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E se invece spendessimo due euro per i Corpi civili di pace?
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Foto: Unsplash.com
Quelli che sono in alto dicono a quelli che sono in basso: indebitatevi perché bisogna sempre essere pronti alla guerra. Tutte le guerre, chissà perché, chi le fa dice che sono di difesa. Ma quelli che sono in alto dicono anche un’altra cosa: ci si può difendere, e anche morire, solo con un’arma in mano. Eppure la storia è ricca di esperienze di difesa attraverso la noncollaborazione, i boicottaggi, i sabotaggi. La resistenza nonviolenta può fare il suo salto di qualità se, nelle zone di conflitto, potessero intervenire persone disarmate e formate in grado di favorire cambiamenti positivi per tutte le parti coinvolte con i metodi e le tecniche nonviolente. È la strada potentissima dei Corpi civili di pace. Scrive Raffaele Barbiero: “Il percorso è sicuramente ancora lungo e la nonviolenza dovrà coesistere con la risposta armata degli eserciti, ma se non si investe subito neanche un euro, sicuramente saremo condannati alla violenza di una prossima guerra che verrà. La brutalità rende brutali e genera brutalità, la violenza rende violenti e genera violenza, la guerra genera guerra. Per uscire da questo giro vizioso bisogna interromperlo…”
La nonviolenza, come modalità di soluzione dei conflitti, è stata sistematizzata in manuali di apprendimento e azione solo da Gandhi in poi (quindi dagli inizi del Novecento); in Italia non esistono di fatto scuole, accademie, istituti per insegnarla, molto più presenti all’esteroinvece, specialmente dentro il mondo accademico anglosassone. Per la nonviolenza non si spende ufficialmente neanche un euro e nessuno è impiegato, stipendiato, assicurato, addestrato appositamente per questo. Tutto quello che si muove in questo campo o è frutto del volontariato, o è legato all’utilizzo da parte di alcune Ong o associazioni nazionali dei ragazzi/e in servizio civile nazionale, o deriva da interventi sporadici dello Stato o di Enti Locali e Istituzioni universitarie lungimiranti.
Di fronte alla domanda: “Accetti un’ingiustizia, un’aggressione, una violenza o reagisci ad essa?”, l’unica risposta possibile e ammessa (anche a livello di informazione di massa) è quella armata e violenta, perché come dice la canzone di De Andrè La guerra di Piero, se tu non spari per primo finisci a dormire in un campo di grano.
Se si vuole rispondere con la nonviolenza, non si deve improvvisare e bisogna subito investire risorse economiche e umane per rendere concreta questa alternativa, che richiede studio, sperimentazione e formazione.
La risorse
Ma dove si possono impegnare queste risorse economiche e umane? Nel parlamento europeo dal 1994 vi è la proposta avanzata da Alexander Langer di istituire i Corpi Civili di Pace Europei, proposta poi approvata con una risoluzione nel 1999, seguita da due studi di fattibilità realizzati nel 2004 e nel 2005 (Feasibility Study on the establishment of a European Civil Peace Corps/ECPC), Final report 29.11.2005, Channel Research). Da allora però solo la Repubblica di San Marino, con la legge 2.12.2021 nr.194, ha recentemente istituito i Corpi Civili di Pace.
Nel parlamento italiano dal 2017 vi è la proposta di legge di iniziativa popolare per istituire il “Dipartimento della difesa civile non armata e nonviolenta” che prevede la creazione di un contingente da impegnare in azioni di pace non governative nelle aree di conflitto, o a rischio conflitto, o nelle aree di emergenza ambientale e che prevede anche la creazione dell’Istituto di ricerca sulla Pace e il Disarmo...