Dossier/ Le catene della guerra in Italia. I fornitori in Emilia Romagna (1)

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Foto di Specna Arms su Unsplash

di Linda Maggiori

Con i venti di guerra che soffiano sempre più forti, l’industria della difesa traina l’economia. Sempre più aziende civili stanno convertendo parte (o tutta) della loro produzione al settore bellico, si allunga la supply chain (catena dei fornitori) di chi produce armi o sistemi militari. Leonardo Spa, azienda statale con la maggior parte del fatturato nel settore militare, conta oltre 4000 fornitori in Italia, per lo più piccole e medie imprese. Sono aziende legate all’automotive, ai sistemi ottici, alla meccanica di precisione, all’idraulica, al packaging, alla cyber security che nascono come civili e, complice la crisi, si orientano ad una produzione dual use (civile e militare) in una “riconversione al contrario”.

Secondo il rapporto di Mediobanca, Leonardo, Fincantieri, (e le relative joint Venture), Ge Avio e Iveco, fanno la parte del leone in ordine di fatturato del comparto Difesa, a seguire le altre top 100. Il fatturato stimabile di queste cento aziende è 20 miliardi di euro (calcolando solo la parte che riguarda il militare). Quasi la metà delle prime 20 aziende è sotto il controllo di capitale estero ed esporta moltissimo, circa il 68,2% di ciò che produce. Questo a testimoniare che le armi non vanno solo alla “difesa” italiana ma soprattutto agli eserciti stranieri. Atlante delle guerre dedica cinque dossier ai fornitori, in varie regioni d’Italia e ai gruppi di cittadini attivi che nel territorio contestano le “catene della guerra”, consapevoli che finché le armi verranno prodotte, la guerra non si placherà...

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