Ecologia e riciclo? Si cambia musica!

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Non poteva esserci titolo più azzeccato per presentare il nuovo cd dei “Manzella Quartet”, formazione musicale italiana distintasi per una peculiarità significativa: fare musica ecologica. “Come taste our new album” è l’invito proposto a fine gennaio dalla band bergamasca in occasione dell’uscita dell’ultimo album “Come taste (a little bit of) the band”, con lo scopo di far provare al pubblico il “gusto” di nuove sperimentazioni sonore, ricavate dall’utilizzo di strumenti ri-nati da materiale riciclato. Il comunicato stampa arrivato in redazione esordiva: “Da oggetti apparentemente destinati ad essere rifiuti dimenticati nasce una musica che parla di ecologia e altre tematiche sostenibili. Come vi suona?”.

Bene, ci suona bene ovviamente. Anche perché il risultato, completamente unplugged, non ha alcun effetto speciale, se non l’originalità dell’idea: a partire dalla cover e dal packaging del cd, realizzato con un foglio A4 di carta riciclata, che fin da subito dà prova dell’attenzione della band nei confronti dell’impatto ecologico di cui, ahinoi, anche la musica ha non poche responsabilità (basti pensare non solo all’infinita quantità di plastica e carta utilizzate per gli imballaggi e per i supporti dei “cari vecchi cd”, ma anche alle macchine organizzative che sorreggono i concerti e all’inquinamento sonoro, luminoso e ambientale che si portano appresso).

Un’idea quindi particolarmente interessante quella di questa “Formazione Instabile“, che nell’album offre “un pugno di canzoni dirette, facili all’ascolto ma dai contenuti tutt’altro che banali, suonate con strumenti musicali (“attrezzi” come a loro piace definirli) improbabili.” Poche righe sufficienti a suscitare curiosità e ammirazione per l’inventiva, la creatività, le doti musicali e di improvvisazione che caratterizzano il gruppo. Gli strumenti utilizzati sembrano uscire direttamente da una favola per bambini: il bidon-basso, la tegliarra, l’eco batteria, l’asse per lavare i panni, lo stendofono, il battifono. Sono strumenti inventati dai Manzella stessi, le cui note si intrecciano a creare un sound unico e incredibile, che tiene ben lontana la nostalgia per gli strumenti “normali” a cui siamo abituati.

Un repertorio che ripropone brani inediti e cover, che spazia dal reggae al blues al folk al pop al rock e perfino al jazz e che, al di là degli ovvi limiti degli strumenti utilizzati, lascia al pubblico il grande regalo di poter “immaginare” la propria versione della canzone, spesso proposta come idea che ognuno può in qualche modo plasmare secondo la propria sensibilità. Un coinvolgimento attivo che viene a volte incentivato anche dall’invito a portare con sé il proprio eco strumento per arrangiare in maniera creativa – e irripetibile – le canzoni proposte. Canzoni che si muovono su un terreno in genere poco battuto: prendono sì, come molti altri brani, spunto da esperienze di vita quotidiana, vissute in prima persona, ma portano all’attenzione del pubblico rilevanti tematiche socio-ambientali: gli ingredienti dei cibi che compriamo, gli abusi edilizi, l’incomunicabilità del nostro tempo, l’energia nucleare…

I Manzella non sono i soli a pensare nuovi strumenti per  sensibilizzare facendo musica: basta dare un’occhiata a cosa è stato capace di realizzare il musicista J. Viewz semplicemente con l’aiuto di un circuito ideato dal MIT – Massachusetts Institute of Technology, che converte i segnali elettrici trasmessi da qualsiasi cosa – quindi anche frutta e verdura – in suoni sulla tastiera. Ma anche senza l’ausilio dell’elettronica le idee non mancano: dalle carote che diventano kazoo, alle rape trasformate in clarinetti, fare musica con frutta e verdura sembra divertire non solo gli inglesi.

Già nel 1998 in Austria nacque The Vegetable Orchestra, formazione musicale dedita all’intarsio di ortaggi per un risultato musicalmente ed esteticamente unico. E nei vari concerti tenuti in giro per il mondo l’Orchestra ha più volte dichiarato, a chi ne interrogava i componenti sull’eticità di suonare strumenti musicali ricavati dal cibo mentre altre persone non hanno di che nutrirsi, che: “la vera preoccupazione che riguarda la distribuzione della ricchezza deve pesare più sui nostri desideri indotti quali l’avere sempre maggior denaro e il comprare nuovi telefoni, macchine, case. Gli strumenti tratti dalle verdure sono l’ultimo dei problemi: per essere prodotti hanno bisogno di pochissima energia e sono del tutto biodegradabili.”

Un esperimento che si inserisce in pieno nella scia dell’”ecological edutainment“, ovvero dell’educazione attraverso il divertimento, un inno insomma alla musica a basso impatto ambientale, ma ad alto concentrato di impegno e responsabilità.

Anna Molinari

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