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FaiBnB sfida Airbnb, a vantaggio delle comunità locali
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Foto: Fairbnb.coop
Voglia di prendere del tempo per se stessi, andare un po’ a zonzo, incrociare altri sguardi e alzare il naso verso altre architetture, esplorare. Ora più che mai in sicurezza, ma cercando di non dimenticare la bellezza e l’importanza del contatto con gli altri, delle relazioni.
Per farlo, di solito, partiamo dalla ricerca di un alloggio, la base per le scorribande dei piedi e delle anime sulle strade del mondo. Airbnb è una delle prime pagine che si aprono online: un’impresa brillante in termini di imprenditoriaità e innovazione, basata sull’idea semplice di aiutare le persone ad affittare le loro case o stanze ai turisti. Poca cosa, eppure molto utile… e molto redditizia, se consideriamo che il fatturato annuo ha superato nel suo primo decennio i 2 miliardi di dollari e che il servizio è ormai disponibile in quasi tutto il mondo. Un successo che porta con sé però anche molte ombre: aumento degli affitti, scarsità di alloggi, gentrificazione dei quartieri che da popolari si trasformano in zone abitative di pregio con conseguente modificazione della composizione sociale, senza contare gli effetti collaterali sulle dinamiche del turismo e i contraccolpi della pandemia che, se non lo ha già del tutto fatto, segna un destino diverso per tutte le sfumature della mobilità. Una serie di problemi ai quali un gruppo di realtà variegate ha immaginato una soluzione che fa perno su tre parole chiare: ambiente, solidarietà, comunità.
L’alternativa si chiama FairBnB, un viaggio iniziato tra Venezia, Amsterdam e Bologna in forma di movimento nel 2016 con l’intenzione di creare un’alternativa più equa alle piattaforme esistenti per la condivisione delle proprie case e che ha trovato terreno fertile in altre città d’Europa, dando presto forma a una cooperativa che rappresenta la realtà legale a supporto del progetto, un’organizzazione aperta che spera di poter coinvolgere il maggior numero possibile di attori di questo “ecosistema”. Un’idea che prende vita dal riconoscimento dell’utilità e degli indubbi vantaggi che piattaforme come Airbnb offrono allo sviluppo del turismo per i quartieri e le comunità, ma che al contempo è consapevole dell’insufficiente – se non assente – attenzione alla regolamentazione: la piega che realtà di questo tipo hanno preso fin dall’inizio, orientate al profitto illimitato e dominate da attori privati che rappresentano il 20% delle presenze ma l’80% dei guadagni, è inaccettabile.
L’approccio innovativo di FairBnB, che dall’inizio dello scorso hanno ha iniziato con le prime proposte di affitti, è quello di considerare come elemento costitutivo delle proprie attività gli aspetti etici e di porli al servizio delle comunità locali. In che modo? Valorizzando e sottolineando tre specifiche differenze rispetto all’operato dei concorrenti più grandi e affermati. Per prima cosa, da un punto di vista legale: la trasparenza è una regola e un obiettivo da perseguire in modo costante, anche attraverso la collaborazione con le istituzioni, sia tramite politiche di controllo degli affitti, sia operando controlli capillari sul versamento delle tasse a livello locale. Il secondo fronte su cui si investe per una netta presa di posizione rispetto alle modalità operative di Airbnb e simili è altrettanto significativo ed è il fatto di essere una cooperativa, ovvero una piattaforma di proprietà di un gruppo di persone che attivamente contribuiscono al progetto e per i quali partecipazione, operato e salari sono trasparenti. Il terzo aspetto a cui i fondatori di FaiBnB tengono è la destinazione del 50% della commissione al sostegno di progetti comunitari: i prezzi sono quindi simili a quelli di Airbnb, ma la suddivisione degli introiti è profondamente diversa e punta a favorire le comunità locali, per esempio in quei progetti che faticano a trovare spazi non commerciali come le associazioni, le cooperative per la redistribuzione del cibo e o i giardini di quartiere. Quest’ultima caratteristica è forse quella di maggior impatto comunicativo, ma non è la più importante: per i fondatori il vero snodo è l’attivazione delle comunità e l’attenzione alla coesione sociale. Sebbene il focus tenda a orientarsi sulle donazioni a favore dei progetti, questa è solo una delle molte strade che rafforzano i legami tra le persone. L’idea che invece va più di ogni altra cosa valorizzata è lo sforzo orientato a un lavoro condiviso dalle comunità locali, che vengono coinvolte nella riflessione sul turismo che auspicano, sugli effetti attesi, sui profitti sperati, sui servizi da potenziare, con l’obiettivo di sviluppare insieme i criteri per gli affitti, i limiti e l’individuazione dei progetti più interessanti da sostenere. E da Amsterdam si muovono i primi passi anche verso la creazione di gruppi di portatori di interesse locali che forniscono servizi a chi propone e a chi usufruisce degli affitti, dalla pulizia dei locali al portierato ad altre attività connesse alla gestione e alla promozione del turismo. Approcci che indubbiamente mirano a tener conto delle peculiarità territoriali, che realtà come Airbnb ignorano e le cui conseguenze non esitano ad emergere.
Un orizzonte complesso, che prende inizio da una struttura basilare e osa sfidare un colosso, con grandi potenzialità: in particolare una strategia di crescita pensata sul lungo periodo, che ruota attorno al coinvolgimento delle comunità quali tessuto sociale imprescindibile per qualsiasi esperienza che si prefigga di durare nel tempo, magari senza impennate improvvise di profitti, ma con la certezza di non calpestare le realtà – e dunque le persone – che sono assieme fruitrici e beneficiarie di esperienze come questa, che valorizzano un lavoro di rete integrato nelle specificità di contesti diversi e votati alla loro promozione in termini di lavoro, comunicazione e, in senso più ampio, benessere collettivo.
Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.