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Expo 2015: luci, ombre e qualche speranza
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Dopo averne sentito parlare, averla analizzata in vari articoli su Unimondo e averne personalmente già scritto, andiamoci a questa EXPO2015!
Partenza con il treno di prima mattina, arrivo ad ore 9.15 nella capientissima e modernissima stazione di Rho Milano Fiera Expo; la stazione, praticamente creata per questo evento è a dir poco nuova: binari luccicanti, spazi enormi e…vetrine vuote. Così si presentano i cosiddetti spazi commerciali nel sotterraneo dello scalo: campeggiano ovunque i bollini rosa con la freccia bianca che indicano l’ingresso all’esposizione ma, tolto qualche locale di servizio, tutte le vetrine colorate coperte da mega loghi sono chiuse e spente.
Andiamo avanti e dirigiamoci ai tornelli.
Ci sono alcune centinaia di persone in fila, poche per la capiente bocca dell’ingresso, ma nonostante questo facciamo venti minuti di coda ”sarà per la sicurezza” diciamo noi, ma giunti all’ingresso la guardia ci osserva veloce e, bontà sua, dopo aver deciso che non siamo pericolosi ci lascia entrare: perché allora abbiamo aspettato tanto? Come sarà in caso di pienone e con i 37° del mese di agosto?
Finalmente ci siamo e attacchiamo i padiglioni: bello il Pavillon Zero con al suo interno l’Archivio del mondo: sembra un’immensa biblioteca rinascimentale piena di cassettini dove, simbolicamente, è contenuto tutto ciò che è l’uomo, e poi, passati sotto gli archi di legno della prima sala, si apre uno spazio modernissimo con al suo interno lo schermo più grande del mondo che ci racconta cos’è l’umanità e come si è sviluppata nei millenni, anche in rapporto all’alimentazione e alla natura. Stupendo, niente da dire, l’inizio è promettente.
Comincia un attento giro, corredato di servizio fotografico, degli stand interni; i palazzetti dei vari paesi sono interessanti, soprattutto, credo, per gli studenti di architettura: si va dalla falce di vetro della Russia, all’ipertecnologica ruota della Bielorussia, dalla scatolona intarsiata dell’Angola, agli essenziali – anche per motivi economici – stand africani (comunque ricchi di artigianato locale), dal ligneo e ardito palazzo in legno della Francia, al festaiolo minimal-streetfood stand dell’Olanda, per finire con l’architettonicamente apprezzabile ma brutto – se confrontato con il lavoro degli ebanisti all’ingresso del padiglione zero – Palazzo Italia, totalmente in cemento armato.
Stringe il cuore a vedere il padiglione del Nepal, solo quasi finito a causa del terremoto ma fortissimo nel suo valore di silenzioso simbolo. Particolare il palazzetto del Vietnam in legno intrecciato a formare fiori di loto. E’ visivamente bella questa Expo. Ma c’è un ma. Scattano le domande e la mini inchiesta conseguente: Vi piace? a cosa serve? cosa si fa qui? Qualcuno, con l’occhio più critico del nostro, ci fa notare parecchie pecche: collegamenti non finiti, verniciature approssimative, qualche spazio off-limits nascosto agli sguardi dei visitatori perché troppo indietro per essere completato. A tutti, grandi e piccini, sfugge purtroppo il significato etico di questa esposizione: “nutrire il pianeta, energia per la vita” si è mutato tout court in “nutrire noi stessi, a caro prezzo”.
Da questo punto di vista sembra di stare a Gardaland: tutti in fila per le attrazioni, si entra, si ordina la specialità del paese di turno, la si paga profumatamente, ci si breve dietro un birra o due e sotto con il prossimo. Se non piace l’etnico, è pronto McDonald’s! Non un cenno al protocollo e alla carta di Milano, tanto che qui l’obesità appare foraggiata più che combattuta e la fame nel mondo è insultata ad ogni morso. Tutto da buttare quindi? Per fortuna no.
All’interno della recuperata cascina Triulza, antica palazzina rurale lombarda recuperata per l’occasione, è ospitato il padiglione della Società Civile. Spazio ad associazioni, sindacati e enti benefici quindi e quando entriamo è in corso la presentazione dell’associazione MAGI, istituto di genetica no profit, realtà italiana ed internazionale d’eccellenza nel campo della diagnosi e ricerca sulle malattie genetiche, composta da medici specialisti che operano con l’obiettivo di fornire una risposta nella dura battaglia alle malattie genetiche ed incentivare la ricerca. “Siamo qui per raccontare il nostro lavoro, ma soprattutto per incontrare nuove occasioni di collaborazione e ampliare le nostre prospettive future.” spiega il genetista, fondatore e Presidente di MAGI dott.Matteo Bertelli “con orgoglio presentiamo anche i risultati raggiunti in questi anni nella lotta alla malattie genetiche e rare, in Italia – con Magi Euregio (la sede del laboratorio è a Rovereto, in Trentino) e con Magi Balkan – a Tirana.”
