E tutta quell’energia che viene dalla strada…!

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Route 66. Probabilmente il nome di strada più evocativo al mondo, che ha impregnato i nostri immaginari di letteratura e tramonti, chilometri e racconti. Nota anche come Mother Road, fu aperta nel 1926 e divenne uno dei simboli dell’America moderna, coprendo la distanza tra Chicago (Illinois) e Santa Monica (California) per un totale di quasi 4000 km. Negli anni ’30 la strada costituiva il percorso principale per le migrazioni est-ovest e contribuiva notevolmente al sostentamento economico delle comunità che attraversava. Anche se, dal 1985, non appartiene più ufficialmente alla rete delle highways statunitensi, la Route 66 incarna ancora il suo fascino per turisti e viaggiatori.

Da qualche tempo, però, ha anche una carta in più da giocarsi per scrivere la sua storia, che in questo caso ha tutte le premesse per diventare una storia contemporanea. In particolare facciamo tappa nel tratto che attraversa il Missouri, dove lo stato sta mettendo a punto una pavimentazione fotovoltaica che per la prima volta renderà possibile negli Stati Uniti la fornitura di energia direttamente da una strada pubblica. La compagnia che ha sviluppato i pannelli, la Solar Roadways, nel 2014 ha raccolto in meno di due mesi più di 2 milioni di dollari attraverso un crowdfunding che ha permesso di trasferire rapidamente sul mercato la nuova tecnologia. La promozione è avvenuta attraverso un video che ha avuto oltre 21 milioni di visualizzazioni e che presenta l’idea in modo decisamente accattivante. Una sfida interessante posta dagli amministratori della compagnia, che sostengono la possibilità di produrre, pavimentando con specifici pannelli solari tutte le strade e i parcheggi d’America, una quantità di energia pari al triplo di quella prodotta dal Paese nel 2009. Questo significa, oltre 13 milioni di kilowatt/ora di energia.

Il progetto ha coinvolto lo stesso Dipartimento dei Trasporti dello Stato, che ha lanciato una propria campagna di raccolta fondi per supportare l’iniziativa, prospettando il compimento dell’installazione nel tratto di strada sperimentale per la fine del 2016. La scelta della Route 66 ha un forte significato simbolico perché permetterà di unire passato e futuro sotto l’egida di un presente che valorizzi le fonti di energia rinnovabile e che mantenga viva e al passo con i tempi una delle storiche icone degli States. Ma ha anche un valore inestimabile per quanto riguarda le possibilità che potrebbe aprire sul fronte della spesa pubblica: “Se questo sistema funzionerà”, ha dichiarato al momento della presentazione del progetto a Kansas City Tom Blair, leader dell’iniziativa Road to Tomorrow, “le strade potrebbero direttamente coprire i propri costi”.

Si tratterebbe di un momento importantissimo sia dal punto di vista scientifico che dal punto di vista ecologico, che andrebbe a coronare gli studi di Scott e Julie Brusaw, gli scienziati che hanno messo a punto i pannelli esagonali in vetro temperato, alla cui progettazione hanno dedicato le loro giornate per oltre 12 anni.

Un’iniziativa che, a quanto pare, è già in fase di sperimentazione in Olanda e interessa molto anche altri Paesi, come ad esempio la Francia che, con le parole di Ségolène Royal, ha manifestato lo scorso gennaio l’intenzione di voler pavimentare con pannelli fotovoltaici circa un migliaio di km delle proprie strade nei prossimi 5 anni.

Gli interrogativi sulla praticabilità e sugli sviluppi dell’esperimento rimangono: dalle connessioni elettriche che dovranno essere impermeabili alle infiltrazioni dell’acqua piovana all’orientamento dei pannelli, dalle problematiche legate alla natura disconnessa di molte strade che li sottoporranno a un notevole stress fisico allo sporco che, accumulandosi al suolo, potrebbe diminuire la possibilità dei raggi solari di filtrare fino ai pannelli con sufficiente intensità. Ciò non toglie che la manutenzione stradale potrebbe essere ulteriormente ridotta per quanto riguarda invece la segnaletica orizzontale (un sistema di luci a LED verrebbe utilizzato al posto delle vernici) e la risoluzione di eventuali guasti (essendo i pannelli esagonali concepiti come moduli, essi possono essere facilmente sostituiti). Alla luce poi degli sviluppi tecnologici prospettati, soprattutto in termini di sostenibilità ambientale e viabilità (gli elementi riscaldati dei pannelli preverrebbero la formazione di ghiaccio e cumuli di neve), non possiamo certo dire che non valga la pena fare più di un tentativo in questa direzione. E poi sarà forse un modo per aggiungere appeal alla Route 66, dove non si andrà più soltanto “riding in the sun”, ma si andrà letteralmente “riding on the sun”. E magari, perché no, potremmo farci un pensierino anche dalle nostre parti, dove il sole non manca, ma il coraggio di investire in idee innovative, a volte, sì.

Anna Molinari

Giornalista freelance e formatrice, laureata in Scienze filosofiche, collabora con diverse realtà sui temi della comunicazione ambientale. Gestisce il progetto indipendente www.ecoselvatica.it per la divulgazione filosofica in natura attraverso laboratori e approfondimenti. È istruttrice CSEN di Forest Bathing. Ha pubblicato i libri Ventodentro (2020) e Come perla in conchiglia (2024). Per la testata si occupa principalmente di tematiche legate a fauna selvatica, aree protette e tutela del territorio e delle comunità locali.

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