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Festival dell'Economia: Rampini "Non sprechiamo una buona crisi"
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Contro il “capitalismo irresponsabile” c’è la necessità di tornare ad un’etica vera e ad una forma di democrazia dal basso, base fondamentale, per cambiare un sistema capitalistico che ha mostrato tante falle. Il capitalismo può cambiare se la democrazia lo costringe.
Federico Rampini, inviato speciale in Asia ed editorialista di Repubblica, ha iniziato e terminato la sua disanima della crisi mettendo in rilievo ciò che si respira negli ultimi tempi: “la gran voglia di voltar pagina senza trarre alcuna lezione”. Il giornalista ha alzato e puntato il dito contro il guasto profondo delle regole fondamentali dell’economia di mercato e cioè la perdita di connessione tra merito e profitto, tra la creazione di ricchezza reale e i super premi che i manager dell’establishment americano hanno incassato. In un momento in cui le fila delle fasce povere ingrossavano sempre più, in cui gli americani perdevano il lavoro e la casa da un giorno all’altro, il top management statunitense continuava a prendere cifre da capogiro. “Incompetenti e disonesti”. Ha messo in luce come i manager abbiano garanzie contrattuali a prova di “qualsiasi cancellazione e che non valgono per nessun altro, e che non fanno riferimento ai risultati ottenuti”. Continua: “Se non c’è nesso tra il sistema degli incentivi e un simmetrico sistema di castigo che colpisce chi distrugge ricchezza allora il sistema gira a vuoto, mette a nudo la realtà che è sotto i nostri occhi e a quel punto non vince più il principio di responsabilità”. Il relatore ha illustrato come il conto dei risultati fallimentari del management americano sia stato trasferito alla collettività. Secondo Rampini in questo modo si è stravolto il sistema di incentivi e deterrenti che è il fondamento dell’economia di mercato e in questo modo il capitalismo diventa irresponsabile. “Si è persa la capacità del mercato di allocare le risorse in modo efficiente, premiando le aziende sane e punendo quelle insolventi con la promessa implicita che sarà il governo a salvare quelle troppo importanti per permettersi il fallimento”. Lo scrittore ha ribadito più volte che non siamo fuori dal guado e che non sono state affrontate le cause vere. La crisi ha messo a nudo un’impostura che non può durare e cioè quella di dare ancora credito a consigli di amministrazioni di S.p.A. che hanno fallito. La logica selettiva del capitalismo poteva funzionare se avesse mantenuto fede alle promesse. “Una rottura si è consumata fra la società occidentale e l’élite che guida le grandi aziende”. E, se è vero che tra gli effetti collaterali della crisi c’è stato un indebolimento della democrazia, è anche vero che un segnale importante del cambiamento epocale nella società americana è l’elezione, il 4 novembre 2008, di un presidente nero di 47 anni. Ciò significa che anche nei momenti più bui, una parte della società civile americana ha continuato a credere che il cambiamento fosse possibile. Questa parte di società ha organizzato dal basso, e già da parecchi anni, forme di consenso per una politica nuova. Ci ha creduto fino in fondo e ha avuto ragione. Il capitalismo - secondo Rampini - ha molte anime e una capacità straordinaria di cambiare. Il cambiamento però avviene quasi sempre dallo scontro fra logica democratica e capitalismo: il capitalismo cambia quando la democrazia lo costringe. Rampini ha esortato a non smettere di studiare gli anni Trenta del secolo scorso perché le analogie e i parallelismi con la crisi del terzo millennio sono tanti. C’è la necessità di imporre riforme strutturali, nuove regole finanziare e implementare gli interventi sul welfare: esattamente come fece Franklin Delano Roosvelt. “Attenzione - ha continuato Rampini - a non limitare questa crisi alla sfera finanziaria. La crisi è ben più ampia e fa riferimento all’etica del capitalismo”. Il giornalista ha messo in guardia dal salutare “come una manna dal cielo” questa crisi perché la decrescita produce stagnazione e ha sollecitato la platea a soluzioni di consumo frugale perché – ha detto – “il risparmio è frutto di una saggezza antica. In questo senso c’è molto da imparare dal popolo asiatico”.
Fonte: Festival dell'Economia |