Qui il morale si alza, ed EXPO appare, finalmente, utile e solidale. Sentimento che si rafforza quando gironzolando tra cardo e decumano, noto un bel turbante azzurro: è Emma Bonino, ospite del Corriere della Sera per un incontro dal titolo “Emergenza immigrati: l’Italia è sola?”.
Parte in quarta, Emma, in via di ripresa dopo una brutta malattia “non siamo soli, siamo smemorati. Alcuni nostri politici ragionano di pancia e aizzano gli italiani, parlano di invasioni, di malattie e di zecche; dicono che la Germania ci ha abbandonati e che i musulmani ci conquisteranno. Dove eravamo noi nel 1990 quando i tedeschi accoglievano 400.000 tra Croati e Sloveni in fuga da una Jugoslavia a brandelli? Girati dall’altra parte”
Riprende e fornisce dati, che da lì a pochi giorni saranno confermati dal ministro Alfano.
“Esiste una emergenza, come giustamente fa presente anche l’ultimo rapporto UNHCR, ma da noi non c’è nessuna invasione. Quest’anno sono arrivati, fino ad oggi, 59 mila profughi in Italia; siamo in linea con lo scorso anno. Vi ricordo che il 2014 ha contato 150.000 profughi in tutto, 57 mila dei quali sono spariti ufficialmente nel nulla; in realtà sono andati a ingrossare le fila degli schiavi del lavoro nero: a raccogliere i pomodori per 2 euro al giorno, a battere i viali in schiavitù, a fare quello che gli italiani si schifano di fare – e sfido chiunque a dire il contrario. Nei secoli abbiamo tolto tutto a queste persone, terre, risorse, dignità. Oggi li trattiamo come bestie, li sfruttiamo e poi gli sputiamo addosso il nostro odio. Non è colpa della donna che scappa coi suoi figli per non morire se in Italia non c’è lavoro. E’ colpa di chi, votato e profumatamente pagato per farlo, non trova soluzioni.” E sul discorso delinquenza “è vero, ci sono anche malviventi su quei barconi, ma smettiamola di raccontarci la favola che i nostri nonni andavano in America o nel mondo a lavorare mentre questi rubano e spacciano. Noi in America abbiamo esportato Mafia e delinquenza, voglia di lavorare e speranze, in parti uguali, esattamente come gli altri”
“Su tutto smettiamola, davvero, di parlare di invasione” riprende con veemenza” per fare solo due esempi il Libano ha 2 milioni di abitanti e conta oggi un milione di profughi e la Tunisia, con 11 milioni di abitanti trattiene oggi un milione di libici in fuga. Gli italiani sono 60 milioni e l’anno scorso, ripeto, abbiamo avuto l’arrivo di 150.000 persone.”
E chiude in modo netto” ho sempre creduto nell’Europa, ma questa Europa non mi piace: ne vorrei una dove non si vedono le scene viste a Ventimiglia” Scatta l’applauso e qualcuno – io – grida “brava Emma, saresti stata una grande Presidentessa della Repubblica.” E dopo averla sentita oggi ne sono ancora più convinto.
Si è fatto tardi, andiamo a prendere il treno. Il bilancio della giornata è dolceamaro. Con questa Expo l’Italia sembra aver fatto come le signore di una certa età che non accettando difetti e pecche, si truccano vistosamente e si vestono con cura, tralasciando a volte gli aspetti culturali e morali, il miglioramento personale e il benessere psicofisico.
Ma pensando alla MAGI, alla Bonino e vedendo alcuni giovani volontari sui 18 anni che davanti a me dispensano sorrisi e volantini informativi e parlando tra loro affermano di non sentirsi sfruttati ma contenti per avere avuto la possibilità di incontrare gente di ogni parte nel mondo e pieni di progetti e speranza per il domani, credo che forse la vecchia signora Italia, residente in Via Mondo, frazione Europa, faziosa, a tratti immorale e scostumata che certamente è stata per molte generazioni una pessima matrigna, potrà essere una grande nonna per i suoi nipoti. Quei nipoti che parlano tre lingue e programmano al computer mentre si lavano i denti alla mattina, che sperano nonostante le prospettive di precariato e incertezza di poter vivere e crescere nel loro Paese e che chiedono solo di essere seguiti, ascoltati e amati.