Dove sono finiti i disabili in America Latina?

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Quasi non si vedono per le strade, agli sportelli bancari, in coda alle poste, a fare la spesa nei supermercati e ancora meno nei negozi al dettaglio. Non c’è modo di conoscerli, di farci due chiacchiere, di aiutarli ad attraversare le strade, a salire sugli autobus o di conversarci sulla totale assenza di servizi a loro dedicati. Parlo delle persone con disabilità, nei principali paesi latinoamericani. Le ragioni, ai miei occhi, hanno uno stretto collegamente col potere elettivo della frangia di popolo affetto da disabilitàA giudizio dei politicanti di turno, se da una parte il loro voto non cambia le sorti di un paese, perché numericamente poco rilevante, lo sforzo economico per adempiere ai loro bisogni e assicurargli una vita degna è, invece, visto come troppo oneroso. Più il popolo disabile viene silenziato e ignorato, meno la gente si accorgerà che vi è una necessità insoddisfatta. Meno i disabili sono serviti, meno aspettative avranno di essere serviti adeguatamente in futuro. Nel momento in cui un governo inizia a soddisfare le richieste di un popolo vulnerabile come i disabili, allora l’opinione pubblica magicamente si rende conto della loro esistenza, si emoziona, inizia ad agire qualcosa a livello di subconscio, e si immola in difesa dei loro diritti. Certo, non arrivano a erigere barricate e a mettere a ferro e fuoco le piazze, ma almeno provano indignazione verso tanta indifferenza.

In America Latina, va ammesso, ci sono nette differenze da paese a paese, sebbene in nessun caso si raggiunga un contesto di sufficienza. Se da una parte in Argentina vi sono alcune, rare, infrastrutture per facilitare la mobilità dei disabili, soprattutto nelle città maggiori, e più precisamente nei centri urbani, in Bolivia o Perù le loro possibilità di avere un vita all’aria aperta sono ridotte al minimo.

L’Argentina, per essere un paese sviluppato e industrializzato, si trova in una posizione più avanzata in quanto a inclusione di disabili nella vita pubblica. Le scuole sono obbligate a ricevere bambini con disabilità, anche se i docenti non possiedono una formazione specifica per accogliere le loro necessità, e i maestri tutori sono ancora carenti su territorio nazionale. Molto prima dell’attuale governo si sono promosse misure delle quali possono beneficiare i cittadini disabili: dal trasporto gratuito ai parcheggi privilegiati per i quali le multe sono piuttosto salate, fino a sconti mirati per l’acquisto di un automobile. Allo stesso modo si sono predisposti sussidi per figli disabili, di tre volte superiori ai sussidi di indigenza, e si sono erette rampe e montascale nella maggior parte dei locali pubblici. Che poi non si utilizzino per mancanza di manutenzione è un altro discorso. È positivo il fatto che i comuni organizzino corsi gratuiti di linguaggio Braille, como prova de un impegno sincero per i disabili, o forse per la moda del momento. Anche fosse, sicuramente sono iniziative encomiabili per coinvolgere la comunità e far notare che esiste un tipo di popolazione che comunica, che si sposta, che impara in un altro modo. L’Argentina è però un’eccezione in America Latina. Nonostante la profonda crisi che si trascina da tanti, troppi anni, si continua a destinare fondi significativi per la sanità e la cura dei disabili. Il problema da sradicare, in tutto il paese, è la corruzione dei funzionari statali, che spesso invece di informare i cittadini disabili e incentivare la loro partecipazione attiva ai concorsi, elargiscono favori e ci fanno la cresta

Parlando dell’altro estremo, la Bolivia, al contrario, si macchia del ruolo di ultima ruota del carro in fatto di sanità. Il paese bolivariano è quello che investe meno in salute in tutto il continente. In percentuale del PIL, la Bolivia spende il 6,1% in salute, un 25% in meno rispetto alla media dell'America Latina, che è pari all'8,0% del PIL. Questa insufficienza è infelicemente appaiata a molta indifferenza, e incamminata verso l’oblio. Le persone attualmente escluse chiedono i loro diritti, marciano in segno di protesta, ma poco ottengono, per il fardello limitato che rappresentato alle urne, che quest’anno, toccheranno anche alla Bolivia. Ancora più insolito di vedere disabili passeggiare per le vie, è vedere disabili andare a votare. La sanità boliviana è a livelli drammatici, aggravata da una vera mancanza di medici specialisti. Le promesse elettorali dell’attuale presidente includono la creazione di 800 apparecchiature mediche, tra cui strumenti ad hoc per il trattamento di disabili, anche se, sfortunatamente non si sono precisate le modalità di finanziamento. Le esigenze della maggior parte dei dipartimenti non sono considerate, e i disabili, non solo quelli in carrozzina, continuano ad essere nascosti, perché scomodi.

