceutico, ho avuto la responsabilità rappresentativa/commerciale dei Paesi dell’area sud del Mediterraneo, dal Libano al Marocco e dell’Africa subsahariana francofona. Sono stato per oltre 15 anni, alternativamente, Vice-Presidente e Segretario Generale della Camera di commercio e industria tuniso-italiana (CTICI). Inoltre ho co-fondato, ricoprendo la funzione di Segretario Generale, la Camera di commercio per lo sviluppo delle relazioni euro-magrebine (CDREM). Attivo nel sociale ho fatto parte del Comitato degli Italiani all’estero (COMITES) di Algeri e Tunisi. Padre di Omar, giornalista, co-autore con Luigi Zoja del saggio “Nella mente di un terrorista (Einaudi 2017).