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Expo ha chiuso. L’impegno della società civile continua
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Expo ha chiuso. Rho si sveglia silenziosa, dopo sei mesi di flusso ininterrotto. Ai cancelli oggi non c’è anima viva. I segni di quanto accaduto in questo tempo sono evidenti ed indelebili sullo spazio milanese, e in generale sullo spazio della riflessione nazionale ed internazionale sulle problematiche della fame, delle pratiche agro-alimentari, dei consumi, dell’accaparramento delle terre, della speculazione finanziaria sui beni alimentari. Queste ultime non hanno chiuso i cancelli. Permangono come fenomeni sempre più preoccupanti alla ricerca di una seria regolamentazione decretata dalle istituzioni internazionali, l’Unione Europea in primis – considerato il coinvolgimento dei Paesi europei, come l’Italia, ad esempio nella corsa alla terra.
Lo ha ribadito l’onorevole europeo Patrizia Toia durante la conferenza stampa della campagna Sulla fame non si specula che si è svolta a Cascina Triulza – il padiglione della società civile in Expo – venerdì 30 ottobre 2015. “Il Parlamento Europeo era partito bene all’inizio delle riflessioni, alcuni anni fa, sugli investimenti agricoli esteri (e non solo), ma a causa delle lobby e degli interessi economici, le decisioni politiche hanno modificato il loro corso. Mancano criteri regolativi, né troppo permissivi né troppo restrittivi, che consentano e favoriscano pratiche decisionali chiare, che sappiano distinguere tra ciò che ci fa bene e ciò che non ci fa bene. Queste regole e le strategie per seguirle e rispettarle non possono essere lasciate nelle mani di funzionari tecnici che in modo inerziale svolgono il loro lavoro sulla base di tendenze consolidate, senza innovare. La politica deve tornare a prendere in mano le questioni della speculazione sui beni alimentari e del land grabbing”.
Il recepimento della direttiva europea 2004/39/CE, detta MiFID (Markets in Financial Instruments Directive), o meglio del suo aggiornamento più recenti (MiFID II del 2014) – che deve avvenire entro il 2016 – non può, quindi, essere lasciata nelle mani dei funzionari: il Governo deve assumersi le sue responsabilità e prendere posizioni chiare in merito. Perché questo possa avvenire la società deve rimanere alle costole delle istituzioni, per incalzarle nel loro compito decisionale affinché si facciano gli interessi delle persone, dell’umanità e non delle multinazionali e delle lobby economiche.
La campagna nazionale Sulla fame non si specula, avviata nel 2011 da un gruppo di giornalisti – tra cui anche quelli di Unimondo – per capire e raccontare la crisi alimentare globale e la speculazione finanziaria sul cibo, non si è conclusa il 31 ottobre. Continua nel suo intento di mantenere alto il livello di attenzione sulle questioni citate. L’obiettivo è quello di riportarle al centro dell’agenda dei decisori politici i quali, invece, attraverso la Carta di Milano, hanno preferito minimizzarle attraverso un linguaggio timido, fin troppo dimesso. La campagna può contare su una rete ben ramificata in Italia, ma anche in altri Paesi europei dove sono in corso esperienze simili, di sostegno e solidarietà fatta di realtà associative, ong, onlus che credono nella sovranità alimentare e nell’agroecologia.
Oltre che sostenitrici della campagna, queste realtà si sono ritrovate attorno ai principi e alle pratiche della Carta di Trento, anch’essa presentata in sede Expo il 30 ottobre. Il documento, un’opera collettiva che percorre la riflessione sugli otto obiettivi di sviluppo del millennio dell’ONU declinati e letti con la lente della cooperazione internazionale, è un percorso di riflessione durato otto anni all’interno del quadro progettuale della World Social Agenda di Fondazione Fontana. Sponsorizzata dalla Provincia Autonoma di Trento, la Carta è stata presentata dall’Assessora Sara Ferrari che ha ribadito il suo valore come testo unico da utilizzare in questi anni per trasformare l’azione dell’amministrazione e delle organizzazioni, da difendere come tesoro, ma anche da diffondere. Uno dei suoi autori, Christian Elevati, che in particolare ha curato l’ultimo capito dedicato al primo obiettivo, sostiene che il documento si presenta alla società con una notevole ambizione, ma riesce – almeno nell’intento – a tradurre pensieri complessi in strategie d’azione in grado di stabilire impegni ed azioni concrete per poter costruire risposte adeguate alle questioni chiave che contraddistinguono gli otto obiettivi.
La Carta è il manifesto di una nuova politica. In essa c’è spazio per una cooperazione che tragga forza da interazioni sempre più strette tra attori differenti: profit, non profit ed amministrazioni, soggetti con responsabilità comuni, ma dai ruoli differenziati. Ideologizzazioni da un lato e strumentalizzazioni dall’altro sono in agguato; resta fondamentale vegliare affinché non si materializzino esiti contrari al bene comune. Dal Perù, in conferenza Skype, Riccardo Moro, economista, lo ho detto chiaramente: tutti, in maniera differenziata, siamo chiamati a costruire la nostra Agenda nazionale a partire dallo sfondo globale tracciato dai Sustainable Development Goal lanciati dall’ONU nel settembre 2015. Pur rappresentando una sorta di shopping list, i nuovi obiettivi sono l’esito di un interessante processo triennale di negoziazione tra attori differenti. In un contesto altamente differenziato e dalle relazioni complesse è necessario iniziare a studiare di più, a costruire collaborazioni con le università e i centri di ricerca – perché c’è un grande bisogno di comprensione, ad investire in cultura – è fondamentale raccontare, parlare, spiegare, ed infine realizzare alleanze con le forze politiche. Questa è la mini agenda i cui risultati sono affidati da Moro ai promotori della Carta di Trento (e a tutte le organizzazioni coinvolte in vario modo). Questa è una possibile strada per incidere sul cambiamento. Intendiamo seguirla per “ripensare una migliore cooperazione internazionale”.
Sara Bin

(1976) vive in provincia di Treviso e lavora a Padova. É dottore di ricerca in geografia umana; ricercatrice e formatrice presso Fondazione Fontana onlus dove si occupa di progetti di educazione alla cittadinanza globale e di cooperazione internazionale; è docente a contratto di geografia politica ed economica; ha insegnato geografia culturale, geografia sociale e didattica della geografia. Collabora con l’Università degli Studi di Padova nell'ambito di progetti di educazione al paesaggio e di formazione degli insegnanti. Ha coordinato lo sviluppo e l'implementazione dell'Atlante on-line in collaborazione con il Ministero dell'Istruzione, del'Università e della Ricerca. Dal 2014 fa parte del gruppo di redattori e redattrici di Unimondo. Ha svolto attività didattica e formativa in varie sedi universitarie, scolastiche ed educative ed attività di consulenza nell’ambito della cooperazione allo sviluppo. Tra i suoi principali ambiti di ricerca e di interesse vi sono le migrazioni, la cittadinanza globale, i progetti di sviluppo nell’Africa sub-sahariana, lo sviluppo locale e la sovranità alimentare. Ha svolto numerose missioni di ricerca e studio in Africa, in particolare in Burkina Faso, Senegal, Mali, Niger e Kenya. E' membro dell'Associazione Italiana Insegnanti di Geografia e presidente della sezione veneta.