La situazione non è migliore in Perù, dove secondo l’ultimo censo del 2017 dell’INEI più di un milione e mezzo di famiglie contengono un membro o un parente con una disabilità intellettuale, di cui spesso la società si lava le mani. Le donne disabili, per la loro condizione speciale, sono maggiormente vulnerabili a violenze e abusi, che nella maggior parte dei casi provengono dagli stessi familiari delle vittime. Le ultime cifre del Programa Nacional contra la Violencia Familiar y Sexual denunciano che nel 63% dei casi la violenza che affligge queste persone deriva da familiari, nel 23% dal compagno, mentre nel 14% da sconosciuti. In sostanza, la popolazione disabile oltre a fare i conti con uno scarsissimo accesso a servizi basilari, deve anche guardarsi bene dalle persone che le circondano. In particolar modo se si tratta di una donna, in un ambiente dove vi è una sconvolgente insufficienza di informazioni sui meccanismi di prevenzione e denuncia di violenze. Sono paesi a sfondo macista dove traumatizza la tolleranza sociale di fronte a maltrattamenti, pratiche violente e aggressive in tutti gli ambiti. Qui, l’occhio umano è molto più abituato a vedere scene di una brutalità e crudezza spietata, nei notiziari come per le strade, che un uomo cieco camminare con un bastone.

Uno dei pochi paesi della comunità andina che mostra una sensibilità per la popolazione disabile risulta essere l’Ecuador, per quanto il suo peso sia irrisorio all’interno del continente sudamericano. Nel paese guidato da Lenin Moreno, uomo colpito da una disabilità fisica che lo obbliga a stare su una sedia rotelle, le politiche a favore dei disabili ricevono addirittura gli elogi della Banca Mondiale. Il dirigenti dell'organizzazione multilaterale hanno mostrato grande interesse per la cosiddetta missione governativa "Las Manuelas", che fornisce assistenza diretta alle persone con disabilità e che, secondo gli stessi dirigenti, "è degna di essere esposta al mondo, grazie alla credibilità del suo Presidente”, più volte invitato ad essere portavoce delle attività sull’accessibilità per persone con disabilità della banca. Non a caso il piano economico dell'esecutivo comprende diverse componenti di protezione sociale alla cittadinanza disabile. Dei circa 1.700 milioni di dollari con i quali l’istituzione internazionale finanzierà l’Ecuador fino al 2021, 350 milioni saranno parte di due importanti operazioni a sostengo della protezione sociale che saranno approvate nei prossimi due mesi.

Nonostante alcune, liete eccezzioni, non tira un’aria incoraggiante. Purtroppo si fa ancora molta propaganda alle spalle dei disabili. Nei casi in cui vengono citati si utilizza la loro immagine per assolversi da altri peccati, per coprire altre nefandezze, elevarsi a una dimensione di padri benefattori e naturalmente attirare voti. Per poi mantenere solo in parte le promesse fatte, ma poco importa perché i disabili sono una popolazioni invisibile, che raramente va a votare, relegata nei propri appartamenti, in edifici senza un briciolo di adattamenti. Si prevedono ancora tempi duri. Resta l’auspicio che le nuove generazioni, molto più sensibili al tema, possano diffondere la propria e la loro voce.

Marco Grisenti

Laureato in Economia e Analisi Finanziaria, dal 2014 lavoro nel settore della finanza sostenibile con un occhio di riguardo per l'America Latina, che mi ha accolto per tanti anni. Ho collaborato con ONG attive nella microfinanza e nell’imprenditorialità sociale, ho spaziato in vari ruoli all'interno di società di consulenza e banche etiche, fino ad approdare a fondi d'investimento specializzati nell’impact investing. In una costante ricerca di risposte e soluzioni ai tanti problemi che affliggono il Sud del mondo, e non solo. Il viaggio - il partire senza sapere quando si torna, e verso quale nuova "casa" - è stato il fedele complice di anni tanto spensierati quanto impegnati, che mi hanno permesso di abbattere barriere fuori e dentro di me, assaporare panorami, odori e melodie di luoghi altrimenti ancora lontani, appagare una curiositá senza fine. Credo in un mondo più sano, equilibrato ed inclusivo, dove si possa valorizzare il diverso. Per Unimondo cerco di trasmettere, senza filtri, la veritá e la sensibilità che incontro e assimilo sul mio sentiero.

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